C’è un piccolo-grande pezzo di Reggina nello storico scudetto vinto dal Napoli: è Giovanni Di Lorenzo, il Capitano dei partenopei, tra i più importanti “figli del Sant’Agata” come Lillo Foti amava definire i calciatori nati e cresciuti nel vivaio della Reggina. Di Lorenzo è uno di questi, da oggi il più titolato in assoluto: Campione d’Europa con l’Italia nel 2021 e adesso anche Campione d’Italia con il Napoli nel 2023. Mai nessun “figlio del Sant’Agata” aveva vinto lo scudetto fino ad oggi: Simone Perrotta, Campione del Mondo con l’Italia nel 2006, lo aveva soltanto sfiorato arrivando 2° in campionato con la Roma in quattro occasioni (2006, 2007, 2008 e 2010).
Di Lorenzo non aveva ancora neanche 16 anni quando dall’estremo nord della Toscana si trasferiva nelle giovanili della Reggina, nel 2009. Gioca negli allievi, poi due anni nella primavera di cui diventa capitano, fino all’esordio in prima squadra il 29 maggio 2011 nella trasferta di Sassuolo, lanciato in campo a soli 17 anni da mister Gianluca Atzori nella squadra che stava tornando in serie A e poi si fermò soltanto al 90° della semifinale playoff di Novara, eliminata dall’eurogol di Rigoni senza mai perdere una partita (0-0 all’andata, 2-2 al ritorno).
In un’intervista rilasciata tre mesi fa a StrettoWeb, lo storico responsabile del settore giovanile di quella Reggina Salvatore Laiacona ha raccontato che “Di Lorenzo deve essere l’orgoglio di questa città ed è l’orgoglio di questa società, come Perrotta e come tutti gli altri ragazzi che come loro sono partiti dal nostro Centro Sportivo per raggiungere traguardi straordinari. E poi Di Lorenzo ha ancora tempo per vincere anche lui un Mondiale come Perrotta: l’età è dalla sua parte. Ricordo benissimo quella sera che è arrivato al Sant’Agata, accompagnato dai genitori: aveva solo 16 anni, arrivava grazie alla trattativa di Foti con la Lucchese in cui aveva strappato il migliore talento del loro settore giovanile. Di Lorenzo lo avevamo inserito nei nostri database dopo averlo visto a 15 anni in un torneo giovanile a Parma, dove la Lucchese lo aveva mandato con la maglia dell’Udinese grazie a un accordo tra loro. Lì abbiamo messo le basi per portarlo in riva allo Stretto, lì è iniziata la sua grande storia. A Reggio Di Lorenzo si è inserito subito: era già allora un bravo ragazzo, uno calmo, tranquillo, educato, con un percorso scolastico positivo. Ha giocato negli Allievi, poi in Primavera dove abbiamo vinto il Torneo di Sanremo e lui era il nostro Capitano. Atzori lo ha fatto esordire in serie B, poi è stato determinante a soli 22 anni nella miracolosa salvezza con la doppia vittoria nel derby playout contro il Messina nel 2015. Peccato che quella società sia fallita: se oggi fosse ancora in piedi, avrebbe incassato considerevoli royalties per il percorso d’eccellenza che Di Lorenzo sta realizzando. Non so se sono soldi che sta ottenendo la curatela, ma è il doveroso riconoscimento per il lavoro di formazione che si fa sui ragazzini. Dopo il fallimento del 2015 è arrivata la chiamata del Matera con mister Auteri, poi è andato ad Empoli dove ha giocato sempre titolare nella promozione in serie A con Sarri e poi la chiamata del Napoli quattro anni fa. Un bambino poco tempo fa ha chiesto a Spalletti perché il Capitano del Napoli è proprio Di Lorenzo, e il mister gli ha risposto che è il Capitano perché da piccolo andava bene a scuola. Credo sia stata la risposta più azzeccata per essere da monito ai giovani di oggi. Di Lorenzo ha fatto un percorso importante imperniato sul sacrificio, che oggi è purtroppo sempre più raro. Veniva da lontano, si è conquistato tutto da solo, con l’educazione che aveva ricevuto in una famiglia sana e basata che era fondata su solidi principi. I suoi genitori l’hanno sempre lasciato tranquillo senza mai pressarlo. Da giovanissimo era così legato alla famiglia che nei periodi di Natale tornava sempre a casa. Al Sant’Agata stava molto bene, ha dimostrato subito di essere un ragazzo con le idee chiare. Al Sant’Agata ha lasciato la sua tranquillità. In foresteria vedevi sempre un ragazzo tranquillo e sorridente, veniva sempre in sede a chiedere anche le cose più semplici perché era già allora molto educato. Io poco tempo fa l’ho incrociato a Coverciano: stavo facendo un corso per il settore giovanile mentre la Nazionale si allenava con Mancini e Vialli. Ci siamo incrociati e salutati ricordando quelli che sono stati i suoi anni alla Reggina, spero che un giorno possa tornare a Reggio Calabria“.
La storica festa scudetto del Napoli è intrecciata alla Reggina anche con tanti altri professionisti che fanno parte della storia della Reggina. Quella di oggi, infatti, è anche la festa di Walter Mazzarri e Riccardo Bigon, oltre che di Salvatore Aronica e German Denis.
Mazzarri ha allenato il Napoli per quattro stagioni dal 2009 al 2013, l’ha portato agli Ottavi di Finale di Champions League eliminato soltanto ai supplementari dal Chelsea che poi avrebbe vinto la competizione (un record europeo battuto soltanto quest’anno da Spalletti con il primo storico approdo ai Quarti di Finale), ha vinto la Coppa Italia nel 2012 e soprattutto ha raggiunto per la prima volta nell’era De Laurentiis il secondo posto in serie A (2013), segnando un tassello fondamentale nel percorso di crescita di questo club che soltanto nel 2007 tornava in serie A dopo il fallimento del 2004. Riccardo Bigon, team manager e direttore generale della Reggina dal 2004 al 2009, è stato direttore sportivo del Napoli dal 2009 al 2015 e ha scritto alcune tra le pagine più belle della storia recente del club partenopeo vincendo due volte la Coppa Italia e una volta la Supercoppa italiana.
Tra i calciatori, Salvatore Aronica ha giocato nel Napoli dal 2008 al 2012 proprio dopo le due grandi stagioni con la Reggina in serie A, mentre German Denis con la maglia azzurra ha siglato 33 reti in 72 partite tra 2008 e 2010, nove anni prima di approdare in riva allo Stretto.