Natasha Stefanenko: “da bambina ero considerata molto brutta, non mi invitavano alle feste ed ero bullizzata”

Natasha Stefanenko interviene ai microfoni di Rai Radio2 nel corso del format "I Lunatici"

StrettoWeb

Natasha Stefanenko è intervenuta ai microfoni di Rai Radio2 nel corso del format “I Lunatici”, condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio, in diretta dal lunedì al venerdì notte dalla mezzanotte alle quattro, live anche su Rai 2 tra l’1.15 e le 2.30 circa.

L’attrice, conduttrice televisiva ed ex modella russa naturalizzata italiana ha raccontato: “Notti indimenticabili della mia vita? Tante, mi piace chiacchierare con mio marito di notte, sentire i racconti di mia figlia che torna tardi, mi piace sentirla la notte, ha un suo silenzio meraviglioso, di pace, di tranquillità, ti accompagna nei pensieri. Non sono una mamma apprensiva, sono più amica e complice, mio marito è più preoccupato, in qualche modo vuole proteggere la sua bambina, papà è sempre papà, è più geloso, possessivo, anche se è esagerato, nostra figlia ha ventidue anni, ormai è grande“.

La Stefanenko racconta:Sono nata e cresciuta in una città segreta, S.45. Controllata giorno e notte da guardie armate. Con pochi varchi per accedere. Eravamo vicino alla Siberia, la città era nascosta in mezzo ai boschi fittissimi, vicino a un lago artificiale. In questa città si produceva uranio arricchito per le centrali nucleari. Gli stranieri non potevano entrare, ma anche i non residenti dovevano avere dei permessi molto complicati da ottenere. Solo noi avevamo un pass che ci permetteva di entrare e uscire. La città era carina dentro,  ci abitavamo in 120.000, era tutto predisposto per una vita serena, solo che lavoravano con l’uranio e facevano delle cose che erano super segrete. Ancora oggi questa città è chiusa e io non posso entrarci. L’ultima volta ci sono stata 34 anni fa. Mi piacerebbe tornare, ci sono sicuramente ancora persone che conosco. In quella città ero considerata dalla società molto brutta. I ragazzini facevano le feste e non mi invitavano. Ero alta, magra, diversa dalle altre ragazze. Mi bullizzavano praticamente. Un po’ mi dispiaceva, non c’era nessuna attenzione nei miei confronti, forse alte e bionde con il mio aspetto ce n’erano tante. Da noi era più apprezzata la bellezza mediterranea“.

Nuotatrice, ingegnere metallurgico, a un certo punto diventa modella: “Per sbaglio ho conosciuto un ragazzo aspettando in fila per entrare in un fast food di Mosca che mi ha parlato di un concorso di bellezza. Stavo facendo la tesi, non mi interessava quel mondo, anzi avevo tantissimi pregiudizi sulle modelle che esibivano il loro corpo. Non era il mio scopo e non mi interessava. Poi mi sono capitate delle cose, ho fatto quel concorso di bellezza per alleggerire la testa. In famiglia è stato difficile accettare di lasciarmi andare in Italia, erano impauriti, ma non me l’hanno fatto pesare. Io ora ho un cuore russo e un cuore italiano. La mia famiglia è ancora in Russia. La guerra? Io e la mia famiglia siamo per la pace, loro soffrono moltissimo, non vedono l’ora che finisca tutto. Questo conflitto non ha senso, per noi sovietici poi è una guerra in famiglia. Sicuramente i miei antenati sono ucraini“.

Sull’arrivo in Italia: “Sono arrivata nel 1993. C’erano pregiudizi pesanti nei miei confronti. Quando dicevo che ero una modella russa, gli uomini davanti facevano sorrisini. Cercavo di essere seria, fredda, non sorridere, non concedevo possibilità di avvicinarmi. Cercavo di mantenere le distanze. Sembravo una che se la tira ma non era così, era necessità, per mettermi nella posizione giusta. All’inizio non è stato facilissimo. Poi mi sono sempre sentita accettata e oggi sono felicissima di aver scelto questo Paese, di cui sono innamorata follemente“.

E’ uscito da qualche tempo il suo romanzo, “Ritorno nella città senza nome”, edito da Mondadori: “E’ un libro che non è nato ieri, l’ho scritto perché mi sembrava interessante far conoscere uno spaccato del mio Paese e della mia vita. Non è un’autobiografia, l’avrei trovata autocelebrativa,  ma un romanzo. Sono contenta perché in tanti mi dicono che è arrivato quello che volevo trasmettere. Volevo raccontare di una Russia all’inizio degli anni ’90, in cui si perdevano equilibri e certezze ma si conquistavano anche tante libertà. Volevo raccontare come abbiamo vissuto quel cambiamento. Volevamo tanto la libertà ma eravamo completamente incapaci di capire cosa significasse davvero. C’era tanto smarrimento“.

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