Gratteri presta giuramento a Napoli e si racconta: dall’infanzia povera ai sette milioni per la Procura di Catanzaro

Ieri, sulle pagine del Corriere della Sera, Nicola Gratteri ha raccontato la sua vita. Oggi il giuramento alla Procura di Napoli

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Nicola Gratteri presta oggi giuramento al Tribunale di Napoli, insediandosi a capo della Procura. Ieri, sulle pagine del Corriere della Sera, ha raccontato la sua vita: un’infanzia poverissima, il lavoro nell’orto, i suoi tanti anni sotto scorta, i ben 25 anni senza poter fare un bagno in mare. E poi gli arresti di coloro che erano stati anche compagni di scuola. Arrivato a Napoli, spiega, prima delle priorità, “intanto devo entrare in Procura“.

Per prima cosa devo ascoltare tutti. Io faccio 4-5-10 riunioni in un giorno. Arrivo alle otto, esco alle 20, mangio sulla scrivania, non mi alzo finché non ho preso una decisione, mettendo a disposizione la mia esperienza“. In merito all’ambiente partenopeo aggiunge: “Non esiste un posto dove non si può entrare. Nei bunker sotterranei lunghi chilometri abbiamo catturato dieci latitanti, grazie alle tecnologie e a fantastici uomini ragno“.

Non sono attaccato alle poltrone. Per me è importante servire lo Stato. Non è retorica, ma mentre cammino nei corridoi della Procura se trovo luci accese in una stanza e non c’è nessuno io le spengo: e chi le ha lasciate accese sa che sono passato. Certo, bisognerebbe capire chi ha detto a Napolitano che non potevo fare il ministro: Renzi mi aveva dato carta bianca“. Il riferimento è a quando era stato indicato come Guardasigilli. Indicazione che poi si è risolta in un nulla di fatto.

Cos’è la libertà

In merito invece alle scelte e alle tante rinunce fatte Gratteri dice di trovare la sua libertà “nella convinzione che quello che faccio serve, è utile alla collettività. La libertà non è andare in bici o farsi un bagno al mare. La libertà è stare anche per un anno sotto una pietra, fermo, immobile, ma poi poter dire quello che si pensa e guardare tutti negli occhi“. E si sente orgoglioso “sul piano morale, di aver ridato la speranza ai calabresi. Sul piano pratico, di aver costruito fisicamente la nuova Procura, la più bella d’Italia, in un convento del Quattrocento che stava cadendo a pezzi. Avevo iniziato a pensarlo il 16 maggio 2016, il giorno in cui mi sono insediato a Catanzaro. Sono andato a Roma a fare la questua e ho trovato i sette milioni e mezzo che servivano. È stata la prova che la Calabria non è la regione delle incompiute. E poi abbiamo costruito l’aula bunker più grande al mondo“.

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