Crollano le accuse per Lucano: Mimmo è un inguaribile sognatore, difensore degli ultimi e dei diseredati

Sono convinto che presto la Corte di Cassazione renderà giustizia piena a Mimmo, il fuorilegge

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In appello, come molti calabresi speravano, la sentenza su Mimmo Lucano che in primo grado appariva inaccettabile, è stata ridimensionata fino all’inverosimile. Posso dire fino all’irrilevanza. Sono convinto che presto la Corte di Cassazione renderà giustizia piena a Mimmo, il fuorilegge. Siamo infatti passati da 13 anni e 2 mesi a un anno e sei mesi dell’appello. E’ giusto però ricordare che, malgrado l’assurda severità della prima sentenza, anche questa conteneva passaggi perentori sull’estraneità del personaggio ai misfatti che gli venivano attribuiti. Mimmo Lucano era stato trovato “senza un euro in tasca”, mosso dalla “pura passione” – le frasi virgolettate appartengono testualmente alla sentenza di primo grado. Mi rendo conto che il mio giudizio non conta perché ho sempre dichiarato di essere un ammiratore dell’ex sindaco di Riace.

Devo aggiungere –  e mi scuso se faccio un  riferimento autobiografico – che in quella Calabria insanguinata che avevo ereditato da Presidente, nella quale Franco Fortugno, il vicepresidente del Consiglio regionale, era stato assassinato in un seggio elettorale, Mimmo Lucano ai miei occhi fungeva da antidoto. Lo indicavo come un inguaribile sognatore, difensore degli ultimi, dei diseredati che fuggivano da luoghi lontani. Di guerra, di fame. Il messaggio che si tentava di trasmettere, attraverso la figura di Lucano, era l’esistenza di un’altra Calabria. Nella quale alcuni misfatti convivevano con il volto accattivante dell’accoglienza. Un’abitudine millenaria ereditata dal mondo greco e trasformata successivamente dal cristianesimo in precetto, in cui la figura del viandante che piomba inatteso alla tua porta conserva sempre una sua sacralità.

Ho ricordato un’altra volta un indimenticabile episodio dell’Odissea. Quando Ulisse naufrago approda nella terra dei Feaci e incontra Nausica, questa, alle ancelle che si spaventano alla vista di questo straniero sulla spiaggia, dice rassicurante: “Ma questo misero è giunto qui naufrago errante/ dobbiamo prenderne cura/ perché forestieri e mendichi li manda Giove”. Ricordo che fui io a condurre da Mimmo il grande regista e intellettuale Wim Wenders. Ero convinto che, per quel poco che lo conoscevo attraverso i suoi film, il regista si sarebbe innamorato di quel sindaco sognatore e di quel mondo nuovo, totalmente in controtendenza, che avrebbe visto zampillargli intorno in uno sperduto paesino della Locride: bambini eritrei, afgani, somali che giocano al calcio, parlando in dialetto con i coetanei del posto. Per una volta, una volta sola, quella mia previsione si avverò. Wenders girò con il finanziamento della regione e di un privato “Il Volo”. Una favola su Lucano. Quando lo presentammo a Villa Borghese a Roma c’era tanti intellettuali calabresi i quali partiti da studenti in anni lontani, meglio emigrati in anni lontani, non erano più tornati, finendo spesso per arricchire con la propria intelligenza il territorio di adozione.

So bene che l’emozione per questa sentenza mi ha condotto fuori tema. Me ne scuso. Sento il bisogno di  fare i complimenti ai due avvocati Dacqua e Pisapia. Infine vorrei di una cosa rassicurare Wim Wenders. Il quale, di fronte a quella enorme sentenza di primo grado, aveva dichiarato incredulo: “Al mio prossimo viaggio in Italia mi aspetto di leggere dell’arresto di Papa Francesco”. Può tornare tranquillo, alla luce di questa sentenza riparatoria, troverà Papa Francesco libero per le strade di Roma. Magari dall’ottico.

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