Catanzaro, i 70 anni di Palanca e quel confronto con Mazzone: “se alzo le mani ti spezzo in due”

L'indimenticato bomber del Catanzaro ieri ha compiuto 70 anni e si è raccontato in un'intervista a Gazzetta dello Sport

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“Vi chiedo un regalo per il mio compleanno: scrivete che è assurdo battere gli angoli tornando indietro per far crossare poi dalla trequarti. Fa fa così schifo mettere un pallone forte e teso nel cuore dell’area? Il calcio è una cosa semplice, devi far gol…” Parole e musica di… Massimo Palanca. Chi se non lui, quando si parla di corner? L’indimenticato bomber del Catanzaro ieri ha compiuto 70 anni e così ha esordito nell’intervista concessa a Gazzetta dello Sport.

“Certo, un po’ di tempo glielo dedicavo – dice Palanca spiegando come faceva a battere quei calci d’angolo vincenti che lo hanno consacrato alla storiaA Catanzaro c’è quasi sempre vento: potevo sfruttarlo a mio vantaggio. Colpivo forte, d’interno: il pallone si alzava e ripiombava all’improvviso sotto la traversa. I portieri all’inizio erano sorpresi, poi presero delle contromisure. Ma lo feci pure io. E mettevo Claudio Ranieri sul primo palo? Proprio così, schermava e dava fastidio. Ho fatto tanti gol e tanti altri sono arrivati dalla mischia che si creava dopo il tiro. Ecco perché trovo incomprensibile snaturarlo: si fa un favore alla difesa. Gli schemi vanno bene, ma sui corner basta che ci sia uno che li sappia calciare”.

Anni fantastici, sentivo l’amore di quel popolo. Sono marchigiano, papà era custode del campo di Camerino, io cresciuto con il pallone sempre tra i piedi. Oddio, cresciuto: sono alto uno e 70, quando giocavo pesavo circa 60 chili. Avevo i baffi per sembrare più cattivo… Dopo Frosinone in C, arrivo al Catanzaro: divento uomo e calciatore. Facendo cose bellissime”, rivela parlando degli anni in Calabria.Giocavamo sempre in casa: a Torino e Milano trovavamo 20 mila calabresi sugli spalti. Venivano a salutarci con le lacrime agli occhi: ‘Siete la nostra rivincita’. Ho i brividi a ripensarci. Era un calcio pane e salame, ma autentico. Si guadagnava il giusto e stavamo a contatto dei tifosi”.

4 marzo 1979? E chi lo dimentica: Roma-Catanzaro 1-3, mia tripletta e un gol da calcio d’angolo”. E in panca c’era Mazzone: “romanista sfegatato: quel giorno camminava a tre metri dal suolo. Era felice, aveva dimostrato che non era catenacciaro, era un maestro di calcio. E infatti ha il record di panchine in A. Con lui si scherzava fino al giovedì, poi guai a sgarrare: pensiero fisso sulla gara. Un giorno me la sono vista brutta… – racconta –  Giochiamo in casa contro il Perugia: siamo in due contro uno, ma Vito Chimenti invece di passarmi il pallone tenta un dribbling e l’azione sfuma. Dalla rabbia decido di lasciare il campo, il medico sociale mi blocca a un metro dal sottopassaggio. Mazzone era squalificato. Mi aspettò negli spogliatoi… Appena mi vide, attaccò: ‘Aho, mettite a sede’ che se alzo le mani ti spezzo in due’. E poi una serie di urli sull’importanza del gruppo. Il giorno dopo, però, mi diede ragione. Mi è dispiaciuto molto non andare al suo funerale, sono in Calabria…”.

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