Cambiare il paradigma sulle pensioni

Nel campo previdenziale in questi ultimi anni ci sono stati notevoli interventi legislativi a partire dall’anno 2012 con la famosissima legge Fornero

StrettoWeb

Nel campo previdenziale in questi ultimi anni ci sono stati notevoli interventi legislativi a partire dall’anno 2012 con la famosissima legge Fornero che è ancora, nonostante tutto quello che si è detto e scritto l’asse portante della previdenza in Italia ed abbiamo assistito poi a numerosi interventi come la “Quota 100” istituita dal 2019 al 2021, la “Quota 102” nell’anno 2022 e infine la “Quota 103”  per l’anno in corso con scadenza 31 dicembre 2023.

Questi interventi sulle “Quote” in particolare seppure hanno consentito, soprattutto la famosissima “Quota 100” ad alcune centinaia di migliaia di persone di pensionarsi anticipatamente, hanno diviso moltissimo le coscienze degli italiani. E’ accaduto, infatti, che il sospirato accesso al pensionamento qualche anno prima di raggiungere i rigidissimi termini imposti dalla legge Fornero è stato consentito solamente a chi azzeccava il famoso “ambo secco”. Dapprima quello di 38 anni di contributi  sommati ai 62 anni d’età “Quota 100”, poi 38 anni di contributi sommati ai 64 anni di età “Quota 102”ed infine i 41 anni di contributi sommati a i 62 anni di età “Quota 103”. Questa rigidità imposta dalle quote ha determinato moltissimi malumori da parte di lavoratori che magari avevano anche più degli anni richiesti di contribuzione ma non avevano l’età anagrafica oppure, viceversa, erano in possesso dell’età anagrafica ma non potevano far valere sufficienti anni di contribuzione.

Personalmente, ritengo, sia ora di cambiare completamente il modo di intendere i requisiti per raggiungere il sospirato pensionamento, di cambiare completamente paradigma mentale di come, fino ad ora, abbiamo concepito il sistema di raggiungere il sospirato traguardo atteso da milioni di lavoratori.

Il tutto dovrebbe essere inteso mettendo al centro delle proprie scelte il lavoratore. Lasciare cioè a lui, in perfetta autonomia, quando ritenga sia il momento di lasciare l’attività lavorativa, ponendo  solamente tre condizioni che devono rimanere imprescindibili. Queste tre condizioni sono l’aver compito 62 anni di età, avere almeno 20 anni di contribuzione effettiva e possedere una retribuzione di almeno 1 volta e mezzo l’importo della pensione minima. Considerando che all’attualità la pensione minima è di 573 euro, importo che si deve avere oltre alle due condizioni sopra evidenziate è di 860 euro. Nessuna altra condizione è richiesta al lavoratore che autonomamente decida di ritirarsi dal mondo del lavoro.

Al tempo stesso coloro i quali, invece, volessero restare oltre l’età del pensionamento ordinario potranno rimanere nel mondo del lavoro fino all’età massima fissata a 70 anni. In questo modo la scelta di lasciare il lavoro verrebbe presa autonomamente da ciascun lavoratore in piena serenità abbandonando i criteri molto rigidi imposti dalla legge Fornero. Con una flessibilità amplissima dai 62 ai 70 anni chi volesse uscire prima dal mondo del lavoro riceverebbe, ovviamente, una pensione minore chi, invece, volesse rimanere di più l’avrebbe maggiore.

Un sistema semplice, rivoluzionario, di facile realizzazione, senza costi per lo Stato e accessibile a tutti mettendo il lavoratore al centro delle proprie scelte previdenziali.

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