C’è una Reggina che fa troppo rumore e c’è una Reggina che sta troppo in silenzio. Di certo c’è che Reggio vorrebbe parlare di calcio e ancora una volta questo non succede. Esattamente come un anno fa, e come troppe volte è accaduto nel passato recente della città. Siamo al 16 giugno, il campionato è finito da quasi un mese, la sconfitta di Bolzano col Sudtirol ai playoff risale al 26 maggio quindi a 22 giorni fa e da quel momento è calato il sipario non solo sulla scorsa stagione ma anche su ogni tipo di programmazione della prossima.
Dal punto di vista sportivo, la società si è barricata nel silenzio più assoluto con lo scudo delle incombenze amministrative, prima l’omologa della ristrutturazione del debito e adesso anche l’iscrizione. Che però doveva essere una mera formalità tanto che “dal prossimo anno neanche bisogna parlarne” dicevano Saladini e Cardona nella prima conferenza stampa in cui si presentavano alla città l’estate scorsa dopo gli affanni, appunto, per l’iscrizione. In quel caso erano giustificati per il delicato passaggio di proprietà, ma quest’anno è una situazione imbarazzante e difficile da accettare. Dopo 12 mesi siamo di nuovo qui a vedere l’iscrizione come uno scoglio da superare, con l’aggravante di un clima ostile da parte delle massime istituzioni del Paese e del sistema calcistico. Già, perchè se c’è troppo silenzio sul fronte sportivo, al contrario il club ha fatto troppo rumore su quello amministrativo.
Una conferenza stampa che non si doveva fare e le dure reazioni di FIGC e Governo: così la Reggina sta mettendo a rischio il sistema calcio
La Reggina ha ottenuto dal Tribunale l’omologa all’accordo per la ristrutturazione del debito. Un passaggio controverso dal punto di vista giudiziario e amministrativo: stiamo parlando di 23 milioni di euro di debiti (15,7 milioni di tasse allo Stato, 3 milioni ai fornitori e 2,3 milioni di stipendi non pagati ai dipendenti, più altro) non solo legati alla precedente gestione di Luca Gallo ma anche maturati in questa stagione sotto la gestione di Saladini. Al 30 giugno 2022, infatti, concluso l’ultimo esercizio di Gallo, l’indebitamento della società era di 16,1 milioni maturati nelle tre stagioni precedenti con la promozione in serie B e la difficile gestione durante la pandemia. Nei primi sei mesi di gestione Saladini il debito è lievitato di altri 7 milioni di euro, poi cresciuti ancora di altri 4 milioni al 30 aprile 2023. Significa che la nuova società di Saladini ha ereditato un debito di 16,1 milioni dalla gestione di Luca Gallo e poi in meno di un anno ha maturato altri 11 milioni di euro di debiti, portando così il totale indebitamento ai 27 milioni del 30 aprile (oggi sono ancora di più). In pratica sfioriamo in un anno tutto il debito che Gallo aveva fatto in tre anni.
I dati sono estrapolati proprio dall’omologa: li pubblichiamo dopo averli estratti dal documento ufficiale.
Nel primo box si può vedere l’indebitamento cresciuto nel triennio di Gallo:
Abbiamo poi il dettaglio dei debiti al 31 dicembre 2022, quindi dopo i primi sei mesi di Saladini e i nuovi 7 milioni di debiti maturati (e inseriti nel piano di ristrutturazione):
E poi c’è anche il totale della gestione fino al 30 aprile che ha fatto lievitare il debito addirittura ad oltre 27 milioni (ma questi ulteriori 4 non rientrano nel piano di ristrutturazione, vengono soltanto utilizzati dai contabili per dimostrare il “grave stato di crisi” dell’azienda):
Adesso l’accordo prevede che di tutta questa enorme massa debitoria, la Reggina dovrà pagare soltanto 8 milioni, (neanche subito, ma nell’arco dei prossimi 12-18 mesi), cioè la totalità degli arretrati degli stipendi ai dipendenti e soltanto una minuscola parte allo Stato. Per farlo, la società ha previsto un forte ridimensionamento dei costi ben evidenziato nel piano, che significa meno investimenti sulla squadra.
Nello specifico, secondo l’accordo con il Tribunale le casse dello Stato incasseranno dalla Reggina 784 mila euro a fronte dei 15 milioni e 681 mila euro di debito cumulato: altro che condono! Il Tribunale lo ha ritenuto più conveniente rispetto al fallimento dell’azienda. E certamente lo è per tutti, Stato compreso. Ma c’è un dettaglio particolarmente importante che non consente alla FIGC di poter accettare questa situazione, ed è proprio l’inserimento nell’accordo anche dei debiti maturati da questa proprietà. Ecco perchè le dure reazioni di Gravina, e anche del ministro Abodi: con questo precedente, la Reggina sta mettendo a rischio la tenuta del sistema calcio perchè se tutto dovesse passare così come approvato dal Tribunale reggino, da domani nessun club pagherà le tasse e aderirà allo stesso accordo di ristrutturazione del debito su cui la Reggina avrà fatto giurisprudenza. Con conseguenze drammatiche per la Federazione e ancora peggiori per il Governo, in quanto lo Stato ne risentirebbe più di tutti in termini finanziari e fiscali. Ecco perchè sul caso è dovuto intervenire persino il Ministro, e l’impressione è che ai massimi livelli si interverrà per trovare una soluzione in quanto la sostenibilità del calcio in Italia è ovviamente considerata prioritaria rispetto all’interesse singolo della Reggina.
Insomma, con l’ok al piano di ristrutturazione del debito Saladini se la caverebbe impegnandosi a garantire 8 milioni di euro di pagamenti nei prossimi 12-18 mesi, cioè una cifra inferiore persino al debito accumulato nella prima stagione (neanche completa) della sua gestione, a fronte di un debito ereditato ancora più oneroso, salvando non solo la continuità aziendale del club ma anche quella sportiva (categoria, cartellini, licenze etc. etc.): un caso senza precedenti nella storia del calcio dove chi fallisce è da sempre costretto a ripartire da zero (e la Reggina stessa ne sa qualcosa, vedi 2015), anzi le uniche polemiche in merito sono quelle relative alla correttezza del lodo Petrucci che consente a una società di calcio fallita di ripartire dalla serie D anziché dalla 1ª Categoria. Ma se il lodo Petrucci è un modo di chiudere un occhio alla luce dell’enorme valore sociale che l’Italia dà al calcio, questo non può significare la totale deregolamentazione sui pagamenti da onorare. Ecco perchè il Governo ha bloccato anche il decreto delle penalizzazioni: le massime istituzioni dello Stato si tuteleranno in ogni modo possibile fino in fondo, e (purtroppo) l’impressione è che la questione Reggina non sia ancora finita.
A tal proposito, tornando a Reggio, non hanno fatto certo bene le uscite avventurose degli ultimi giorni. Troppi rumori, dicevamo, sul fronte amministrativo. La Reggina, invece, avrebbe dovuto mantenere il profilo più basso possibile, consapevole della straordinaria, unica e pericolosa manovra operata all’interno del sistema. Il silenzio assoluto che è calato sull’aspetto sportivo avrebbe dovuto accompagnare invece proprio l’iter amministrativo e giudiziario. Invece Saladini e Cardona si sono presentati in conferenza stampa in modo assolutamente avventato lunedì mattina, due ore dopo la morte di Silvio Berlusconi, che pure nell’ambiente calcistico aveva un certo peso tanto che per rispetto nei giorni del lutto qualsiasi altro ente ha annullato ogni tipo di evento. E invece patron e presidente si sono presentati gioiosi, sorridenti, ad annunciare trionfali l’accordo che gli avrebbe consentito di onorare pagamenti per 8 milioni a fronte dei 23 esistenti in bilancio. Un’ostentazione che non è andata giù a nessuno: a Roma, dove nella sede della FIGC erano infuriati e l’hanno vista anche come una beffa dopo il danno, ma anche a Milano dove il più grande e influente Presidente della storia del calcio, oltre che il più grande e influente Presidente del Consiglio della storia d’Italia, era appena deceduto. E’ sembrata una sfida di muscoli, un atto presuntuoso, anche per i toni usati, “oggi ci togliamo qualche sassolino”. Ed è stato l’inizio di una nuova guerra. Da qui sono nate le reazioni furiose del ministro Abodi e del presidente Gravina. A cui da Reggio ha addirittura risposto il Sindaco metropolitano facente funzioni Versace: “nessuno tocchi la Reggina”, perbacco, come se ci fosse un complotto contro il club amaranto ignorando che invece proprio la società si è avventurata in un percorso che ovviamente la Federazione avrebbe contrastato. Se almeno lo avesse affrontato in punta di piedi: con umiltà, consapevolezza, rispetto istituzionale e assoluto silenzio mediatico…
I troppi silenzi sulla squadra: Inzaghi verso l’addio, Taibi disorientato
Al contrario, il club ha fatto calare il più assoluto silenzio laddove invece avrebbe dovuto parlare. E fare conferenze stampa (magari non nel giorno della morte di Berlusconi, ma vabbè), incontri, interviste: sulla squadra, sul campo, sul calcio. Che è quello che anima la gente, la piazza, i tifosi. Chi sarà il prossimo allenatore della Reggina? E sul mercato quali saranno le strategie, quali sono le idee, le trattative, i primi nomi? Quali sono gli obiettivi per la prossima stagione? Quando verrà presentata la campagna abbonamenti? Quando inizierà la nuova stagione, e dove? Quando è in programma il raduno con le visite mediche e dove si terrà il ritiro pre-campionato? In tutte le altre piazze si parla di questo, a Reggio invece non sono soltanto domande che la stampa reggina da 22 giorni tenta di rivolgere al club senza alcuna risposta “perchè fino all’omologa non parliamo”, e adesso “fino all’iscrizione non parliamo” (quindi almeno altri sei giorni, bene che vada…), ma – cosa ancora più grave – sono tutti punti interrogativi che neanche al Sant’Agata hanno una risposta.
Non c’è un briciolo di programmazione sulla stagione che verrà, mentre gli altri club sono già organizzati. Taibi è disorientato e nei fatti non può operare: non c’è alcuna strategia, non c’è un allenatore, non c’è un budget, non c’è alcuna linea guida per muoversi. E più tempo passa, più difficile sarà fare mercato: i calciatori più importanti e i club più ambiziosi si stanno già muovendo in questi giorni per mettere le basi del futuro. La Reggina, invece, rischia di ritrovarsi come un anno fa: l’ultima a scegliere l’allenatore, l’ultima a costruire la squadra, l’ultima a fare la preparazione. E poi qualcuno si sorprenderà pure se sul campo emergeranno delle difficoltà nel corso del campionato…
Con Pippo Inzaghi l’addio è sempre più vicino: la rottura maturata nel corso della primavera è troppo profonda per potersi rimarginare. Il mister ha ancora due anni di contratto ma non si sente vincolato maggiormente da una firma che dai propri principi. Non ha accettato il fatto che la società lo abbia più volte sfiduciato, anche rispetto alla squadra, nel corso della stagione. Gli episodi nello spogliatoio di Palermo e soprattutto del Granillo dopo la partita con il Cagliari lo hanno segnato profondamente, anche perchè l’estate scorsa era stato chiarissimo con Saladini a Formentera: “a Reggio vengo solo se posso lavorare con piena fiducia e serenità”. Era ancora scottato del trattamento ricevuto a Brescia da Cellino, non immaginava di trovarsi punto e a capo dopo pochi mesi. Saladini lo aveva stregato, ma il dubbio che fosse soltanto una scelta dovuta più alla disperazione che alla programmazione è sempre più grande.
L’arrivo di Inzaghi a Reggio, infatti, nasce dall’estrema urgenza di ritrovarsi senza allenatore al 10 luglio dopo il brutto pasticcio con Stellone. Quella di Inzaghi, a maggior ragione col senno di poi visto il trattamento riservatogli, sembra sia stata un’abile mossa per nascondere la polvere sotto il tappeto. Eppure è un vero peccato: Saladini era arrivato a Reggio accompagnato da grandi simpatie, così come Inzaghi si era ambientato benissimo e sarebbe rimasto a lungo portando benefici straordinari all’immagine della città.
L’unica speranza affinché Inzaghi rimanga
L’unica speranza che Inzaghi possa rimanere a Reggio, ed è anche l’unico motivo per cui ancora non ci sono state le dimissioni, è un barlume. Un’ipotesi, una voce che è qualcosa di più di un pettegolezzo che si rincorre da settimane in città e di cui Inzaghi è ben consapevole: la Reggina potrebbe di nuovo cambiare proprietà. A brevissimo, in modo imminente, prima della nuova stagione. Solo in tal caso si potrebbe comprendere tutta la strategia di Saladini, ma soprattutto è questa l’unica ragione per cui Inzaghi sta aspettando. Se davvero il club dovesse cambiare proprietà, il mister potrebbe decidere di rimanere se ovviamente sarà la volontà dei nuovi proprietari e se gli obiettivi coincideranno. E’ più con loro che Inzaghi dovrà incontrarsi, se la cessione del club dovesse esserci davvero, per discutere il futuro. Altrimenti con questa dirigenza non ci sono margini per ricucire e le parti hanno ben poco da dirsi. Se il ribaltone societario non ci sarà (forse rinviato solo di un anno?), il futuro di Inzaghi sarà comunque lontano da Reggio. Dove lui è stato benissimo, si è innamorato di questa maglia e di questa bandiera, ha avuto una motivazione enorme dettata dall’orgoglio per arrivare ai playoff e poi anche per vincerli dove purtroppo non ci è riuscito, ma non può smentire se stesso e potrebbe decidere di rimanere soltanto se ci sarà sintonia, convergenza e soprattutto fiducia reciproca. Elementi ormai totalmente insussistenti con questa dirigenza. Martedì prossimo Inzaghi presenterà il suo libro “Il momento giusto” al Mondadori Megastore di Milano. E dovrebbe farlo da allenatore della Reggina, almeno sulla carta. O forse no.