Il fastidio di pensare – Gli asini con la pelle del leone

Reggina: lo sport, e in particolare il calcio, rappresenta una settore di grande importanza nella vita di una città, e soprattutto in quelle con economia in difficoltà

StrettoWeb

Molti mi invitano a qualche riflessione sul problema della Reggina. Premetto che non lo considero, come dicono in tanti, un problema secondario in un territorio che ne possiede di ben più seri da risolvere: lo sport, e in particolare il calcio, rappresenta una settore di grande importanza nella vita di una città, e soprattutto in quelle con economia in difficoltà. Ho sempre pensato che la squadra vada ben oltre il diletto domenicale di cui parlano molti ma rappresenti una sorta di settore identitario di prima importanza per una società che infatti dedica allo sport diversi giornali, trasmissioni giornalistiche, club e svariate discussioni tra amici.

Ma questo lo aveva già intuito Churchill: in una nazione che non ha una identità politica, diceva, gli italiani “perdono le partite di calcio come se fossero guerre e perdono le guerre come se fossero partite di calcio»”. Per questo credo che avere perduto una squadra, e con l’aggravante del modo così sciocco, sia stata una perdita abbastanza grave. Ma capita quando a gestire una cosa ci sono, per dirla alla Esopo, asini con la pelle da leone, che ruggiscono e seducono con facili promesse fino a che la realtà alla lunga non mette in mostra tutta la sua miseria. Fin qui, si abbassa la testa e si accetta il destino di chi non ha saputo, o forse non ha solo potuto, preservare con maggiore avvedutezza una cosa importante. Riconosciamo in tutto questo le nostre colpe. Accetteremo di ricominciare e ci riprenderemo, e questo servirà a disintossicarci. Ci sono piazze anche più grandi che si sono ritrovate improvvisamente in mezzo al nulla quando un attimo prima parlavano di grandi traguardi: Catania, Messina, Bari, chi non ricorda la Fiorentina di Cecchi Gori che è passata da Batistuta al fallimento e gli esempi potrebbero continuare. E questo ci invita a ragionare sullo stare sempre con i piedi per terra; a tenerci stretto quello che abbiamo perché il domani è sempre incerto e si passa velocemente dall’avere tutto al non essere più nulla.

Ma resta in tutta questa vicenda qualcosa di antipatico. Se infatti noi accettiamo il giudizio della magistratura e ascoltiamo qualche giudizio un po’ stonato di chi dice che forse non sarebbe stato corretto iscrivere la squadra già dall’anno scorso, si osserva però con un po’ di malumore che nello stesso sistema continuano ad operare gli stessi personaggi e le stesse squadre che hanno la stessa opacità, e forse anche un po’ di più, della Reggina. Ci vediamo cedere il nostro posto (ripetiamo, con piena colpa) ad una figura come Cellino che per anni ha ricoperto ruoli di prestigio in seno alla federazione e che, senza nessun pudore, si permette anche di raccontare di avere dato fuoco a interi faldoni perché altrimenti il marciume che ne sarebbe emerso avrebbe coinvolto chissà quante squadre: in pratica uno dei modi italiani di concedere assoluzioni senza passare dai fastidi del tribunale. Adesso da quando è retrocesso non ha fatto altro che gridare con superbia che lui doveva stare in serie B, anche a costo di farla a ventuno squadre. E nonostante tutto personaggi di questo genere continuano ad intossicare il mondo sportivo nazionale senza che si riesca ad epurarli in qualche modo. Assistiamo ogni anno a nuovi scandali, a nuove inchieste, e a presidenti che invece di avere il capo chino ostentano sicumera. E allora il problema non è più semplicemente amministrativo, ma assume un risvolto politico. E con una certa malinconia il tifoso reggino si sente come il figlio di un dio minore, quasi a dire che se c’è una giustizia, allora questa deve essere ugualmente dura per tutti, e non lasciare i soliti sospetti all’italiana che qualcuno possa farla franca perché è più amico o si mette a gridare più forte. Noi non crediamo alla solita retorica frignona che ci raccontavano fin da bambini che qui non contiamo niente, o che quello è intoccabile.

Continuiamo a credere che molto di quello che è accaduto ce lo siamo meritato. Però vediamo anche che il calcio italiano ha bisogno di una profonda pulizia che non si può fermare solo alla Reggina, altrimenti è una pulizia a metà che non solo non pulisce nulla ma diventa addirittura ingiusta. Deve esserci una palingenesi che sappia rinnovare tutto a livello di uomini e figure. Dove ci hanno condotto questi lo si sta vedendo, portandoci fuori da tutte le competizioni internazionali e restando impotenti di fronte a campionati dove scandali e fallimenti si susseguono. Da tempo il calcio ha superato una sua fase naïf. Da quando si è capito che attira orde di appassionati, e quindi soldi, dappertutto sono comparse le figure che inevitabilmente i soldi si portano dietro: speculatori, affaristi di ogni genere, furbi e magliari. Sperare di fermarli con qualche legge qua e là è da fessi. Ci vorrebbe dietro un’etica forte e orgogliosa, che finora non si è mai vista. Solo toppe che coprono falle che si aprono di qua e di là. Non allontaneranno la gente dal calcio, perché il calcio è una delle poche cose che tiene unita questa nazione. Ma proprio per questo meriterebbe di essere trattata (molto) meglio.

Condividi