Il telefono squilla in continuazione. Il tono di voce degli interlocutori è sempre lo stesso, è esattamente quello di chi ha appena perso la mamma. Non c’è spazio neanche per la rabbia, così grande è la delusione. La Reggina ieri è stata bocciata anche dal TAR, tribunale dello Stato, che era l’ultima e più grande speranza di poter salvare la serie B. Adesso c’è il Consiglio di Stato, ma ovviamente non ci crede più nessuno. Poi sarà la parola fine, che di fatto c’è già. Diffidate da chi continua a vendere illusioni. Quella di ieri è stata una delle giornate più tristi della storia di Reggio Calabria, sicuramente la più triste in assoluto per la storia ultracentenaria della Reggina. E oggi la città s’è risvegliata sotto shock, quasi incredula, come se fosse stata una doccia fredda, un fulmine a ciel sereno. Come se non ci fossero da tempo tutti i presupposti e le avvisaglie, come se non fosse un disastro ampiamente annunciato da mesi.
Ma Reggio Calabria è la città del “non ci voglio neanche pensare“, ricordate? E non ci ha pensato affatto, così è finita nel baratro. La Reggina è morta suicida, così come Reggio è morta suicida. “Stuprata la squadra così come hanno stuprato la città“, ha detto Scopelliti ieri sera a Palmi alla presentazione del suo libro. Dopo la bocciatura del TAR sono arrivate le prime reazioni, e lì sì che ha iniziato a montare la rabbia. Il più lucido, Demi Arena. L’ex Sindaco tifosissimo della Reggina ha respinto subito ogni teoria complottista e vittimista indicando chiaramente gli unici responsabili di questa situazione in Saladini e nei suoi compari Ferraro, Brunori e Guagnetti. Il più genuino, Carminello: commosso, in lacrime dal Granillo, ha ringraziato Inzaghi e rivolto un appello agli imprenditori della città. Ma le parole di Saladini, che ancora non ha imparato a stare in silenzio neanche nelle peggiori circostanze, e soprattutto in serata quelle del sindaco Brunetti e del consigliere Latella, hanno fatto sì che la rabbia prendesse il sopravvento sulla delusione.
Il suicidio della Reggina
E’ davvero clamoroso come nel mondo del calcio, che è il mondo dell’arte del compromesso per eccellenza, Saladini abbia perseguito questa personalissima guerra anti sistema che – lo diciamo da tempi non sospetti perchè lo insegna la storia – lo avrebbe inevitabilmente portato a sbattere e farsi molto male. Non è mai voluto andare a parlare con Gravina, non ha mai cercato di coinvolgere le istituzioni locali, non ha mai avuto l’umiltà di adeguarsi alle leggi del sistema: è andato avanti dritto come un treno seguendo un binario morto. Persino il TAR, tribunale amministrativo che nulla ha a che fare con il sistema della giustizia sportiva, ha riconosciuto in toto le ragioni della FIGC e i torti della Reggina. Che sono palesi a tutti, anche ai bambini: nessuno contesta le scelte del club amaranto per aver seguito la norma dello Stato sul piano di ristrutturazione del debito, ma è lapalissiano come la società avrebbe dovuto rispettare ANCHE le regole federali se avesse voluto partecipare al campionato di serie B. Il TAR non ha condannato Saladini al carcere o evidenziato comportamenti illegali, ma ha riconosciuto che pur seguendo una norma dello Stato, non si può partecipare ad un torneo se non si rispettano ANCHE le regole di quel torneo. La sentenza del TAR ha ribadito l’autonomia della FIGC, che lo Stato ha sempre voluto e che al contrario Saladini (nessuno sa perchè) pensava di voler distruggere. Eppure la FIGC era stata più che mansueta con il club amaranto, riconoscendo come stesse seguendo una legge dello Stato. La Federazione è venuta incontro alla Reggina in tutti i modi possibili quando le ha dato un enorme sconto della penalizzazione prevista in base alle norme nello scorso campionato, al punto di consentirle di fare i playoff (e quindi di andare in serie A, se ci fosse riuscita sul campo!). E poi, per la prima volta nella storia, non l’ha mai sostituita dopo l’inevitabile esclusione, lasciando una X nel calendario fino a due settimane prima dell’inizio del campionato. Era uno spiraglio lasciato aperto a Saladini che però non ne ha voluto sapere. Con arroganza e presunzione è andato fino in fondo e così ha suicidato la Reggina. Nonostante i ripetuti appelli alla ragione che tutti gli abbiamo rivolto per mesi.
Che credibilità può avere Felice Saladini, che negli ultimi due mesi ha annunciato due finte cessioni del club e invece al TAR c’era ancora lui personalmente con Ferraro, Brunori e Guagnetti? Sempre loro.
E che credibilità poteva avere la Reggina di questa banda se – come l’avvocato della FIGC ha fatto notare al TAR – la società è nei fatti già fallita? Anche questo su StrettoWeb lo scriviamo da tempo: il problema non è la riammissione. Il problema sarebbe emerso dopo. E qualcuno – anche ragionevolmente – riteneva che fosse meglio arrivare ultimi a zero punti e retrocedere in serie C, anziché sparire. Ma la Reggina non sarebbe retrocessa in serie C, sarebbe fallita a campionato in corso. E’ una società morta già da mesi. L’Associazione Calciatori ne ha già chiesto la messa in mora. La Reggina è l’unico club che non ha rispettato neanche la scadenza federale del 1° agosto, il giorno prima dell’udienza del TAR in cui chiedeva la riammissione (ma con quale coraggio?!), non solo tra le squadre regolarmente iscritte ma anche tra quelle che ambivano alla riammissione. Persino il Lecco, nella stessa identica situazione della Reggina (senza la serie B non avrebbe potuto disputare nessun altro campionato), aveva onorato quella scadenza pagando regolarmente. Persino la Sampdoria, che ha chiesto un piano di ristrutturazione del debito, ha onorato quella scadenza pagando tutto (oltre 5 milioni di euro) regolarmente. E c’è ancora qualcuno che pensa che contro la Reggina ci sia un complotto dei poteri forti? O forse gli stipendi dei lavoratori di Saladini dovevano pagarli Noto e Guarascio? Intanto Noto, oltre a tutti i suoi meriti professionali, appena un giornalista di Reggio Calabria prova a contattarlo gli risponde immediatamente e rilascia un’intervista parlando alla città. Ad una città in cui tra l’altro ha investito e dà lavoro. Saladini, invece, da tempo ha bloccato tutti i numeri di Reggio e non risponde a nessuno da oltre due mesi e mezzo (non che prima fosse particolarmente loquace). Ha completamente abbandonato Reggio e la Reggina, che prima per un anno ha utilizzato come se fosse il suo parco giochi. La sua Gardaland personale: prendeva l’aereo il sabato mattina, guardava la partita sfoggiando quel finto e beffardo sorriso ingannevole, e risaliva sull’aereo la domenica. Al Sant’Agata contano più presenze i giornalisti giapponesi dell’era Nakamura.
I dipendenti della Reggina non ricevono stipendio da oltre cinque mesi, e nei giorni scorsi i tifosi della Reggina accecati da una passione diventata fede sono arrivati a difendere persino questo. A giustificare il mancato pagamento degli stipendi ai lavoratori “perchè c’è un contenzioso in corso“. Ma nessuno dei lavoratori intanto aveva smesso di lavorare. Quale livello di sottocultura abbiamo raggiunto a Reggio per piombare in tale ignoranza?
Le reazioni della piazza, intrise di arretratezza e degrado culturale, sociale e valoriale, alla fine evidenziano come Saladini non sia il problema ma il frutto del problema. Una città normale non gli avrebbe mai dato credito, una città normale esprimerebbe essa stessa una classe imprenditoriale che potesse guidare la principale rappresentanza sportiva della città. Come Noto a Catanzaro, come Guarascio a Cosenza, come Vrenna a Crotone, come Sciotto a Messina tanto per rimanere nei dintorni.
Perché è impossibile ripartire dalla serie D
A tal proposito, adesso per il futuro stanno uscendo fuori cani e porci. In poche ore ne abbiamo sentite di ogni. Gente che di calcio non ne capisce nulla, gente improvvisata, gente improbabile. Dov’erano fino a ieri? Purtroppo siamo entrati in un vortice in cui ne vedremo delle belle (sigh!), ma chiariamo subito una cosa. La Reggina non può fare neanche la serie D. I tempi per le iscrizioni sono scaduti da tanto. Anche in serie D ci sono delle regole da rispettare, non è che adesso arriva la Reggina e si iscrive in serie D in barba alle norme che tutti gli altri club di D hanno rispettato regolarmente. In teoria, ma solo in teoria e non sarà certo il caso di Reggio Calabria oggi (purtroppo), si potrebbe tentare una forzatura per rientrare in serie D ma servirebbe una nuova proprietà forte e solida, che garantisca immediatamente un impegno di almeno 2 milioni di euro (tanto quanto serve per vincere la serie D) e una serie di contatti adeguati. Bisognerebbe andare da Giancarlo Abete e chiedere l’iscrizione in sovrannumero in serie D, che viene concessa molto raramente soltanto in casi eccezionali che meritano ampia considerazione (grandi club con grandi investimenti alle spalle). Senza 2 milioni di euro e un managment gestionale di altissimo livello, non ha senso neanche provarci. Anche perchè bisognerebbe affrontare una stagione lacrime e sangue, con un nuovo nome e un nuovo logo (ci siamo già passati nel 2015), con le difficoltà sui polverosi campi in terra battuta della provincia e un esito affatto scontato. Ovviamente non c’è alcun presupposto in tal senso. Non c’è nessuno che ha questa liquidità e/o che sia intenzionato a dedicarla alla Reggina. Siamo al 4 agosto e, nonostante da mesi predichiamo anche su StrettoWeb che le istituzioni avrebbero dovuto prepararsi a questo piano B, nessuno ha fatto nulla. Diffidate dagli annunci deliranti di Brunetti che oggi blatera di “l’iscrizione della squadra ad un campionato di rilevanza nazionale“. A parte il fatto che neanche la serie D è “un campionato di rilevanza nazionale“, ribadiamo che non ci sono i minimi presupposti affinché la Reggina possa ripartire dalla serie D.
Le due squadre di Reggio Calabria in Eccellenza: la ReggioRavagnese e il Bocale
La cosa migliore è quella di allontanare ulteriori speculatori, ulteriori avvoltoi, ulteriori avventurieri. Il calcio a Reggio continuerà con le piccole e virtuose società che faranno l’Eccellenza, cioè la ReggioRavagnese, la nuova società nata a luglio dalla fusione di Reggio Mediterranea e Ravagnese, e il Bocale Calcio ADMO. I club guidati rispettivamente dai Presidenti Bruno Leo e Filippo Cogliandro sono le uniche due società di Reggio Calabria che con le proprie forze sono già iscritte in Eccellenza e tra un anno potrebbero rilevare titolo sportivo, nome, logo e storia della Reggina. Sono entrambi club che da moltissimo tempo si impegnano non solo nello sport, ma anche nel sociale, dando grande valore alla comunità reggina.
E a prescindere dal risultato, Reggio Calabria sostenendo la ReggioRavagnese e il Bocale avrà la certezza di impegnarsi in qualcosa di semplice e genuino, nato e cresciuto a Reggio con lo spirito dell’umiltà e i valori del sacrificio. Certo, non sono la Reggina, ma è questa la realtà del calcio di oggi a Reggio. Hanno almeno tutti quei valori che hanno fatto grande la Reggina nella storia, la Reggina di Oreste Granillo e di Lillo Foti. Esattamente l’opposto rispetto a Felice Saladini che un anno fa era arrivato a Reggio annunciando un grande sogno e invece adesso ha materializzato il peggiore degli incubi. Adesso tutti lo accusano, ma dovrebbero farsi soltanto un grande esame di coscienza tutti coloro che fino a ieri l’hanno considerato un salvatore della patria. C’è mancato poco che non dessero anche a lui la cittadinanza onoraria. Che tristezza, Reggio, come ti sei ridotta!