Il fastidio di pensare – La prodigiosa scalata

Giorgio Napolitano è la figura che più d’ogni altra nell’ultimo secolo ha messo a nudo la miseria della politica italiana

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Quella di Giorgio Napolitano è forse tra tutte, e ce ne vuole, la figura che più d’ogni altra nell’ultimo secolo ha messo a nudo la miseria della politica italiana. In una intera vita dedicata alla politica ha attraversato tutte le ideologie, anche radicalmente contrapposte, con straordinaria nonchalance e secondo le opportunità del momento. Nato politicamente fascista quando il fascismo era ancora in auge si converte poi al comunismo stalinista diventando un freddo esecutore d’ordini dei vertici del partito, diventa poi un simpatizzante craxiano durante la promettente ascesa del leader carismatico socialista per completare infine il suo cammino lungo dell’arco politico aggiungendo un nuovo pentimento e convertendosi al filocapitalismo nella sua forma più becera e spietata, quello bancario.

Di fronte a così tante piroette politiche viene da pensare a un vecchio vizio italico, quello che Guicciaridni chiamava il “particolare mio”, che tradotto nel linguaggio de noantri si potrebbe definire: non mi importa chi servo, basta che me ne venga qualcosa, e ci spruzziamo sopra un po’ di ideologia tanto per darle un po’ di altisonanza. Solo che mentre il politico fiorentino una intelligenza politica e un ideale ce l’aveva, e sapeva di stare dalla parte sbagliata e lo riconosceva ma sapeva in quella sgangherata situazione che gli offrivano i tempi di non potere fare altrimenti, l’illustre statista napoletano abbiamo il sospetto che di politica non avesse una grande intelligenza, poiché per tutta la vita quando gli si presentò l’opportunità di scegliere scelse sempre la parte sbagliata (anche se in quel momento, in maniera miope, gli sembrava quella vincente) salvo poi essere costretto a passare dall’altro lato con tante scuse: non ebbe mai l’intelligenza di comprendere con un po’ di lungimiranza il cammino della storia, e si trovò sempre a inseguirla e a dovere cambiare cavallo di volta in volta con qualche scusa abborracciata alla meno peggio.

Ma in Italia questo non importa molto perché, appunto, se ti sai vendere bene e ti dimostri pentito, un posto alla fine lo trovi sempre: non importa tanto quello che sei stato ma quello che prometti di diventare. E infatti crediamo che sia questa la vera tragedia che impone una riflessione di un uomo come Napolitano nel sistema politico italiano.

Lui infatti nonostante quanto si è detto sopra, tra mille giravolte e mille errori, si è mosso sempre tra cariche tra le più alte del sistema fino ai vertici assoluti. E se, appunto, uno con un curriculum come il suo è arrivato tanto in alto senza che l’intero sistema politico trovasse tra i suoi anticorpi il modo di rigurgitarlo o di sostituirlo durante la sua prodigiosa scalata e alla fine addirittura lo abbia non solo sempre premiato ma addirittura si sia messo a implorarlo di farsi rieleggere presidente nonostante una gestione della carica al limite della costituzionalità allora questo fa capire come è la politica italiana a dimostrarsi estremamente fragile e drammaticamente a corto di personalità da non potersi accontentare di meglio.

Mussolini diceva che se anche non lo avesse voluto sarebbe stato impossibile non diventare un padrone in uno Stato di servi. C’è qualcosa di tragicamente vero in questa affermazione: non crediamo che le dittature vengano per il ghiribizzo di qualcuno ma è sempre il sistema che le prepara e che è disposto, forse anche per stanchezza, ad accettarle. Solo che, appunto, c’è dittatura e dittatura, e se pure ti ritrovi ad implorare di avere un re, alla fine almeno trovatene uno buono. Crediamo che non sia sempre colpa del popolo se poi la democrazia si spegne lentamente e il popolo, disilluso, dopo averle provate tutte, si stanca anche di andare a votare. Non sappiamo fino a che punto questa sia una nazione di servi, e fino a che punto questa politica finisca per assomigliarci: se la democrazia non riesce a produrre altro che queste mezze tacche allora ci si deve accontentare e tirare avanti con quello che si ha, ma almeno al di là della retorica di circostanza non facciamo finta di vedere abiti regali ai re che camminano nudi solo per coprire non le sue ma le nostre miserie.

 

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