Situazione drammatica per le future pensioni dei giovani

A causa della discontinuità lavorativa e delle retribuzioni troppo basse gli under 35 potranno accedere unicamente alla pensione di vecchiaia e con assegni molto ridotti

StrettoWeb

Una recente indagine effettuata dal Consiglio Nazionale dei Giovani ed EURES (Ricerche Economiche e Sociali) ha messo in luce una situazione che evidenzio da molti anni  e cioè che un giovane che entra adesso nel mondo del lavoro sarà costretto a lavorare quasi fino a 74 anni con un assegno previdenziale che di media sarà di poco oltre i 1.000 euro al mese. A causa della discontinuità lavorativa e delle retribuzioni troppo basse gli under 35 potranno accedere unicamente alla pensione di vecchiaia e con assegni molto ridotti. Serve a questo punto un intervento strutturale per introdurre dei cambiamenti significativi per modificare un sistema di calcolo che progressivamente sta impoverendo sempre più chi esce dal mondo del lavoro costringendo i lavoratori in taluni casi a rimanere sul posto di lavoro più anni per ottenere un importo della pensione che sia decoroso e che consenta loro una serena vecchiaia dopo una vita di lavoro.

Tutto ciò è stato determinato dall’introduzione a partire dall’anno 1996 sotto il Governo Dini del sistema contributivo anziché retributivo nel calcolo dell’assegno previdenziale. Fino al 31/12/1995 vigeva, infatti, in Italia il sistema retributivo che calcolava l’assegno non sugli effettivi versamenti ma facendo una media sugli ultimi anni di retribuzione di ogni lavoratore. A causa di un buco previdenziale che aumentava sempre più, si decise, pertanto, di dividere i lavoratori in tre categorie. Coloro i quali avessero alla data del 31/12/1995 almeno 18 anni di versamenti contributivi avrebbero continuato a godere del “privilegio” del più favorevole sistema retributivo (cessato definitivamente anche per loro con l’introduzione della legge Fornero dal 1/1/2012), chi avesse alla medesima data del 31/12/1995 meno di 18 anni di contributi avrebbe avuto il calcolo effettuato col sistema misto, retributivo prima e contributivo dal 1/1/1996, ed infine coloro i quali avessero iniziato a lavorare dal 1/1/1996 avrebbero avuto il conteggio effettuato integralmente col sistema contributivo.

Questa situazione, seppur corretta dal punto di vista dei componenti economici, tanto versi tanto hai, ha determinato negli anni, a causa di un’assenza di investimenti sulla gestione dei fondi accumulati e per un sistema di coefficienti di calcolo troppo stringente, degli importi di assegni previdenziali sempre più bassi che se non si interverrà velocemente nei prossimi anni saranno quasi al limite della povertà. Nei primi anni di entrata un vigore della legge Dini sulla previdenza quasi nessuno si rese conto della situazione perché coloro i quali si approcciavano al pensionamento nella prima decade degli anni 2000 avendo la maggior parte dell’assegno previdenziale ancora calcolato col sistema contributivo e una piccola parte col contributivo godevano di assegni ancora più che decorosi ma, man mano che passavano gli anni e diminuivano quelli calcolati col retributivo ed aumentavano quelli col contributivo si vedevano in maniera significativa gli effetti. Solo per evidenziare una situazione possiamo dire che nell’anno 2012 la media degli importi degli assegni era di 1.400 euro lordi al mese e nel 2022 questa media era scesa a 1.180 euro lordi al mese. In pratica in appena 10 anni l’assegno medio è diminuito di oltre 200 euro al mese. Continuando di questo passo non ci vuol molto a capire che tra pochi anni la media degli assegni scenderà a meno di 1.000 euro lordi al mese, una cifra che dopo una vita di lavoro è quasi al limite della sopravvivenza.

Le cause di ciò sono molteplici, a partire dalle retribuzioni che sono troppo basse e che in Italia sono ferme da quasi vent’anni, c’è poi una frammentarietà e discontinuità dei lavori soprattutto nei giovani e nelle donne e c’è il problema enorme della denatalità arrivato ai minimi storici nel 2022, nonché  di un calcolo troppo penalizzante nei confronti delle future pensioni, che a mio parere dovrebbero essere tassate in misura minore rispetto a chi è ancora nel mondo del lavoro.

E’ sicuramente un tema importantissimo che va affrontato subito dall’attuale Governo aprendo un confronto a 360° con le forze sociali e datoriali per consentire che chi ha lavorato e versato contributi per oltre 40 anni, come evidenziato dal recente rapporto sopra evidenziato, possa godere di una pensione decorosa per affrontare in serenità gli ultimi anni dell’esistenza.

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