Il vizio di lamentarsi: la fuga dei cervelli, ma anche del buonsenso

L'Italia è fatta a scale c'è chi scende e... critica: un lungo sfogo sul vizietto delle "nuove menti settentrionali", quello di lamentarsi

StrettoWeb

Il Meridione è una terra di mezzo: bellissima e maledetta, bistrattata e culla di cultura, un gioiello incastonato tra il mare e le montagne che, pare, abbia perso splendore con il trascorrere degli anni. Vivere al Sud non è facile: cercare un lavoro, creare una famiglia e, più in generale, realizzarsi sembra essere diventata un’utopia. In tanti, troppi, scappano dalla parte più profonda dell’Italia per inseguire sogni e successo altrove, solitamente al settentrione o all’estero. Una scelta difficile, non senza conseguenze: per costruire una famiglia bisogna lasciarsi quella natìa alle spalle, per avere una carriera lavorativa in ascesa diventa necessario abbandonare le poche possibilità del proprio paese. I giovani fuggono, in cerca di risorse migliori e, prima di loro, tante famiglie si sono trasferite per avere un tenore di vita almeno soddisfacente.

Non biasimo chi parte anzi, lo considero coraggioso: non tutti sono in grado di spingersi così oltre pur di lottare per un futuro diverso. Eppure, vivere altrove non impedisce ai tanti di ritornare nel proprio paese d’origine: d’estate infatti, le famiglie si ricongiungono, i “cugini dal nord” scendono, il figlio che studia a Milano ritorna ad abbracciare la sua mamma. Una prospettiva malinconica e, a tratti, anche romantica, se coloro che tornano si fermassero a questo punto di vista. Ma a noi piace scavare a fondo e, dopo la triste “dipartita” del proprio caro al Nord, dopo i pianti, le separazioni, le gioie condivise da lontano, ecco che, graffiando la superfice, viene a galla una fastidiosa realtà.

Coloro che partono, e poi ritornano, non sono più gli stessi: e no, non intendo che le esperienze di vita li hanno forgiati a uomini (e donne) invincibili, responsabili e incredibilmente intelligenti. Vivere altrove li ha cambiati, ma in peggio. Un vizio infatti, si infiltra nelle nuove “menti settentrionali”: hanno scoperto un’altra fetta di mondo e quello di prima non gli piace più. Tronfi del loro ‘nuovo’ bagaglio culturale, scendono al Sud e, come i padri pellegrini che hanno colonizzato e cristianizzato i “selvaggi precolombiani”, arrivano ad impartirci le nuove regole che, nella nostra terra poco civilizzata, ancora non sono arrivate.

Ovviamente, e ci tengo a precisarlo, non tutti hanno questo vizietto: la maggior parte è felice di “scendere” e passare qualche giorno nei posti in cui sono cresciuti. Punto. Esistono poi quelli che, al momento di fare richiesta ferie, mettono in atto il loro piano: LAMENTARSI. Tronfi del loro nuovo stile di vita, progettano – a partire da aprile – il loro viaggio di maestrini. Come se qualcuno, al momento della scelta della meta estiva, gli puntasse una pistola in testa e li ricattasse: “o torni a fare le ferie nel tuo paesello oppure la Madunina sulla punta del Duomo scende e ti fulmina”. Un viaggio premeditato, già alla scelta del mezzo per tornare: i voli costano cari, i treni non ci sono, con la macchina poi non mi posso portare quei 4/5 chili di roba da mangiare che fa la nonna.

E allora prenoto il pullman, male che va il pacco me lo faccio mandare dopo: ma il pullman, non si sa perché, ancora è dotato di ruote e non di ali e ci mette 14 ore per attraversare l’Italia e arrivare fino a giù. E parte il primo lamento. Dopo l’odissea viaggio, che si ripeterà ovviamente anche al ritorno, mettono piede sul suolo dei “briganti” e parte il secondo lamento: “fa caldo. Mammai mia che caldo fa qua. Ci sono 50 gradi, come fate a stare?”. Come se noi, poveri scemi, potessimo aggiustare il termostato terreno o chiedere a Madre Natura se, al loro arrivo, sarebbe possibile stabilizzare la temperatura a 28 gradi (senza umidità, per favore. Che poi mi si arricciano i capelli).

Mettono piede a casa, abbracciano parenti e amici e partono le due fatidiche domande: “quando sei sceso? e quando te ne vai?” e via con un altro lamento perché “al Nord ognuno si fa i fatti suoi e non sono così pettegoli”. Decidono poi di inoltrarsi nelle terre selvagge dei loro paesi, armati di puzza sotto il naso, pronti a ricordare agli zoticoni rimasti che “al Nord è tutta un’altra cosa”. Sappiamo bene, noi terroni radicati ancora in Terronia, “che lì è tutta un’altra cosa”; anche noi, ma forse lo avete dimenticato, siamo dotati di occhi e vediamo che le cose non vanno: la spazzatura c’è; il mare – in alcuni punti – è inquinato; nei paeselli non è arrivata la differenziata; ci sono lidi abusivi, borghi diroccati, lungomari disastrati e amministrazioni che “si mangiano tutto”.

Ma almeno, con 40 gradi, ci mettiamo sotto l’ombrellone e prendiamo il sole. O meglio, visto che alcuni (per sentito dire) lavorano, con 40 gradi si fanno il segno della croce e vanno a sgobbare. Noi siamo i primi a puntare il dito contro le cose che non funzionano, ma abbiamo scelto di restare e, nel nostro piccolo, facciamo quanto possiamo. Luigi Tuccio, noto avvocato del Foro di Reggio Calabria, già assessore comunale a Palazzo San Giorgio, ha riassunto in una domanda – diretta e concisa – quanto detto finora: “ci sono persone (per lo più ovviamente sinistroidi) scappate da Reggio decine di anni fa e che oggi vanno fiere della loro settentrionalità, ostentano benessere e professionalità e tornano in estate o nelle feste comandate a rompere i cog…. ehm a trascorrere le vacanze, durante le quali denigrano, sparlano, si lamentano, seminano zizzanie tra parenti, fanno paragoni e si sentono padreterni colonizzanti….. ora dico: visto che siete bravi e ricchi ma perché non vi andate a fare na bella vacanza alle Maledive anziché mi nci rumipiti i cugghiuna a Rriggiu?”.

Prendo quindi spunto dalla domanda dell’avvocato Tuccio e la estendo all’intero territorio calabrese: se tutto vi fa così schifo e siete andati via, perché continuate – puntualmente – a tornare? Qualcuno potrebbe ribattere dicendo che “vengo a vedere la famiglia”: e allora, se lo scopo è riunirsi ai propri affetti, perché non godete della compagnia e della fortuna di averli ancora, questi affetti, e vi rilassate un attimino (dato che siete pure in ferie)? La prossima volta che tornate “giù”, ricordate di mettere in valigia indumenti leggeri, costumini, la crema solare e lasciate “la puzza sotto il naso” al Nord. E, come si dice dalle mie parti,” i petr si chiaman mazzacan”: anche se andate altrove per realizzare i vostri sogni, ricordate che sempre qua siete nati.

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