La Reggina, la Viola e quell’amore infinito per Reggio: il grande sogno di Myenergy, parla Totò di Saline | INTERVISTA

Intervista all'ing. Antonio Praticò, direttore commerciale di Myenergy che parla per la prima volta dopo l'interesse per la Reggina e la Viola

StrettoWeb

Hanno provato a prendere la Reggina, adesso stanno investendo nella Viola, hanno realizzato un progetto straordinario per il futuro della città ben oltre i confini dello sport e hanno da tempo il sogno di vedere crescere e svilupparsi la loro terra di origine: stiamo parlando di Simone Foti e Antonio Praticò, rispettivamente amministratore e direttore commerciale di Myenergy, azienda del settore energetico con sede a Milano ma con una forte identità reggina. Sono stati i principali protagonisti in positivo della tormentata estate dello sport reggino: hanno rappresentato il volto più bello, più sano e pulito, che ha alimentato le speranze di una città che non si vuole arrendere al degrado, all’arretratezza e alla povertà. Ottenere quest’intervista è stato molto complicato, “noi siamo persone abituate a lavorare, non ci interessa essere sotto i riflettori, non siamo abituati e non è la nostra aspirazione, anzi quando sono usciti i primi articoli eravamo un po’ confusi…” confida oggi ai microfoni di StrettoWeb l’ing. Praticò, ormai noto a tutti come Totò di Saline dopo la nostra lettera di incitamento a prendere la Reggina.

Ormai per colpa vostra ci sono tante persone che mi chiamano e mi chiedono se ho spostato la cittadinanza a Saline (ride, ndr). Io in realtà sono di Montebello, come Simone Foti, amministratore e proprietario di Myenergy. Ma io effettivamente ho la casa a Saline, vicino Saline, precisamente tra Saline e Melito. Effettivamente un po’ salinoto sono. Da piccolo ho vissuto venti anni a Reggio, ho fatto il Liceo Scientifico Leonardo Da Vinci e poi sono andato a Milano per l’Università al Politecnico”.

Quando è nata la passione per la Reggina?

Proprio da bambino. Mio padre mi portava allo stadio, quando siamo andati in serie A nel 1999 io avevo soltanto 8 anni. Ero piccolino, con mio padre facevo le trasferte, ho un ricordo incredibile di San Siro, la prima trasferta a Milano, era ancora il 1999 con il rigore parato da Belardi a Shevchenko… Ho seguito tutta l’era di Lillo Foti, anni fantastici. La Reggina è la mia passione più grande, io adesso vivo e lavoro a Milano ma a Reggio vengo appositamente per la Reggina, a volte anche solo per vedere la partita al Granillo: prendo l’aereo, vado allo stadio e torno subito in aeroporto. Pensare dove siamo adesso è una sofferenza assurda, spero che sia l’ultimo episodio negativo della storia della Reggina”.

Proprio da questa sofferenza nasce la voglia di fare qualcosa per la Reggina?

Assolutamente sì. Abbiamo sofferto molto tutta l’estate, anche l’amministratore, Simone Foti, è super tifoso come me. Dopo la sentenza del Tar abbiamo capito che le cose sarebbero andate male, come non avremmo mai voluto, e ci siamo chiesti cosa potevamo fare, quale poteva essere il nostro ruolo, e abbiamo lavorato sodo sviluppando un progetto importante. Pensavamo di portare a Reggio qualcosa di molto importante, che fosse inclusivo e coinvolgesse tutti coloro che volessero il bene di questa terra e di questa città”.

Ripartire dalla serie D è molto difficile: l’ultima volta, nel 2015, è stato l’inizio di un calvario durato cinque lunghi anni.

Lo ricordo bene, spero non si vada mai più incontro a quelle situazioni”.

Avete trovato difficoltà in città?

Non posso negarlo, sono state settimane dure. Volevamo essere promotori di un progetto, inizialmente pensavamo anche da soli, poi abbiamo capito che per il nostro territorio sarebbe stato meglio coinvolgere quanto più possibile tutti i soggetti che avessero voluto far parte del progetto e noi siamo sempre stati convinti che l’unione fa la forza. Poi le cose sono andate come sono andate, adesso non dobbiamo neanche pensarci più”.

C’è un po’ di amarezza per l’esito del bando?

No, noi siamo abituati, partecipiamo continuamente a bandi pubblici e sappiamo che si può vincere e si può perdere. Quando perdiamo facciamo tesoro dell’esperienza fatta e ci stimoliamo a fare meglio per la volta successiva, imparando dagli errori commessi”.

Stavolta però era un bando insolito, davvero pensate di aver fatto degli errori?

Sicuramente questo bando ha avuto dinamiche diverse rispetto a quelle a cui siamo abituati perché è la prima volta che partecipiamo ad una manifestazione d’interesse per una società sportiva; non abbiamo visionato la documentazione e le carte quindi non abbiamo le idee chiarissime, non ci sentiamo di dare un giudizio, ma ormai è andata. Il rammarico non porta a nulla, non possiamo cambiare le cose, sovvertire quanto accaduto. Di solito quando un bando va male dobbiamo interrogarci per capire come fare meglio la prossima volta. In quest’occasione posso dire che a livello di impegno possiamo rimproverarci davvero poco, sul resto non conosciamo i dettagli”.

Avete contatti con la nuova società, magari per rilanciare il vostro progetto?

No, non abbiamo alcun contatto ma io mi auguro il meglio per la Reggina. Siamo i primi tifosi, io oggi la seguirò nonostante ora mi trovi all’estero, la guarderò in diretta perché ci tengo tantissimo. Dobbiamo continuare ad essere tifosi della Reggina, seguirla, esserle vicini e sperare che – come ci auguriamo – le cose vadano bene. Per me dopo l’esito del bando non è cambiato nulla, sono tifoso tanto quanto prima, e mi auguro il meglio per il futuro della squadra che amo”.

Qual è stata la più importante sensazione che ha provato in queste settimane?

La consapevolezza che chiunque pensa di ricoprire un ruolo del genere, alla guida della Reggina, ha una responsabilità enorme: i tifosi meritano risultati importanti, stabilità e serietà. La Reggina è troppo importante per essere di qualcuno: la Reggina è di tutti, di tutto il territorio, di chiunque vuole partecipare in ogni modo alla propria crescita e per questo avevamo fatto un tipo di progetto molto inclusivo che coinvolgesse il territorio. Investire oggi nel calcio è molto difficile, ci possono essere periodi in cui puoi permetterti di prendere qualche milione di euro e poi ci sono altri in cui puoi avere difficoltà a farlo andando incontro a situazioni come quelle che tristemente abbiamo visto alla Reggina. Per noi l’obiettivo principale è quello di vedere crescere il nostro territorio”.

Da qui è nato anche l’interesse per la Viola?

Sì, che sia Reggina o Viola, noi puntiamo sullo sviluppo della nostra terra. Da tanto tempo abbiamo in mente di fare qualcosa per Reggio, per dare un impulso, per fare qualcosa che faccia crescere il nostro territorio. Ed è tuttora il nostro obiettivo e lo avremo sempre. L’interesse per la Viola è stato quasi contemporaneo a quello per la Reggina, perché il focus non era la Reggina ma appunto Reggio. La Viola è un’altra realtà importante, e quindi avevamo pensato già da prima di fare qualcosa di importante: non è un piano B”.

C’è l’idea di andare oltre la sponsorizzazione e rilevare la società?

Sicuramente lo sponsor non è fine a se stesso. L’intenzione è quella, siamo in costante contatto con la Viola e il suo presidente Carmelo Laganà, una persona veramente di cuore che mi ha mostrato cosa ha fatto in questi anni, qualcosa di davvero straordinario. Lo spirito dovrà rimanere lo stesso. Noi non facciamo basket così come non facciamo calcio, ma se possiamo fare qualcosa per il nostro territorio saremo felicissimi: stiamo valutando che tipo di contributo possiamo dare alla Viola, la situazione è in costante evoluzione, se noi saremo convinti al 100% di poter essere un valore aggiunto per questa realtà non avremo alcuna esitazione a scendere in campo anche in altro modo”.

Anche nel corso di questa stagione?

“Perché no. Ci siamo avvicinati da poco più di un mese e già siamo Main Sponsor…”

Seguiva anche la Viola come tifoso da bambino?

Sì, l’ho sempre seguita sin da piccolo, sinceramente non come la Reggina ma comunque l’ho sempre seguita. Ricordo tanti anni in cui uscivamo dal Granillo in serie A e andavamo in massa al Palapentimele dove la Viola era nelle zone alte della serie A1, dove si giocava i playoff scudetto con le big. Erano anni davvero belli. Ed è lì che Reggio deve tornare”.

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