Migranti, minacce a don Mattia: scoperto chi si nasconde dietro l’account Twitter

Il cappellano della Mediterranea, don Mattia Ferrari, aveva subito minacce da un account Twitter ora identificato

StrettoWeb

L’appello che rivolgo a tutti, magistrati, istituzioni parlamentari e giornalisti, è di andare sino in fondo perché le scoperte fatte dai volontari di JLProject e rese oggi pubbliche gettano ombre molto inquietanti che devono essere chiarite. Da anni continuiamo a denunciare l’operato della mafia libica, le sue connivenze. Adesso è il momento di andare sino in fondo“. Lo ha dichiarato all’Adnkronos don Mattia Ferrari, il cappellano di Mediterranea Saving Humans. Il prete è stato oggetto di pesanti minacce via social su cui indaga la Procura di Modena, dopo la pubblicazione dell’inchiesta del gruppo di volontari di JLProject, che svelerebbe chi c’è dietro l’account Twitter Rgowans, da cui quelle minacce sono partite.

Agli attivisti, come a tutta Mediterranea – dice adesso don Mattia –, voglio semplicemente dire ‘grazie’ perché per l’ennesima volta hanno dimostrato che i cittadini possono veramente cambiare le cose. Era da tempo che si cercava di scoprire chi ci fosse dietro quell’account e alla fine quella scoperta è stata fatta da un gruppo di attivisti. E’ la dimostrazione della forza che hanno i movimenti quando agiscono animati dalla sete di giustizia. Ora la palla passa a magistratura e istituzioni, tocca a loro andare sino in fondo in questa vicenda“.

La vicenda ha avuto inizia circa due anni fa, quando il parroco denunciò gli attacchi provenienti da un account Twitter. Si tratta di un profilo che “fa da portavoce alla mafia libica e che pubblica documenti italiani top secret“, disse. La Procura di Modena aveva chiesto l’archiviazione ma il gip nelle scorse settimane ha respinto l’istanza chiedendo nuove indagini.

L’account Twitter ‘Rgowans – Migrant Rescue Watch’

Oggi un nome è stato scoperto da un gruppo di 50 volontari di JLProject, progetto di Mediterranea con l’obiettivo di “contrastare legalmente il sistema illegale di catture in mare e deportazioni nei lager libici“. “L’account Twitter ‘Rgowans – Migrant Rescue Watch’ dal 2017, sistematicamente, distorce la realtà di ciò che accade in Libia e nel Mediterraneo – spiegano da JLProject –, propagandando la storia falsa di una guardia costiera libica buona che salva le persone e di Ong cattive in combutta con i trafficanti. Riceve materiale in diretta da tutte le milizie e guardie costiere libiche. Pubblica anche materiale sensibile e riservato europeo, comprese foto aeree scattate dai droni di Frontex e documenti della Guardia costiera Italiana“.

I volontari hanno controllato oltre 16mila tweet, blog e documenti pubblici arrivando a dare un volto a quell’account. “Rgowans è una sola persona. Ex guardiacoste, poliglotta, con contatti pregressi nel Parlamento Europeo, ha oggi inquietanti connessioni con il sistema europeo di controllo delle frontiere (Frontex) e una rete di stretti contatti con miliziani e guardiacoste libici addestrati in Italia“, dicono.

Gli attacchi a don Mattia

Ha minacciato me e altri perché lottiamo acconto a nostri fratelli e sorelle migranti, lottiamo contro i naufragi e i respingimenti – dice il Cappellano di Mediterranea -. Da sei anni il nostro Paese finanzia i respingimenti nei lager libici, gestiti dalla cosiddetta Guardia costiera libica fortemente infiltrata dalla mafia di quel Paese. Questo è indegno del nostro Paese e dell’Unione europea“. Minacce che non hanno fermato, però, l’impegno di don Mattia e di Mediterranea. “Tutti noi continuiamo con passione e vigore la nostra azione accanto ai nostri fratelli e sorelle nel Mediterraneo vittime di naufragi e respingimenti, per lottare contro questa disumanità e ingiustizia, anteponendo la vita, la dignità delle persone e la fraternità a qualsiasi norma e convenienza“.

Un impegno che non si può fermare. “Non può farlo la mafia libica e neppure determinati decreti. Perché ad animarci non è una visione ideologica ma, come dice Gesù nel Vangelo, l’amore viscerale che sentiamo per questi nostri fratelli e sorelle che gridano nei lager libici, che naufragano in mezzo al mare, che vengono deportati. E’ un impegno di amore viscerale, che si traduce anche in un impegno per la giustizia“, conclude.

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