Il Governo vuole fare la riforma previdenziale?

Con il nostro attuale sistema previdenziale che è a ripartizione, chi lavora paga le pensioni a chi è già pensionato

StrettoWeb

Nulla nella legge di Bilancio, nulla nel Decreto Milleproroghe, nulla nel DEF, nulla nel Decreto Lavoro. Ma questo Governo che aveva fatto della riforma del sistema previdenziale e della modifica sostanziale dell’odiata legge Fornero uno dei capisaldi della propria campagna elettorale, che ha poi permesso al Centrodestra di vincere largamente le elezioni politiche dello scorso autunno, interessa veramente una nuova riforma previdenziale che i cittadini italiani aspettano da oltre un decennio?

Per anni, soprattutto da parte della Lega e di Salvini in particolare siamo stati subissati da dichiarazioni che inneggiavano alla cancellazione della legge più odiata dagli italiani, quella che, unica in Europa consente il pensionamento ordinario addirittura a 67 anni e quello anticipato a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a 41 e 10 mesi per le donne a cui bisogna anche aggiungere i tre mesi di finestra, il tutto poi accentuato in campagna elettorale con la promessa che appena al Governo uno dei primi provvedimenti adottati sarebbe stato la cancellazione della legge Fornero, l’istituzione di quota 41 senza vincoli e senza penalizzazioni e un’ampia flessibilità in uscita oltre al rinnovo di Opzione Donna, l’istituto che consente alle donne di uscire anticipatamente dal mondo del lavoro accettando però un taglio dell’assegno previdenziale di circa il 25%, ma dopo sette mesi di Governo sembra che di questo argomento si siano perse le tracce.

Per quest’anno abbiano assistito solamente all’istituzione di Quota 103 (41 anni di contributi sommati a 62 anni di età) il rinnovo dell’Ape Sociale per le categorie svantaggiate ed uno stravolgimento di Opzione Donna destinata solo a caregiver, invalide o licenziate, con un aumento dell’età anagrafica per potervi accedere che hanno drasticamente ridotto il numero di chi vi poteva accedere da ventimila a meno di mille. Praticamente nulla, anzi, condizioni peggiorative rispetto a quelle attuate dal Governo precedente.

Adesso, pare, che il tutto sia stato rimandato per carenza di fondi alla prossima legge di Bilancio da presentarsi alle Camere alla fine di ottobre ma, dal momento che nulla è stato inserito nel DEF sicuramente potranno essere attuati solo pochi interventi come una proroga dell’attuale Quota 103 rimandando il tutto al prossimo anno in attesa di tempi migliori dal punto di vista economico. Oltretutto una eventuale riforma che potesse essere discussa e approvata nell’anno 2024 sortirebbe gli effetti appena dall’anno 2025 con un ritardo di ben due anni rispetto all’attualità.

Non ce lo possiamo permettere, perché i problemi da affrontare in ambito previdenziale sono urgentissimi. Bisogna intervenire immediatamente sulla flessibilità in uscita, magari anche con lievi penalizzazioni, a partire dai 62 anni di età, dare una pensione di garanzia per giovani e donne, attuare un’implementazione dell’Ape Sociale per le categorie svantaggiate, rinnovare Opzione Donna come era precedentemente, attuare un aumento dei coefficienti di trasformazione perché l’importo medio delle pensioni scende ogni anno di 30/40 € e dare un fortissimo impulso alla previdenza complementare che diventerà la seconda gamba del sistema previdenziale italiano dal momento che continuando di questo passo la pensione dopo 40 anni di lavoro raggiungerà a stento il 50% dell’ultima retribuzione.

Con il nostro attuale sistema previdenziale che è a ripartizione, chi lavora paga le pensioni a chi è già pensionato, con un numero di pensionati che in molte regioni italiane ha superato il numero di occupati, con le basse retribuzioni di chi lavora e con una denatalità costante è necessario da parte del Governo intervenire immediatamente, altrimenti assisteremo ad una nuova categoria di poveri, i pensionati, e con il reale timore, in futuro, di non riuscire da parte dello Stato a pagare le pensioni a tutti.

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