Incapaci, dispotici e razzisti: ecco l’identikit dei nuovi No Ponte che usano don Ciotti come vessillo

Dobbiamo ringraziare don Ciotti: con la sua frase infelice ai limiti del razzismo ci ha permesso di delineare l'identikit del No Ponte tipo

StrettoWeb

Ricapitoliamo. In Italia abbiamo un governo fascista, razzista e incapace che, sicuramente, porterà il paese alla rovina. O almeno così dicono i detrattori dell’attuale compagine governativa. E allora vediamo un po’ cosa significa fascista. Fascista, volendo ridurre il concetto ai minimi termini, significa che non accetta idee diverse dalle proprie e priva della libertà coloro che rappresentano o appoggiano altre correnti politiche. E cosa significa razzista? Significa che marchia a fuoco un popolo, un’etnia o gli abitanti di una determinata zona (in genere il Sud) e lo reputa inferiore agli altri. Su cosa significhi incapace presumo non ci sia bisogno di alcuna spiegazione.

Ora, cosa accade? Accade che il Ponte sullo Stretto di Messina, opera attesa e indispensabile come il pane, e della quale si discute da oltre 50 anni (tenete a mente questo numero perché ci torneremo), è sempre più concreto. Anzi, di più: è legge. Dunque, salvo imprevisti, si farà. I soldi, checché se ne dica, ci sono pure. E quindi cosa manca? Ah sì: manca il fatto che, visto che a farlo è la destra, questo ponte per alcuni non s’ha da fare.

Don Ciotti e il Ponte

Succede poi che don Ciotti, quello di Libera, quello antimafia, se ne esce con una frase inutile, infelice e inconfutabilmente razzista: “il Ponte sullo Stretto non unirà due coste ma due cosche“, e scoppia il putiferio. Giustamente. Ma puoi mai dare dei mafiosi a tutti coloro che popolano Calabria e Sicilia e pensare di cavartela solo perché sei un prete impegnato nel sociale? No, assolutamente. Perché questo, ovvero pensare che don Ciotti non si possa criticare, è un chiaro, esplicito e ben definito metodo mafioso. Della serie “tu non sai chi sono io“, che in questo caso è diventato un “tu non sai chi è lui“, visto che il sacerdote alle critiche di Salvini, che lo ha definito un “un signore in tonaca che dice parole ignoranti e volgari“, nemmeno ha risposto. Hanno replicato però altri, dimostrando così due cose. La prima è che chi si riempie la bocca di termini come ‘antimafia‘ è il primo poi ad applicare i metodi mafiosi. Il secondo è che il metodo fascista (privare gli altri della libertà di pensiero e di parola), o se vogliamo usare un termine meno inflazionato, possiamo definirlo dispotico, lo applica chi invoca il fascismo puntando il dito verso gli altri.

Il circolo Pd di Villa San Giovanni e quell’incomprensibile volontà di restare nel pieno sottosviluppo

Questa mattina, puntuale, il Pd di Villa San Giovanni ha diffuso una nota stampa che definire da cavernicoli, come è nostra abitudine con i No Ponte, diventa davvero un eufemismo. Scrivono: “al ministro leghista non è piaciuto che il sacerdote fondatore del Gruppo Abele e di “Libera” abbia ricordato – a Bovalino – i rischi di infiltrazione mafiosa legati alla realizzazione della Grande Opera […] La questione, in sintesi, non è semplicemente “Ponte si o Ponte no”, non è solo in gioco l’ambiente, la tutela del territorio, la fattibilità e l’utilità dell’Opera (questioni di certo non minimali). Sono in gioco anche la sicurezza degli appalti, la gestione oculata delle risorse pubbliche, gli appetiti del malaffare, il rischio di scatenare – con più di 15 miliardi in ballo per un solo progetto faraonico – gli interessi economici malsani tra le due sponde“.

Dunque, fateci capire: davvero state dicendo che non volete il ponte per i presunti rischi di infiltrazioni mafiose? E allora a questo punto spopoliamoli tutti, i nostri territori, e fuggiamo altrove, perché secondo questo principio nulla è lecito, nulla si può fare per lo sviluppo e tutto diventa rischioso. Un po’ come dire: non faccio uscire mio figlio da casa perché fuori corre troppi rischi. E così il figlio cresce in un ambiente ristretto, chiuso, fermo. E pur crescendo fisicamente è sicuro che a livello cognitivo, da grande, avrà seri problemi, anche comportamentali.

Il dibattito eterno

Ma non finisce qui. Perché come se non bastasse i No Tutto hanno anche il coraggio di parlare, ancora, di dibattito pubblico. Cioè, per capirci, vogliono ancora stare a discutere se il ponte va fatto o no. E lo vogliono fare ora, dopo 50 anni di fiumi di parole, quando c’è una legge approvata anche dal Capo dello Stato.

La Città deve essere informata su tutto – scrivono -, anche sui rischi che incombono sui prossimi espropri, sulle demolizioni, sulla movimentazione terra, sulla realizzazione delle strade di cantiere, sull’utilizzo delle aree per i mezzi e i materiali. E’ il tempo, quindi, di mettere tutto in fila, con ordine, di enumerare pro e contro, di ampliare il più possibile il dibattito per informare compiutamente la Cittadinanza, anche attraverso il metodo di più incontri tematici sui singoli temi“. Si resta senza parole a leggere queste considerazioni, dalle quali emerge l’ultimo dei tre punti di cui abbiamo parlato all’inizio: l’incapacità. L’incapacità di comprendere cosa va fatto e come va fatto. E gli incapaci, beninteso, sono i No Tutto. Molti dei quali, ahinoi, ci amministrano pure.

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