Il fastidio di pensare – Questioni di nome

La commissione toponomastica, che sta un po’ rivoluzionando i nomi delle vie cittadine, ha intitolato una villetta alla memoria di Francesco Chirico per ricordarne l’attività poetica, letteraria e giornalistica

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Leggiamo che la commissione toponomastica, che sta un po’ rivoluzionando i nomi delle vie cittadine, ha intitolato una villetta alla memoria di Francesco Chirico per ricordarne l’attività poetica, letteraria e giornalistica. Da sempre abbiamo sostenuto che bisognava mettere un po’ d’ordine alla confusione delle vie cittadine nata da chi ha costruito negli ultimi decenni un po’ come e dove voleva. Ma abbiamo sempre pensato che nell’intitolazione delle strade forse sarebbe opportuno ricorrere a nomi di indiscutibile altezza come Dante o Manzoni, visto che in un paese litigioso come il nostro anche il celebratissimo Garibaldi è adesso divenuto sospetto, o magari mettere solo dei numeri progressivi come, aridamente ma molto praticamente, fanno gli americani. Si è invece qui deciso di recuperare nelle intitolazioni un po’ di memoria storica che è certo ottima idea, purché sia fatta con criterio, e con una certa cultura.

Nel mio girovagare per le città italiane ho potuto vedere, con sorpresa ma anche con ammirazione, che ognuna tutelava la propria memoria storica con epigrafi in cui metteva in risalto gli episodi che nello scorrere della storia la avevano contraddistinta, e risaltava quanto di meglio era capitato tra le proprie mura. E questo, beninteso, non solo le grandi città che nel loro passato di capitali culturali si sono trovate a dare ospitalità un po’ a tutta la cultura internazionale, ma ogni piccolo borgo ci ha sempre tenuto ha far risaltare episodi illustri del proprio passato. Quando invece si passeggia per Reggio con mestizia si potrebbe pensare che nulla sia capitato nei secoli tra queste strade e all’ombra di questi palazzi se ci si è ridotti a dedicare strade e villette ai Francesco Chirico, che fu certamente un’ottima persona ma anche poeta e scrittore ben modesto.  E questo è solo, beninteso, l’ultimo nome di una lunghissima serie di oscure figure che adesso compariranno tra gli indirizzi cittadini.

Forse da nessuna parte più che tra le nostre vie si potrà provare la frase sorniona di Ennio Flaiano che quando il duce parlava degli italiani come “un popolo di poeti, di santi di navigatori …” completava dicendo “ … di nipoti, di cognati …” Altrimenti non riusciremmo a comprendere certe intitolazioni a figure così scolorite, magari sicuramente brav’uomini, ma appartenenti taluni a un intellettualismo sbiadito, altre più al regno del folklore e cert’altre solo a buoni ambienti se per comparire su una scritta non ci s’è peritati neanche di attendere per qualcuno i dieci anni che la legge prescriverebbe (paradossale se poi di quella legge erano servitori). Sembrerebbe quasi, a legger questi nomi, che per tirar fuori quello a Reggio non sia successo nell’ultimo secolo davvero nulla di rilevante e la storia seria non la abbia neanche sfiorata.

Ma non è così naturalmente. Per quasi vent’anni sono andato a pietire negli assessorati di diverso colore che si sono succeduti tra le varie amministrazioni che si ponessero epigrafi marmoree (ed è indicativo che già non ci fossero) dove viveva Salvatore Quasimodo, nel laboratorio dove è cresciuto Gianni Versace, nel luogo dove Giovanni Pascoli era andato a incontrare Vitrioli che considerava il suo maestro di poesia latina … Ma ne ho ottenuto solo vuote promesse che sapevano tanto di sberleffi. E la targa che ricorda Boccioni è ormai consumata e illeggibile, così come quelle sulla via Marina, poste a suo tempo da una generazione politica che ancora conosceva la storia e che si faceva consigliare da intellettuali seri. E a vedere adesso queste intitolazioni sembrerebbe che qui non siano nati scrittori, o poeti, o giornalisti seri. Ma neanche questo è vero. È la città di Giovanna Gulli, considerata la più grande scrittrice calabrese morta giovane nel primo Novecento celebrata dal mondo intellettuale milanese ma ignorata dalla sua stessa città; e di giornalisti di rilievo frequentatori di giornali e riviste di rilievo se ne potrebbero elencare almeno una decina. E se ampliassimo lo sguardo alla provincia, questo mondo culturale sarebbe ancora più vasto, ma è un mondo non solo dimenticato, ma – ed è ancor peggio – ignorato. Proprio nella città che di questa provincia dovrebbe essere il centro dinamico.

Questa è una generazione di semianalfabeti che guarda in basso perché ignora quello che era più in alto, e ne gonfia i titoli sperando così di giustificarne l’importanza. Ma è solo l’importanza delle parole. Chi passeggia per Reggio non deve sapere cosa è successo in queste strade e chi ci è passato non deve leggere i grandi nomi ma nomi irrilevanti. Ma in fondo è anche giusto che una villetta sia infine dedicata a Francesco Chirico (e mi scuso se uso solo il suo nome, solo l’ultimo e pluribus) perché ogni luogo deve assomigliare a sé stesso e questa città, a guardar bene, assomiglia mentalmente, nella sua misera dimensione provinciale, più a questi che ad altri. E nel non sapere vedere il mondo alto per perdersi in quello di assoluta irrilevanza si spiega perché è agli ultimi posti nelle classifiche nazionali come qualità del vivere. Non per quello che è o potrebbe essere, ma per quello che non ha il coraggio di non volere e sapere diventare.

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