A quanto pare il Brescia non è l’unico a cui l’omologa della Reggina non è andata giù. C’è un altro personaggio, che dovrebbe essere super partes, a commentare negativamente contro la decisione del Tribunale di Reggio Calabria, e non è uno qualunque: stiamo parlando di Andrea Abodi, udite udite Ministro dello Sport. “La Reggina ha utilizzato una norma dello Stato, peccato non sia rispondente alle norme dell’ordinamento sportivo”. Esordisce così Abodi, intervenuto a margine di un incontro a Palermo. Lui stesso parla di norma di Stato, perché così è, e lui di quello stesso Stato fa parte, lo Stato che ha permesso a ogni azienda – anche sportiva – di usufruire di questo strumento per evitare il fallimento.
“Non è un caso – ha aggiunto – che qualcuno sia andato in Lega Pro o non si sia qualificato per i playoff pur avendo pagato tutto e tutti, non comprando dei giocatori, mentre la Reggina ha fatto acquisti e grazie a questo pronunciamento se la cava con il 5% di debiti fiscali. Siamo fuori dal perimetro dell’equa competizione”. E poi: “Se il calcio italiano ha miliardi di euro di indebitamento bisogna domandarsi come contenerlo quali sono le politiche e le norme che consentano un principio sacrosanto, ovvero il ripristino della centralità della Covisoc, il cui principio cardine è garantire l’equa competizione”.
Se le società si sono indebitate è anche colpa dei vertici del calcio come lui, che nulla hanno fatto in questi anni – con riforme e scelte coraggiose – per evitare i fallimenti di tante società. Solo e soltanto aria fritta e parole al vento. “È necessario che non ci sia sperequazione tra chi, sacrificando un acquisto, paga i debiti in primis quelli nei confronti dello Stato, e chi invece non li paga, compra un giocatore e così rimane nella categoria o si qualifica per le coppe europee”, ha aggiunto.
“L’equa competizione sarà la bussola per i nostri intendimenti. La giustizia in generale deve sempre manifestare un livello di comprensione e affidabilità. Allo sport in particolare è garantita autonomia”. E conclude: “Stiamo analizzando cosa è successo per garantire la legalità, ripristinare la centralità delle norme e se necessario migliorarle, quindi fare in modo che i processi siano gestiti in modo trasparente, efficiente, tempestivo, senza disturbare le competizioni”.
La dichiarazione di Abodi è gravissima. Non solo accusa lo stesso Stato, che ha varato la norma, e di cui lui fa parte, ma “invita” indirettamente il sistema a far sì che le società falliscano. Perché senza questa norma la Reggina sarebbe fallita e tantissimi dipendenti (non i calciatori) sarebbero rimasti a casa. Così facendo, invece, si è salvata un’azienda, si sono salvati posti di lavoro e lo Stato, anziché perdere tutto, ha incassato una – seppur minima – percentuale. Gli accordi con i vari creditori – emersi dalla sentenza – sono tra l’altro chiari. In pratica, Abodi non condivide la scelta del suo stesso organo. Si faccia da parte, se le sue intenzioni sono queste…