Mancano le risorse per la riforma previdenziale

Il Governo è alla disperata ricerca di fondi per approvare quelle riforme che aveva promesso in campagna elettorale

StrettoWeb

Nell’approssimarsi della legge di Bilancio, da presentare in Parlamento alla fine di ottobre, il Governo  è alla disperata ricerca di fondi per approvare quelle riforme che aveva promesso in campagna elettorale. Nella scorsa finanziaria i tempi erano strettissimi, con il Governo che si era insediato appena alla fine di ottobre, e si pensò di destinare gran parte delle risorse disponibili a ristorare almeno in parte famiglie ed imprese dall’impressionante aumento delle bollette energetiche che a causa dello scoppio della guerra tra Ucraina e Russia in pochi mesi erano più che raddoppiate. Quest’anno con più tempo a disposizione l’Esecutivo deve cominciare ad approvare quelle riforme necessarie e non più procrastinabili e che erano state  promesse in campagna elettorale.

Tra queste, oltre alla riforma della giustizia, del fisco e della pubblica amministrazione c’è sicuramente anche la riforma previdenziale. Tra i partiti che compongono la coalizione di Governo c’è Forza Italia che chiede l’innalzamento delle pensioni minime a 1.000 euro, ma soprattutto la Lega di Salvini che da molti anni ormai ha messo nel mirino la troppo rigida legge Fornero e ne vuole, giustamente, una sostanziale modifica. La Premier Meloni, però è molto più cauta, non vuole rompere con l’EU da sempre favorevole alla legge Fornero e con il Ministro del Tesoro Giorgetti sta cercando di trovare risorse per non scontentare gli alleati di Governo.

La situazione economica in talia è in chiaroscuro. L’inflazione, seppure in discesa rispetto all’anno scorso, viaggia ancora intorno al 6%, il PIL complice anche il settore turismo che sta andando a gonfie vele e che da sempre rappresenta l’ancora di salvezza del sistema Italia, si assesterà sull1% ma il settore industriale comincia ad avere dei segni di rallentamento. Ci sono, comunque, buone notizie dal mondo dell’occupazione arrivato ai massimi da oltre un decennio ma al tempo stesso i contratti stipulati sono con retribuzioni molto basse non in linea con gli altri grandi Paesi europei ed il debito pubblico, ormai giunto a quasi 2.800 miliardi preoccupa moltissimo considerando che per effetto dell’alta inflazione nel 2024 gli interessi da pagare saranno di circa 75 miliardi quasi come due leggi di Bilancio.

Consideriamo, inoltre che per effetto della giusta perequazione degli assegni previdenziali che dovranno essere pagati al 100% dell’aumento del costo della vita almeno per quelli fino a 1.600 euro netti al mese, il costo previsto è di circa 9 miliardi e che per cominciare a pagare i dipendenti pubblici a seguito della sacrosanta sentenza della Corte Costituzionale sulla indifferibilità del TFS, il cui costo complessivo è stimato in circa 14 miliardi, si comprende come poco sarà messo nel 2024 dall’Esecutivo in ambito previdenziale e come sicuramente la grande riforma strutturale che tutti gli italiani aspettano da oltre dodici anni sarà per l‘ennesima volta rimandata a tempi migliori.

Si parla che nella legge di Bilancio sarà postato per la previdenza solamente un miliardo e mezzo ed allora, in quel caso, sarebbero rinnovati per un anno solo “Quota 103” (41 anni di contributi sommati a 62 anni di età), l’Ape Sociale con uscita a 63 anni solo per categorie svantaggiate e ampliata Opzione Donna che nel 2023 ha consentito a meno delle metà delle donne dell’anno precedente di potervi accedere. Se invece si farà uno sforzo e si arriverà al almeno tre miliardi si potrà aprire uno squarcio sulla flessibilità in uscita che da sempre rappresenta lo scoglio più difficile da superare, consentendo il pensionamento con 41 anni di contributi con lievi penalizzazioni e attuare la Quota 96 (61 anni di età sommati a 35 anni di contributi) per chi effettua lavori gravosi e usuranti come per esempio tecnici della salute, insegnanti di scuola primaria e pre-primaria, professioni nei servizi sanitari e sociali, artigiani, operari specializzati, agricoltori, lavoratori nei forni e del vetro, operatori in impianti di raffinazione, gas, prodotti petroliferi ecc. ecc., tutte professioni inserite nell’elenco dei lavori gravosi ed usuranti già nella legge di Bilancio 2023.

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