Finalmente, dopo ventuno giorni dall’esito del bando, con la Commissione Controllo e Garanzia di ieri sono diventati pubblici i business plan delle società che si candidavano al Comune di Reggio Calabria per la Licenza ad ottenere l’iscrizione in sovrannumero in serie D a seguito della scomparsa della Reggina 1914. Abbiamo quindi ottenuto, visionato e studiato approfonditamente le due domande pervenute da parte della Fenice Amaranto e dalla Reggio Football Club e ne pubblichiamo ampli stralci relativi alle informazioni utili ai cittadini per avere piena contezza di quanto accaduto. E di quanto accadrà.
Il sindaco f.f. Brunetti ha deciso di assegnare la Licenza alla Fenice Amaranto, esaltandone proprio il business plan considerato “di gran lunga superiore a quello dell’altra cordata”. L’argomento del business plan in queste tre settimane ha alimentato grandi dibattiti e discussioni che hanno raggiunto un’eco nazionale per il coinvolgimento di Stefano Bandecchi, che ha ritenuto offensiva la preferenza della Fenice rispetto al suo progetto. E analizzando i documenti abbiamo capito meglio il perchè.
Il business plan della Fenice Amaranto è assolutamente inadeguato nei contenuti, nei numeri e nei dati, totalmente fuorviante negli scenari e completamente fuori dalla realtà nelle aspettative. Si tratta di un progetto zeppo di clamorose gaffe e incredibili strafalcioni. Il documento inizia con un “Manifesto del Piano Triennale delle attività sportive”, e le prime due righe sono una romantica citazione volta a spiegare la scelta del nome di cui la società va particolarmente orgogliosa: “Fenice Amaranto”.
Le clamorose bugie su scuola calcio, promozione in serie C e squadra femminile
Nel documento, che pubblichiamo di seguito, emerge chiaramente come la priorità dichiarata dalla nuova società sia la scuola calcio e l’immediata promozione in serie C “con interventi massicci, in termini economico-finanziari e organizzativi, dovuti alla necessità di allestire una nuova società e una squadra altamente competitiva che punti a conseguire l’accesso al settore professionistico all’esito della prima stagione”. Nel documento si legge ancora come anche la creazione di una squadra femminile è “di primaria rilevanza”.
Tutti e tre i propositi, dopo appena 22 giorni, sono già smentiti dai fatti. La società, infatti, una settimana fa ha annunciato che non farà scuola calcio, smentendo il business plan, e di squadra femminile non si è neanche parlato. Inoltre l’organico allestito per la squadra è lontano anni luce da poter essere considerato competitivo per la vittoria del torneo, tanto che la tifoseria è già rassegnata a disputare la serie D anche il prossimo anno. Ovviamente su questa prospettiva dovrà essere il campo ad esprimersi, e fin qui il pareggio a reti bianche con il San Luca alla prima giornata non è certo confortante, ma rimane il beneficio del dubbio sull’eventualità che mister Trocini con Nino Barillà & company possano compiere quello che sarebbe uno dei miracoli sportivi più grandi della storia.
Nel documento programmatico si legge anche che “Il nostro obiettivo primario è la creazione di un centro d’eccellenza territoriale; riconoscendo l’importanza di far crescere le giovani promesse, il progetto si basa sulla costruzione di strutture che siano all’avanguardia calcistica, sia in termini infrastrutturali che didattici, sia attraverso le squadre giovanili, che la vera e propria scuola calcio. Questi luoghi rappresenteranno non solo serre di talenti calcistici, ma anche incubatori di valori civici ed etici”. E ancora “La Fenice Amaranto, nella sua visione progressista, intende istituire, a fianco della scuola calcio, diverse squadre giovanili, coprendo un ampio spettro di fasce d’età”. Come si può conciliare tutto questo con l’annuncio, appena due settimane dopo la vittoria del bando, di rinunciare alla scuola calcio? Quello che hanno scritto nel bando era soltanto l’ennesima presa per i fondelli a questa città?
Nel progetto per il primo anno in serie D, si legge addirittura quanto segue: “La nostra visione è cristallina e ambiziosa: desideriamo elevare Reggio Calabria a fulcro del calcio giovanile nel Mezzogiorno, formando al contempo giovani preparati non solo a brillare sul campo, ma a divenire figure di riferimento nella società. In parallelo, il calcio femminile sta vivendo un reale exploit, sia in termini di seguito popolare che di potenzialità economiche, mediatiche e sociali. Rivolgere attenzioni e risorse in questa direzione è una mossa lungimirante, potenzialmente trasformativa per il futuro del club e dell’intero panorama sportivo. […] Puntando sul calcio femminile, diversificheremo le fonti di guadagno, espandendo le opportunità del club; essere precursori nel calcio femminile potrebbe consolidare la nostra reputazione, creando un legame ancora più stretto con una base di fan in crescita”. In ogni caso, la Fenice non sarebbe “precursore” di nulla sul campo del calcio femminile che è ormai una realtà affermata da anni. E comunque la società non ha mosso un passo in tal senso, neanche in termini organizzativi per il futuro.
L’assurda gaffe sulla “Lega Pro”
Giova inoltre rilevare che nel corso di tutto il documento, la Fenice Amaranto chiama la serie C con il suo vetusto nome “Lega Pro”. Eppure il torneo di Serie C si è denominato “Lega Pro” soltanto per tre stagioni, dal 2014 al 2017, quando poi il 25 maggio 2017 l’assemblea di Lega ha approvato all’unanimità il ritorno alla denominazione originaria, “Serie C“, in quanto è stato ritenuto il nome originario quello più rappresentativo per tifosi e appassionati. Sono passati 7 lunghi anni da quando è tornata a chiamarsi “Serie C“; presentate un business plan ufficiale in un bando pubblico dimostrando di non conoscere neanche il nome della categoria che si ambisce a conseguire, ci sembra particolarmente indicativo sull’approssimazione e la scarsa conoscenza del mondo del calcio di questo gruppo, che tra l’altro ha preparato questo documento con larghissimo anticipo e ha consegnato la domanda il 6 settembre, con un giorno di anticipo rispetto alla scadenza. Per fortuna non hanno parlato di obiettivi europei, altrimenti già immaginiamo che avremmo potuto leggere “Coppa UEFA” al posto di Europa League.
Le bugie anche sul logo, marchio e storia
Fondamentale il passaggio in cui si legge che “nel corso della prima stagione e auspicabilmente prima della sua conclusione, è nostro obiettivo ottenere con le modalità di legge, la titolarità ovvero la disponibilità della denominazione originaria ‘Reggina’, i relativi marchi, stemmi, loghi e colori“. Dopo 22 giorni, però, nessuna richiesta in termini di legge è stata compiuta alla proprietà della Reggina 1914.
Gli inquietanti passaggi sul bilancio
Particolarmente inquietanti i passaggi sul bilancio del primo anno. “Tornando al principale obiettivo sportivo della prima stagione – la promozione alla Lega Pro (sì, quella che da 7 anni si è tornata a chiamare Serie C, sigh! ndr) – e approfondendo il tema dei costi gestionali, riteniamo che nella prima stagione, per affrontare un campionato di serie D di vertice, possano essere previsti costi per circa euro 1.713.500,00“. Addirittura hanno calcolato anche i 500 euro, oltre al milione e 713 mila, specificando in seguito il dettaglio con cui hanno raggiunto questa cifra: 400 mila euro per l’iscrizione, 925 mila euro per il personale, 65 mila euro per le trasferte, 45 mila euro per abbigliamento e strumenti tecnici, 105 mila euro per le spese sanitarie, squadre giovanili, allenamenti, ritiri e “costi vari“, 100 mila euro per canoni e gestione di stadio Granillo e centro sportivo Sant’Agata.
Le assurdità sul numero di tifosi allo stadio
Il punto più esilarante in assoluto di tutto il documento è invece quello sui ricavi previsti dalla tifoseria. “Confidando nei ricavi da abbonamenti e ticketing (in italiano sarebbero i biglietti, ndr), ci aspettiamo approssimativamente, ovviamente previo allestimento di una compagine competitiva, una presenza massiccia allo Stadio di circa 10.000 spettatori per ogni gara casalinga, per un ricavo annuo stimabile auspicabilmente in circa Euro 490 mila“.
Avete capito bene: la Fenice pretende 10 mila spettatori ogni domenica al Granillo! Cioè lo stesso identico numero che la Reggina ha avuto nella stagione 2019/2020 quando ha conseguito la storica promozione in serie B dominando per distacco il campionato di serie C! L’unico precedente di serie D, nel 2015/2016, con Mimmo Praticò e una situazione in cui c’era molto più entusiasmo rispetto ad oggi, la media degli spettatori fu di 2.325, più di mille in meno degli abbonati di quell’anno. Come si può pensare che in serie D la Reggina possa fare 10 mila spettatori medi? E sopratuttto, come si può pensare che con 10 mila spettatori medi l’incasso sarebbe di 490 mila euro? Significa 2 euro e 70 centesimi a tifoso! Eppure il costo di biglietti e abbonamenti è enormemente superiore! Se davvero ci fossero 10 mila spettatori medi con un costo medio del biglietto/abbonamento quantificabile in 7€ a tifoso, l’incasso annuo complessivo sarebbe superiore a 1 milione e 300 mila euro. Quindi di certo c’è che alla Fenice non sanno fare i conti, si aspettano dai tifosi della Reggina numeri impossibili e spropositati, e in ogni caso non conoscono le basi della matematica.
Il documento programmatico per il primo anno si conclude con il seguente paragrafo: “Pertanto, contiamo, per la prima stagione sportiva, di allestire una formazione competitiva e una struttura societaria già di livello professionistico, che possa conseguire la promozione in Lega Pro (rieccoci! ndr) e affrontare il settore professionistico senza eccessivi interventi sul piano organizzativo“. Addirittura. Non solo la squadra per vincere il campionato, la squadra femminile e la scuola calcio, ma anche un’organizzazione societaria così importante e ben strutturata da non doverla modificare il prossimo anno in serie C perchè già oggi di livello superiore! Tutto questo film di fantascienza, dopo 22 giorni, dov’è?
I deliri su serie C e serie B
Sul piano per il prossimo anno in “Lega Pro“, come la chiamano i catanesi della Fenice Amaranto, è meglio stendere un velo pietoso. Potete leggerlo nei documenti di seguito, ci limitiamo a far notare che si aspettano “incrementi, tanto in termini di abbonamenti e ticketing match day (in italiano sono sempre i biglietti delle partite, ma in inglese dalle parti della Fenice ad ogni categoria superiore devi aggiungere una parolina, ndr), che arriverebbero a Euro 1.502.500,00“. Anche qui abbiamo il calcolo fino a 500 euro di dettaglio, su una cifra superiore al milione e mezzo. Ma se il calcolo che avevano fatto per la serie D era corretto, cioè 10 mila spettatori a partita significa 490 mila euro di incassi, e poi in serie C si aspettano più del triplo di incassi, significa due cose: o che si aspettano più del triplo dei tifosi (che sarebbero oltre 30 mila, ben oltre la capienza del Granillo), o che pensano di più che triplicare i prezzi di quest’anno (quindi in serie C un biglietto in Curva 22 euro, un biglietto in Tribuna laterale circa 50 euro).
Addirittura per la serie B (già, perchè quelli della Fenice prevedono di vincere subito, al primo anno, la prossima stagione, anche il campionato di serie C!) si prevedono incassi dagli spettatori delle partite in 5 milioni e 580 mila euro. Roba che neanche in serie A…
La domanda sorge spontanea: chi ha scritto questo business plan, cioè la Fenice Amaranto, ha idea di come funziona il mondo del calcio? E soprattutto, come ha fatto il sindaco Brunetti ad assegnargli la Licenza con questi presupposti? Delle logiche di comparati abbiamo già parlato a lungo su StrettoWeb nelle ultime settimane, ma questo documento conferma che non c’era alcun presupposto valido – nel merito – per poter davvero assegnare alla Fenice questo bando. E lo può appurare chiunque leggendo i documenti che pubblichiamo, specificando che le evidenziazioni in giallo sono state apposte direttamente dal Comune (forse proprio dal Sindaco?).