Con il 2024 sarà più difficile andare in pensione

Nella Legge di Bilancio da approvare entro il 31 dicembre norme più stringenti per l’accesso al pensionamento

StrettoWeb

All’interno della Legge di Bilancio che si appresta a cominciare il suo iter al Parlamento per l’approvazione entro il 31 dicembre 2023 sono contenute norme che nessuno si aspettava e che renderanno dal 2024 più difficile l’accesso al sospirato pensionamento. Si sapeva già che nel 2024 non ci sarebbe stata quella riforma strutturale da molti sperata ma quello che è contenuto nella bozza della LdB ha destato molto stupore e smentito tutte le previsioni. Eravamo tutti convinti che ci sarebbe stato il rinnovo di “Quota 103” (41 anni di contributi sommati ai 62 anni di età) invece dal 1° gennaio 2024 per accedere al pensionamento bisogna raggiungere la “Quota 104” (41 anni di contributi sommati a 63 anni di età) ed oltre ai dodici mesi in più richiesti dell’età saranno anche ampliate le finestre mobili che passeranno dagli attuali tre mesi a sei mesi per il settore privato e da sei mesi a nove mesi per il settore pubblico. In pratica per accedere a questo istituto della “Quota 104” serviranno dal 1° gennaio 2024 un anno e tre mesi in più rispetto ai requisiti previsti in questo 2023. Oltretutto è presente anche una penalizzazione relativa alla parte di assegno previdenziale retributivo (fino al 31 dicembre 1995) che si può quantificare nell’ordine di circa il 4%.

Altro peggioramento riguarda l’Opzione Donna dove anche in questo caso viene richiesto un anno in più di età anagrafica. Per accedervi, quindi, sarà necessario avere entro il 31/12/2023 almeno 61 anni di età (rispetto ai 60 attuali) mantenendo lo sconto di un anno per ogni figlio fino ad un massimo di due e 35 anni di contributi ma solamente per alcune categorie svantaggiate come caregivers, invalide almeno al 74% e disoccupate. Ricordiamo che in caso di accesso all’Opzione Donna l’assegno previdenziale sarà calcolato interamente con il più penalizzante sistema contributivo.

Anche l’Ape Sociale subirà un piccolo peggioramento perché viene aumentato a 63 anni e 5 mesi rispetto agli attuali 63 anni di età il limite di accesso mantenendo almeno i 30 anni di contributi ma soltanto per disoccupati, caregivers, invalidi civili e addetti a mansioni gravose. In questo caso di accesso all’Ape Sociale ricordiamo che l’assegno sarà calcolato con il sistema misto ma con le limitazioni dell’importo massimo a 1.500 euro mensili lorde (1.150 nette), senza tredicesima e senza gli adeguamenti dovuti all’inflazione fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia a 67 anni.

Per quanto riguarda l’indicizzazione delle pensioni dovuta all’inflazione che attualmente è al 5,3% questa sarà piena per pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo (2.200 euro lorde), al 90% per quelle da 4 a 5 volte il TM, poi ci sarà un forte decalage che arriva ad appena al 22% della rivalutazione dell’inflazione per quelle oltre a 10 volte il TM.
Per coloro, infine, che hanno cominciato a versare contributi dall’anno 1996 e sono quindi totalmente nel sistema contributivo viene eliminato il limite di 1,5 volte l’assegno sociale per chi accede alla pensione di vecchiaia a 67 anni ma viene inserito un limite più alto di 3,3 volte l’assegno sociale per chi, come previsto dall’attuale normativa in regime di contributivo pieno, volesse accedere al pensionamento all’età di 64 anni.

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