Avvocato reggino: “Falcomatà assolto dalla Giustizia e non dalla politica, avrebbe dovuto dimettersi”

In una email inviata alla redazione di StrettoWeb, l'Avvocato ha anche commentato l'intervista ai nostri microfoni del collega Marco Panella, legale difensore del Sindaco insieme a Giandomenico Caiazza

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Giancarlo Murolo, Avvocato reggino, ha voluto dire la sua sulla vicenda Falcomatà, assolto in Corte di Cassazione dopo le condanne nei due precedenti gradi di giudizio del Processo Miramare. In una email inviata alla redazione di StrettoWeb, l’Avvocato ha anche commentato l’intervista ai nostri microfoni del collega Marco Panella, legale difensore del Sindaco insieme a Giandomenico Caiazza. Riproponiamo il suo pensiero integralmente qui di seguito.

“Egr. Direttore
Le invio questo mio pensiero, dopo aver letto le dichiarazioni dell’illustre collega Avv. Marco Panella, validissimo professionista del Foro di Reggio Calabria, in merito all’assoluzione del dott. Giuseppe Falcomatà, per la quale mi umanamente mi compiaccio.
Il collega, in buona sostanza, ha chiarito, fra le tante ipotesi riportate dalla stampa, che l’assoluzione sia frutto non dell’intervenuta prescrizione, bensì dell’applicazione da parte del Supremo Collegio del terzo comma dell’art. 56 c.p. e ciò ha fatto ipotizzando che le depositande motivazioni non possano discostarsi dai motivi che hanno sorretto il ricorso per cassazione, probabilmente incentrati sul tema del reato tentato e della c.d. desistenza di cui al comma 3 dell’art. 56 c.p.”.

“Per far meglio comprendere ai suoi lettori, fra i quali mi annovero, la portata delle norme di cui all’art. 56 c.p., trascrivo di seguito il testo di detto articolo che così recita: “Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica. Il colpevole del delitto tentato è punito: con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è l’ergastolo; e, negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi. Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso. Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà”.
Orbene, l’ipotesi cui fa cenno l’Avv. Panella è quella che ho sottolineato e trascritto in neretto, ritenuta dall’esimio collega raramente applicata, tant’è che giunge ad affermare che la sentenza “farà giurisprudenza” e su questo ha pienamente ragione, tant’è che essa farà discutere allorquando saranno noti i passi motivazionali per la sua unicità ed originalità”.

“Lieto del successo ottenuto dallo stimato collega, non posso esimermi però dal rilevare che una recentissima sentenza emessa l’1° agosto 2023 dalla Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione n. 33537, in tema di peculato e di applicazione dell’esimente della desistenza ex art. 56, 3° comma, c.p. ha respinto il ricorso dell’imputato non riconoscendo la sussitenza della causa di non punibilità.
In particolare, La S.C. ha ritenuto che per la configurabilità dell’esimente sia necessaria da parte dell’agente (imputato) che “la decisione di interrompere l’azione criminosa deve essere il frutto di una scelta volontaria dell’agente, non riconducibile ad una causa indipendente dalla sua volontà o necessitata da fattori esterni (Sez. 3, n. 17158 del 28/11/2018) dato che la volontarietà non deve essere intesa come spontaneità, per cui la scelta di non proseguire nell’azione criminosa deve essere non necessitata, ma operata in una situazione di libertà interiore, indipendente da circostanze esterne che rendono troppo rischioso il proseguimento dell’azione criminosa (Sez. 4, n. 12240 del 13/02/2018; Sez. 2, n. 7036 del 29/01/2014; Sez. 2, n. 18385 del 05/04/2013) o, comunque, estremamente improbabile il successo della stessa (Sez. 3, n. 41096 del 30/01/2018; Sez. 3, n. 51420 del 18/09/2014; Sez. 4, n. 32145 del 24/06/2012)”.

Nel caso del Sindaco Dott. Giuseppe Falcomatà, come è dato leggere nel suo articolo in commento, la decisione di revocare da parte della Giunta l’atto deliberativo di concessione al proprio amico – conoscente Sig. Zagarella, risalente all’estate del 2015, è maturata dall’ostracismo del dirigente Spanò e dalla risonanza mediatica che il fatto aveva provocato nell’ambiente cittadino, per cui è da ritenere che la desistenza sia stata indotta da tali circostanze”.

“Comunque sia, le sentenze si accettano ma ciò non può impedire a qualsiasi libero cittadino di esprimere le proprie opinioni ed affermare che il Dott. Giuseppe Falcomatà è stato sì assolto dalla giustizia, ma non dalla politica. La politica (dal greco polis città – stato) si rappresenta quale attività pratica relativa all’organizzazione ed amministrazione della vita pubblica (arte del governo) e l’uomo politico che assume una carica amministrativa deve porsi quale unico obiettivo la cura degli interessi della comunità”.

“Nel caso in questione, la determina, poi resa inefficace per la sua successiva revoca, è un documento allora legalmente formato, sebbene fosse sintomo di una mala gestio della cosa pubblica, avrebbe dovuto indurre i responsabili, non penalmente, ad allontanarsi dalla politica con apprezzabili e lodevoli dimissioni. Egregio Direttore, La ringrazio per aver accolto queste mie riflessioni anche se sono pienamente convinto che non verranno prese in alcuna considerazione e che nessuno si dimetterà”.

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