Sono passati due giorni dalla sentenza della Corte di Cassazione che ha annullato la condanna nei confronti del Sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, adesso in procinto di tornare a Palazzo San Giorgio dopo due anni di sospensione per la legge Severino. Una sentenza che sta facendo discutere molto la città, soprattutto rispetto ad un particolare giuridico non indifferente: Falcomatà è stato assolto o è stato prescritto? La città ne parla, i politici se lo chiedono con insistenza, anche gli esperti di diritto si interrogano mentre la gente litiga: i sostenitori del Sindaco rivendicano una assoluzione piena, i suoi oppositori invece sottolineano che si sarebbe trattato soltanto di una prescrizione. Ma la verità può essere una sola ed è nella decisione della Corte di Cassazione.
I giudici della Suprema Corte non hanno parlato né di assoluzione né di prescrizione nell’unico documento in cui si sono espressi che è il dispositivo che fornisce l’esito dell’udienza. Per Falcomatà e tutti gli altri imputati il dispositivo recita quanto segue: “annulla senza rinvio ai sensi dell’articolo 56, comma terzo, del codice penale”. Ecco il documento:
Questo però non significa che la Cassazione abbia stabilito che l’operato di Falcomatà fosse corretto: per intenderci, l’assoluzione non arriva perchè “il fatto non sussiste” o perchè “il fatto non costituisce reato”. Non c’è la formula piena: l’assoluzione dall’abuso d’ufficio è stata infatti emessa “ai sensi dell’articolo 56, comma terzo, del codice penale”. E cosa prevede l’articolo 56, comma terzo, del codice penale? L’articolo 56 si intitola “delitto tentato” e recita che “chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica“. Il comma terzo, tirato in ballo dalla Cassazione per il processo Miramare, recita testualmente: “Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso”. I giudici della Cassazione, quindi, assolvendo Falcomatà e l’intera Giunta – almeno fino a diversa specifica nelle motivazioni – non avrebbero riconosciuto la bontà del loro operato ma hanno espresso una valutazione tecnica giuridica, sottolineando come non fosse corretto condannarli per abuso d’ufficio facendo riferimento ad un altro reato che è quello del tentativo di commettere un delitto. Effettivamente, dopo lo scandalo destato dalle polemiche delle opposizioni, della stampa e della società civile, nel 2015 la Giunta ha ritirato la delibera con cui concedeva il Miramare all’imprenditore amico del Sindaco Paolo Zagarella. Ma in ogni caso la prima delibera c’era stata, e Zagarella le chiavi le aveva avute. Poi effettivamente l’Amministrazione ha fatto un passo indietro e quindi il reato non si è compiuto, ma comunque è stato tentato.
Ma allora perchè la Cassazione non ha rinviato il processo in Corte d’Appello per valutare se c’è stato un altro reato, quello di tentato abuso d’ufficio? Solitamente, quando i giudici della Suprema Corte ravvisano un errore tecnico in una precedente condanna ma senza riconoscere la totale innocenza degli imputati, rimandano il faldone in Corte d’Appello evidenziando che il reato per cui era stata emessa la condanna era sbagliato e bisognava valutare la sussistenza di eventuali altri reati. E qui veniamo alla prescrizione di Falcomatà: il rinvio non ci sarebbe stato proprio perchè l’eventuale altro reato, quello di “delitto tentato”, è ormai prescritto.
Qualora davvero fosse questa la ricostruzione dei giudici della Cassazione, Falcomatà sarebbe stato sì assolto dall’abuso d’ufficio, ma anche prescritto da un altro reato che potrebbe comunque avere commesso. Di fatto, il processo Miramare finirebbe quindi con una prescrizione. Un dettaglio totalmente ininfluente rispetto al suo ritorno come Sindaco con pieni poteri (sarebbe rientrato anche in caso di prescrizione dall’abuso d’ufficio), ma molto importante dal punto di vista politico perchè in ogni caso certificherebbe che nell’assegnazione del Miramare l’Amministrazione aveva operato al di fuori delle regole.
E’ un po’ come l’omicidio e il tentato omicidio: un paragone esclusivamente metaforico che ovviamente nulla ha a che vedere con Falcomatà, ma può essere illuminante dal punto di vista giudiziario. Se tizio ha provato ad uccidere una persona ma non ci è riuscito, magari perchè dopo che aveva raggiunto la sua vittima e aveva iniziato a sparargli ha visto la Polizia e quindi ha riposto la pistola senza compiere il delitto, ovviamente non sarebbe corretto incriminarlo e tantomeno condannarlo per omicidio. Perché non ha ucciso, appunto. Ma non significa che non abbia tentato di farlo. Falcomatà, erroneamente secondo la Cassazione, è stato inquisito e condannato per un abuso d’ufficio che non c’è stato ma sarebbe comunque stato tentato: se la condanna fosse stata per un altro tipo di reato, il tentativo appunto di concedere il Miramare all’imprenditore amico, forse la sentenza della Cassazione sarebbe stata diversa. La sentenza della Cassazione, quindi, non dimostra che Falcomatà si è comportato bene, ma che i giudici che lo hanno condannato avrebbero sbagliato tipo di reato commettendo per tutti gli imputati un errore giudiziario. Anche molto grave, viste le conseguenze sulla vita politica della città e la sua rappresentanza democratica (ma questo dipende da quell’assurdità giustizialista, anti democratica e illiberale della legge Severino che quando verrà abolita sarà sempre troppo tardi).
E’ bene precisare che si tratta soltanto di un’ipotesi che potrà essere confermata (o smentita) esclusivamente dalla pubblicazione delle motivazioni della sentenza. Di certo, però, ci sono le dichiarazioni delle fonti più attendibili e autorevoli: il TG di La7 spiega come “il procuratore generale e gli avvocati di Falcomatà avevano chiesto alla suprema corte di annullare la sentenza di condanna, anche perchè – aveva detto la pubblica accusa – la revoca della concessione dell’hotel all’imprenditore avrebbe configurato un altro tipo di reato che ora è andato prescritto” e Sky TG24 aggiunge che “la Cassazione ha accolto la richiesta degli avvocati Marco Panella e Giandomenico Caiazza”. Significa quindi chiaramente che gli stessi avvocati di Falcomatà hanno chiesto alla Corte di assolvere Falcomatà per un abuso d’ufficio che non c’è stato, e di prescriverlo per eventuali altri reati. Accogliendo il ricorso dei legali – particolarmente brillanti in questa azione – la Cassazione ha quindi con ogni probabilità confermato proprio questo quadro.
In linea teorica, ci potrebbe essere un’altra ipotesi: la Cassazione potrebbe aver considerato che Falcomatà sarebbe totalmente innocente, quindi non avrebbe commesso alcun tipo di reato, neanche il tentativo di abuso. Questo scenario, oltre ad essere decisamente inverosimile perchè comunque la delibera di assegnazione c’era stata – seppur poi ritirata – e le chiavi a Zagarella erano state materialmente date, viene comunque smentito dal riferimento del dispositivo all’articolo 56 del codice penale, che è proprio quello dei delitti tentati, e comunque dal fatto che la Cassazione non entra nel merito di nuovi reati che non erano mai stati presi in considerazione nei precedenti gradi di giudizio. Se durante l’udienza di Cassazione emergono nuovi particolari che ribaltano la scena processuale, in ogni caso i giudici della Suprema Corte rinviano in Appello per i dovuti approfondimenti. Insomma, se il tentativo di abuso c’è stato o meno non lo avrebbero deciso comunque in Cassazione quindi l’ipotesi descritta in precedenza (non c’è stato rinvio per sopraggiunta prescrizione) appare la più convincente.
Nelle brevissime dichiarazioni rilasciate dopo la sentenza, uno degli avvocati di Falcomatà, Giandomenico Caiazza, ha detto: “Leggeremo le motivazioni ma dal dispositivo si capisce che la condanna viene annullata senza rinvio perché è riconosciuta quella che tecnicamente si chiama ‘desistenza volontaria’ ossia la delibera non ha mai avuto un seguito concreto”. Anche Caiazza, quindi, non si sbilancia sulla prescrizione e fa riferimento alla desistenza prevista dall’articolo 56 del codice penale, che prevede altre fattispecie di reato differenti rispetto all’abuso d’ufficio su cui Falcomatà era stato condannato e adesso è stato assolto; altre fattispecie di reato su cui adesso Falcomatà non può essere più giudicato perchè sono trascorsi più di otto anni ed è quindi sopraggiunta la prescrizione. Da qui la decisione della Corte di annullare “senza rinvio“. Ecco perchè Falcomatà dovrebbe essere stato sia assolto che prescritto. Con la riserva dell’ufficialità che arriverà soltanto tra qualche mese con la pubblicazione delle motivazioni quando anche su StrettoWeb potremo pubblicare tutti i dettagli sulla sentenza aggiornando le informazioni odierne e dando una risposta definitiva alla domanda se si è trattato di assoluzione o prescrizione, eliminando tutti i se, i forse e i verbi al condizionale oggi inevitabili in questa ricostruzione.