Chieste a Nordio ispezioni alla Procura di Reggio: lo scandalo di Eyphemos arriva in Parlamento

Il deputato di Italia viva, Roberto Giachetti, ha presentato un’interrogazione al ministro della Giustizia Carlo Nordio per accendere un faro sulle anomalie dell'inchiesta Eyphemos

StrettoWeb

Che l’inchiesta Eyphemos, sfociata negli arresti del 25 febbraio 2020, presentasse incongruenze e criticità, su StrettoWeb lo abbiamo scritto fin dai giorni immediatamente successivi all’operazione di Polizia. Bastava dare una lettura, anche veloce, alla corposa ordinanza della Procura di Reggio Calabria per capire che c’era qualcosa che non andava: intercettazioni sommarie, con parti fondamentali mancanti, messe insieme tra loro a volte senza nesso logico e con il dialetto, parlato con frequenza dagli indagati, tradotto così male in italiano tanto da arrivare a stravolgere il significato delle conversazioni.

Una strage annunciata, potremmo dire, e così in parte è stato. Il 17 febbraio scorso il tribunale di Palmi, presieduto dalla dott.ssa Angelina Bandiera, ha apposto un primo sigillo a questa vicenda che ha visto salire sul banco degli imputati numerosi innocenti: ben 30 assolti in primo grado. Quasi un record. Ma la Procura ha fatto ricorso: la saga di Eyphemos non è ancora finita. Come se quanto emerso durante il processo non sia sufficiente per far desistere dall’accusare ancora persone finite sul banco degli imputati per errori investigativi, ammessi tra l’altro in tribunale, in alcuni casi, anche da parte degli stessi investigatori.

Ora, dopo i tentativi di accendere un faro su questa vicenda che ha rovinato famiglie di persone verosimilmente innocenti e messo in ginocchio un’intera comunità, finalmente il caso finisce in Parlamento. Come si legge su Il Foglio, in un articolo a firma di Ermes Antonucci: “Intercettazioni trascritte male, conversazioni interpretate in modo fuorviante e tendenzioso, captazioni favorevoli agli indagati tenute all’oscuro della difesa: questo è quanto emerso al termine del processo di primo grado sull’indagine lanciata nel 2020 dalla procura di Reggio Calabria, guidata da Giovanni Bombardieri, contro le cosche di ‘ndrangheta di Sinopoli e Sant’Eufemia d’Aspromonte. Il processo in rito ordinario si è concluso in primo grado con ventuno condanne e trenta assoluzioni, tra cui quella dell’ex consigliere regionale Domenico Creazzo, accusato di voto di scambio elettorale politico-mafioso e tenuto 17 mesi agli arresti domiciliari“.

Ora “il deputato di Italia viva, Roberto Giachetti, ha presentato un’interrogazione scritta al ministro della Giustizia Carlo Nordio per sapere “se il ministro non ritenga di procedere, nell’ambito delle sue competenze, ad attivare i propri poteri ispettivi in relazione alle eventuali irregolarità, anomalie e/o omissioni da parte degli uffici giudiziari della procura di Reggio Calabria”“. Una richiesta che ridà la speranza a chi l’aveva persa. Una speranza di poter vedere affermata una verità di fronte alla quale persiste l’indifferenza. Per motivi apparentemente non noti.

Secondo Giachetti “nel processo in questione, saremmo di fronte ad un ennesimo episodio di abuso dello strumento delle intercettazioni, sia in termini quantitativi sia nell’utilizzo distorto che ne sarebbe stato fatto alfine di suffragare la tesi accusatoria”. Basti pensare, ricorda Giachetti nell’interrogazione, “come nel corso del dibattimento la principale intercettazione a supporto della tesi dell’accusa, ovvero il voto di scambio tra Creazzo e Domenico Laurendi, esponente di spicco della ‘ndrangheta – “sarebbe stata trascritta in modo errato dalla polizia giudiziaria, per cui di fatto vi sarebbe stato uno scambio di persone tra i soggetti eloquenti”, e comunque “più in generale i giudici rilevano come in molti casi dialoghi del tutto incomprensibili siano stati utilizzati poi come prove a sostegno dell’accusa”“, sottolinea Antonucci.

Non solo. Giachetti menziona anche il vero e più concreto scandalo di tutta questa vicenda, del quale vi abbiamo parlato in più riprese (vedi articoli in calce): “l’avvocato di Creazzo sarebbe entrato in possesso di tutte le intercettazioni circa 18 mesi dopo l’inizio dell’inchiesta”. Da alcune di queste intercettazioni “sarebbe emerso che i presunti mafiosi avrebbero fatto campagna elettorale per soggetti diversi dall’imputato e in altre ancora le ipotesi accusatorie risulterebbero sostanzialmente smentite”. Soggetti diversi dall’imputato i cui nomi sono messi nero su bianco nelle trascrizioni delle intercettazioni, ma contro i quali nessuno si è mosso. Mentre Creazzo dovrà difendersi ancora, nonostante questa mole di prove che, anche secondo il tribunale di Palmi, portano a sancirne la completa innocenza.

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