Domenica 9 luglio, nell’Area archeologica del Parco di Naxos, apre al pubblico la mostra “Claudio Palmieri. Pieghe del tempo” con diciannove tra sculture e installazioni che ripercorrono trentasei anni di attività dell’artista romano, dal 1987 ad oggi.
Un evento proposto da Civita Sicilia, concessionario dei servizi di didattica museale, e accolto dal Parco Archeologico Naxos Taormina diretto dall’archeologa Gabriella Tigano. La cura del progetto espositivo è di Ilaria Schiaffini. Si inaugura sabato 8 luglio, ore 18. Insieme alla direttrice Tigano e a Renata Sansone, amministratore delegato di Civita, interverranno il sindaco di Giardini Naxos, Giorgio Stracuzzi, l’assessore comunale alla culture, Fulvia Toscano, l’autore e la curatrice.
La mostra, allestita nell’area verde che introduce al Museo archeologico di Naxos, sarà visitabile fino al prossimo 30 settembre, tutti i giorni, dalle 9 alle 19. Il costo del biglietto resta invariato: intero 4 euro, ridotto 2 euro.
La mostra
Il titolo “Pieghe del tempo” evoca l’idea di una stratificazione temporale connessa con il gesto creativo, che si esprime nel contatto fisico della mano con la materia: è questo un aspetto caratteristico della poetica di Claudio Palmieri, da sempre orientato allo sperimentalismo e alla contaminazione di tecniche e generi diversi. Che si tratti di pigmento pittorico, ceramica, plastica, metallo o altro, la materia si piega sotto una gestualità sapiente e istintiva e dà vita a concrezioni che ricordano residui geologici, ritrovamenti fossili, tracce biomorfiche.
“Sono sculture abitate – ha scritto di lui Achille Bonito Oliva – geometrie riscaldate da residui emozionali di materia organica che, nel richiamare le profondità remote del tempo esterno e di quello interiore, lasciano talvolta affiorare iconografie umanoidi, memorie culturali collettive, miti o archetipi della civiltà mediterranea: il guerriero, la lancia, la clessidra, Golgota, Atlantide. Allo stesso tempo, nel rifuggire da identificazioni storiche univoche, esse riconducono l’umanità alla sua consistenza naturale primaria. Con le armi della simulazione estetica, dell’incanto visivo e della sensorialità tattile ereditate dal Barocco, Palmieri sembra così rispondere alle minacce di distruzione della natura provocate dalla civiltà tecnologica.
Palmieri si forma con il pittore futurista Mino Delle Site, si diploma all’Accademia di Belle Arti di Roma e, dopo un esordio in ambito informale, la sua ricerca si orienta verso una pittura e scultura polimateriche, aperta anche a elaborazioni fotografiche. Negli anni Ottanta del secolo scorso partecipa al clima della Nuova Scuola Romana attorno alla Galleria L’Attico di Fabio Sargentini.
Dopo la presenza alla Biennale di Venezia nel 1986, partecipa a importanti mostre collettive generazionali; nel 1993 gli viene dedicata una prima antologica alla Galleria Civica di Moderna; nel 2000 partecipa alla XII Quadriennale di Roma e, tra il 2001 e il 2002, prende parte alla mostra itinerante in Giappone Scultura italiana del XX secolo. Realizza sculture monumentali e mostre in numerose città italiane e le sue opere sono conservate nelle collezioni di importanti musei italiani e stranieri. Nel 2021 ha ricevuto il Premio Bugatti-Segantini alla carriera.
All’ombra dell’Etna, i brani di natura simulata a cui l’artista dà vita instaurano un dialogo con i tempi lunghi delle ere geologiche e dei cataclismi naturali. La materia informe si confronta sempre nelle sculture di Palmieri con una esigenza architettonica, in un cortocircuito tra istinto e razionalità, tra pulsione emozionale e rigore strutturale. Raccogliendo l’eredità delle ricerche moderniste, l’artista contesta non solo l’impianto tradizionale del monumento isolato nello spazio, ma anche il dogma della regolarità geometrica dei piani costruttivi. Le sue strutture, aperte nello spazio, leggere e dinamiche, restituiscono la sensazione di un momento bloccato in un processo di trasformazione continua.