Succede che una piattaforma online che si occupa di turismo stila una lista dei 30 migliori borghi d’Italia. Succede che scorrendo quella lista io, che sono reggina d’adozione e amante viscerale di Scilla, mi aspetto di vedere capeggiare questa perla della Calabria almeno tra le prime cinque. E mi aspetto di vederci, in quelle trenta, almeno altri due borghi calabresi. Ad esempio Altomonte, Bova, Stilo, Tropea. E invece, guardo le prime dieci e non trovo nulla. Arrivo fino alla ventesima e ancora nulla. Giunta in fondo alla lista, al penultimo posto, trovo finalmente Scilla.
E allora, dato che tutto nella vita è relativo, avrei potuto gioire dicendo: “Wow! Abbiamo un borgo calabrese fra i 30 più d’Italia ed è proprio quello che più amo, Scilla!“. Ma così non è. O meglio: non penso sia questa la reazione giusta e costruttiva di fronte a questa notizia. E il motivo è presto detto: la nostra regione, e Scilla in primis, valgono molto, molto di più. E l’ho scritto, mettendolo nero su bianco in un articolo.
Le critiche costruttive che servono per crescere
Accade così che io, la redazione, il direttore di StrettoWeb, veniamo subissati dalle telefonate: “avete sbagliato a scrivere!“. E ancora: “non è un flop ma una vittoria!“. C’è chi chiede addirittura rettifiche. Ma cosa dovremmo rettificare? Una lista fatta non da noi e che noi abbiamo semplicemente riportato esprimendo una legittima opinione? E si badi bene che la nostra opinione non è quella che Scilla non meriti di essere elogiata, anzi: è l’esatto opposto. Scilla merita di più.
Ho scritto alla fine di quell’articolo: “Piange il cuore a vedere come una regione ad alta potenzialità turistica, quale la Calabria potrebbe essere, venga relegata agli ultimi posti delle mete più ambite. Le prospettive che Scilla, borgo dai mille volti affascinanti, potrebbe avere, sono numerose. Ma è relegata ormai da anni in un limbo che non le permette di decollare. Un fatto, questo, da non sottovalutare: occorre interrogarsi, ad ogni livello, sulle motivazioni di questo vero e proprio flop turistico della regione“.
La ‘vittoria mutilata’ di Scilla
Ora, considerando ciò che ho scritto e considerando ciò che invece alcuni hanno compreso, occorre forse oggi precisare alcune cose. Innanzitutto il risultato ottenuto da Scilla, 29esima di trenta, scelti su oltre cinquemila borghi, è di sicuro una vittoria. Ma molti si sono chiesti perché io abbia utilizzato la parola ‘flop’ ed è presto detto: quella di Scilla possiamo definirla ‘vittoria mutilata’, giusto per mutuare per il turismo una definizione tanto cara agli storici. Ed è mutilata perché ciò che Scilla ha ottenuto lo ha fatto con le sole proprie forze. E nient’altro.
E mi spiego anche in questo. Una località ad altissimo potenziale turistico quale Scilla è, dovrebbe avere, in un’ottica di sviluppo turistico, il sostegno delle istituzioni ad ogni livello. E non parlo solo di amministrazione comunale, ma anche di Regione e di governo, a ben vedere. La verità però, parlando con chi a Scilla opera tutti i giorni, albergatori e ristoratori in primis, è che ognuno di loro, per ottenere ciò che ha, ha potuto contare solo sulle proprie forze. Perché, ahinoi, viviamo in una regione dove, a prescindere dal colore politico del governo regionale di turno, il turismo viene utilizzato come un vessillo. Lo si sbandiera ai quattro venti durante le elezioni e poi lo si dimentica, come fosse superfluo.
Pensate come sarebbe Scilla se…
E invece, come ben sanno anche le pietre, la nostra regione potrebbe anche sostentarsi solo grazie al turismo. Se vivessimo in un mondo perfetto. Ma così non è. Dunque, non si offendano coloro che leggendo la parola ‘flop’ si sono sentiti feriti nell’orgoglio: il flop non è di Scilla in quanto tale, ma è di una politica e di un indotto che non contribuisce al suo sviluppo. Pensate dove potrebbe arrivare la nostra perla della Calabria se a sostenere ristoratori, albergatori e operatori turistici in generale vi fosse una politica ben conscia di quanto sia fondamentale lavorare tutti insieme in un’unica direzione.
In quella lista di trenta borghi più belli d’Italia, giusto per fare un esempio ma potrei farne numerosi, al quarto posto c’è Maratea. Ora, senza nulla togliere alla bellissima località lucana, è palese come, paesaggisticamente, storicamente e artisticamente parlando, Scilla sia nettamente superiore. A quella come ad altre località che si sono piazzate ai primi posti. Cosa manca alla Costa Viola rispetto alla Costiera Amalfitana, per fare un altro esempio? A mio modesto parere, nulla. Ma allora perché la seconda è meta molto più gettonata e ambita della prima? Semplice rispondere anche a questo: perché in Calabria non si lavora in sinergia e ognuno pensa a tirare l’acqua al proprio mulino, non foss’altro perché le istituzioni se ne lavano le mani e mollano la patata bollente in mano ai singoli operatori locali.
Il futuro è di Scilla
Però sono contenta. Sono contenta perché in questi giorni ho parlato con diversi addetti ai lavori del turismo scillese, spiegando loro che la mia non era un critica ma un voler spronare le istituzioni a fare di più per un luogo che, a mio avviso, è parte integrante del futuro turistico non solo della Calabria, ma anche dell’Italia. Perché Scilla non può e non deve camminare solo sulle proprie gambe, ma per decollare come dovrebbe necessita che l’intera regione si mobiliti e la sorregga e sostenga.
E questo discorso non vale solo per Scilla, ma per altri meravigliosi borghi che, nel corso degli ultimi dieci anni in cui ho vissuto in Calabria, ho avuto modo di visitare e di apprezzare. Perché questa regione non è solo mare, ma ha mille volti e migliaia di emozioni da offrire.