Messina e il Ponte, la bufala della “città devastata”

Un fantasma si aggira per le strade di Messina. E’ quello dello sventramento e della devastazione della città. Uno spettro di prim’ordine, agitato da chi teme (e magari ci crede pure) che la realizzazione del Ponte sullo Stretto devasterà la città

StrettoWeb

Un fantasma si aggira per le strade di Messina. E’ quello dello sventramento e della devastazione della città. Uno spettro di prim’ordine, agitato da chi teme (e magari ci crede pure) che la realizzazione del Ponte sullo Stretto devasterà la città. Chi legge si chiederà: ma come fa un’opera situata 10 km a nord del centro della città a devastarla? Si può fare: almeno così sostengono i nopontisti. Ma non si tratta della devastazione dovuta a “centinaia di camion l’ora” che attraverserebbero la città durante la realizzazione dell’opera. Un allarme lanciato all’indomani della decisione governativa di riaprire i cantieri. Poi, almeno parzialmente, rientrato quando, carte alla mano, è stato spiegato ai nopontisti che la destinazione delle terre da scavo sarà il riempimento delle cave ad il ripascimento delle coste, da eseguire in luoghi ben lontani dal centro città.

Eppure, esiste ancora, secondo questi scienziati, la possibilità, anzi la certezza, che il Ponte devasti la città. Perché per realizzare i 17 km di gallerie ferroviarie che da Torre Faro raggiungeranno Gazzi, occorrerà distruggere tutto quello che ricade lungo il tracciato, essendo la linea è pensata come una metropolitana: la “metropolitana dello stretto”. Questa la tesi di costoro.

Ma, anche in questo caso, un po’ di buon senso e qualche conoscenza tecnica bastano a smontare l’ennesima bufala sul Ponte, messa in giro ad arte dagli stessi soggetti che hanno preteso, ed ottenuto, uno studio sull’impatto del Ponte sull’avifauna. Il quale, puntualmente, ha dimostrato che gli uccelli migratori, di tutte le specie transitanti lungo lo Stretto, che secondo costoro avrebbero dovuto sfracellarsi sui piloni del Ponte, non solo hanno sufficiente acuità visiva da percepire tali consistenti ostacoli, ma volano talmente in alto (oltre 500 metri) da non sfiorare neanche la loro punta (399 metri di altezza).

Tornando alla metropolitana dello Stretto, è verissimo che la stessa attraverserà Messina sottoterra, e lo farà in direzione sud-nord lungo tutta l’area centrale della città. Ma lo farà mediante gallerie situate a 30 metri ed oltre dalla superficie: una profondità tale da passare al di sotto dei palazzi senza interessare minimamente le loro fondazioni. Evitando, nel contempo, qualsiasi sottoservizio e persino, come teme qualcuno, eventuali reperti archeologici, situati molto più in alto.

La stessa cosa che è successo, e succede tutt’ora, in città come Londra, Parigi, New York, Berlino o, per rimanere in Italia, a Roma, Milano, Napoli o Torino. Dove, è bene precisarlo, il sottosuolo è ben più “delicato”, dal punto di vista geologico e persino archeologico, di quello messinese.

Scavo, peraltro, eseguito con tecnologie d’avanguardia, ormai utilizzatissime in questo tipo di interventi: si tratta dello “scavo meccanizzato” in cui si utilizzano apposite macchine chiamate Tunnel Boring Machine (TBM): delle vere e proprie “talpe meccaniche” che scavano la galleria e la rivestono immediatamente a tergo, sostenendo il terreno scavato senza dare ad esso la minima possibilità di cedimento. Tanto che, in superficie, nessuno se ne accorge. E’ così che nelle città in cui sono stati realizzati interventi del genere la vita è continuata a scorrere normalmente al di sotto di abitazioni e strade senza che la circolazione veicolare e l’erogazione di acqua, luce e gas subisse la minima interferenza.

Anche le tre stazioni previste lungo il tracciato di quella che sarà la linea ferroviaria Messina-Reggio Calabria, che grazie a loro prenderà il nome di “metropolitana” sono un problema per le interferenze in superficie. Le strutture necessarie a raggiungere le banchine, situate all’interno delle gallerie sempre a profondità -30 metri se non oltre, saranno tutte realizzate in aree libere da abitazioni. Tali “discenderie” come vengono denominate in gergo tecnico, non saranno altro che pozzi un po’ più larghi del solito tali da potervi far entrare scale fisse e mobili ed ascensori, oltre agli impianti tecnici (ventilazione, alimentazione elettrica etc.). E saranno realizzate in aree oggi abbandonate, dove non sarà necessario abbattere nessun edificio. A dimostrarlo ci sono gli elaborati progettuali: piante, prospetti e sezioni dettagliatissimi che abbiamo estrapolato tre la 8.280 tavole del progetto definitivo del Ponte sullo Stretto.

Atti concreti, realizzati dopo anni ed anni di studi, rilievi e sondaggi, verificati da enti di livello internazionale come RINA e Parsons Trasportation prima di ricevere i visti tecnici necessari da parte del Comune di Messina e di tutti gli organismi preposti.

A fronte di ciò, poco potrebbero le chiacchiere social e i relativi allarmismi di chi grida alla “devastazione di Messina”, richiamando, volutamente, cataclismi che i messinesi non vogliono più rivivere. Facendo leva sui timori dei semplici cittadini, è facile che queste voci acquisiscano credito, nonostante sia altrettanto facile smontarle, come abbiamo visto.

Purtroppo, viviamo in piena epoca social, dove la parola di pochi disinformati riesce a farsi largo tra le verità scientifiche, diventando essa stessa verità, ancor più credibile delle prime. Lo stesso meccanismo che ha avvalorato, sorprendentemente, il terrapiattismo, le scie chimiche ed altre teorie strampalate che girano liberamente sul web, facendo danni più o meno grandi.

Il danno rischia di essere grandissimo, in questo caso. In ballo, infatti, c’è un’opera in grado di cambiare il futuro non soltanto della città di Messina, ma di un’intera regione e, conseguentemente, dell’intero Paese. Facciamo funzionare il cervello, quindi, e mettiamo da parte il terrorismo mediatico ed i suoi artefici.

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