L’epopea del Reddito di Cittadinanza: la testimonianza degli ex percettori

Strumento di aiuto o falsa illusione? Le Iene intervistano alcuni ex percettori del reddito: "non avevamo lavoro prima e non lo abbiamo neanche ora"

StrettoWeb

Un’apocalisse annunciata: introdotto per la prima volta nel 2019, dopo 4 anni al servizio dei cittadini, il Reddito di Cittadinanza è andato in pensione. Oltre un milione di italiani hanno usufruito del supporto economico dello Stato, dai più indigenti fino ai “furbetti”. Frodi, multe, denunce e la gente perbene che moriva di fame. Il Reddito di Cittadinanza ha creato uno spartiacque fin dalla sua introduzione con il governo Conte: c’è chi lo ha lodato, e continua tuttora a farlo come Elly Schlein e chi, sin da subito, si è mostrato contrario. Come Salvini, che ha dimostrato tutto il suo disappunto in una sola frase: “è una sconfitta, ti alzi e vai a lavorare come fanno tutte le persone”.

L’obiettivo del Reddito di Cittadinanza però, sembra essere sfuggito ai più: l’idea infatti era quella di un sussidio temporaneo mentre lo Stato aiutava l’italiano a trovare un impiego. Ma il risultato è stato alquanto disastroso: solo il 20% dei percettori ha effettivamente iniziato a lavorare. E poi la batosta: il Premier Meloni, dopo neanche un anno alla guida dell’Italia, decide di abolirlo (tra l’altro ad Agosto, quando tutti gli uffici preposti sono chiusi perché quelli col posto fisso, si sa, hanno diritto alle ferie). Un’abolizione che ha fatto discutere anche nei modi: un sms sul cellulare che comunicava la sospensione del sussidio.

A 2 mesi dall’abolizione, la Iena Gaetano Pecocaro ha parlato con gli ex percettori provenienti da tutte le parti d’Italia: Alba e Gianni da Torino, Clara dalla Campania (che detiene il primato delle richieste) e Antonio e Daniela di Palermo, in rappresentanza delle isole. Sono racconti tristi, ma due caratteristiche accomunano queste persone: non sono i soliti “divanisti”, quelli che percepivano il reddito stando a casa, ma sono lavoratori da tutta una vita. Alba ad esempio, ha cominciato a lavorare all’età di 9 anni realizzando pellicce, Clara si è sempre occupata dell’assistenza ad anziani e disabili. Antonio invece, ha sempre lavorato nel mondo della ristorazione.

Ma un altro comune denominatore è che gli ex percettori in questione hanno sempre lavorato in nero: oltre 15 anni di lavoro senza contributi, ferie pagate, nessuna speranza di andare in pensione. Eppure tiravano avanti, fino all’arrivo del Reddito di Cittadinanza: hanno fatto domanda, hanno percepito circa 780 euro al mese perché, secondo quanto riportato da Le Iene, hanno perso il lavoro. Antonio ha subìto un infortunio alla gamba mentre Clara, a causa del Covid, non si è potuta più recare nelle abitazioni in cui offriva assistenza ed è stata licenziata.

Il Reddito sembrava quindi un aiuto lodevole, ma è venuto a mancare il fine primario: nessuno di loro infatti ha ricevuto offerte di lavoro da parte dello Stato e, ad Agosto 2023, si sono ritrovati con un pungo di mosche in mano. Il Primo Ministro Meloni ha comunque rassicurato gli ex percettori: percepiranno il reddito (almeno fino al 31 dicembre) coloro che sono disabili, hanno figli minori a carico o non sono più occupabili. Le persone intervistate da Le Iene rientrano però tra i soggetti occupabili: hanno tra i 18 e i 59 anni, non hanno figli a carico e non sono disabili (anche se il servizio poi si contraddice dicendo infatti che Gianni di Torino è cardiopatico).

Dove sta, pertanto, la verità? Il governo Meloni sembra non aver lasciato a piedi gli ex percettori: basta registrarsi alla piattaforma SIISL, inserire il proprio curriculum e aspettare una chiamata dal centro per l’impiego. Il problema però, sono proprio questi ultimi: ricevere una telefonata dal centro per l’impiego equivale a dire trovare l’ago in un pagliaio.

E se, puta caso, sono presenti offerte di lavoro, queste sono davvero irrisorie: Antonio, tramite il CAF di Palermo, si è infatti iscritto alla piattaforma, inserendo un curriculum da lavoratore in nero (?) e sono solo 30 le richieste d’impiego. Ma, nella sola Palermo, si contano almeno 30mila ex percettori.

Un altro problema da affrontare è quello dei corsi di formazione: il SIISL, Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa, prevede che il cittadino partecipi ad alcuni corsi in modo da aggiornarsi ed entrare al meglio nel mondo lavorativo: ma i corsi, ad oggi, non sono stati ancora attivati. Pertanto, anche quel piccolo sussidio di 380 euro al mese, per un anno, introdotto dal governo non è usufruibile.

In ultimo, la SIISL ricorda molto la piattaforma grillina MyANPAL, quella che avrebbe dovuto aiutare i percettori a trovare lavoro. La stessa per la quale, in soli 3 anni, il governo ha speso 25 milioni di euro. Senza contare le famose figure dei navigator, costati 500 milioni di euro. Tutti soldi investiti male e che, sicuramente, avrebbero potuto fruttare meglio se messi a disposizione diretta della cittadinanza.

Intanto la gente protesta e il lavoro scarseggia: sono tanti i punti oscuri da chiarire e tante le migliorie da apportare. Alba, Gianni, Clara, Antonio e Daniela sono soltanto un piccolo spaccato di un’Italia letteralmente squarciata la quale, ancora, fa fatica a riprendersi. L’idea non è tanto garantire o meno un sussidio, ma far sì che la popolazione possa avere un impiego con i diritti che gli spettano, combattendo il precariato e il lavoro nero.

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