Ponte sullo Stretto, il finanziamento c’è. E ora?

Ponte sullo Stretto, si va verso la concreta realizzazione dell’Opera ma molti non ci stanno

StrettoWeb

Con grande sorpresa per nopontisti e benaltristi, è arrivato il finanziamento per il Ponte. La notizia è di qualche giorno fa, quando sono stati resi noti i contenuti del Bilancio approvato dal governo. E’ una notizia di non poco conto, per almeno due motivi. Innanzitutto perché nessun’opera pubblica può essere realizzata senza copertura finanziaria. E quella del Ponte non era affatto scontata, al di là delle dichiarazioni dei politici, Salvini in testa. Si rammenti, infatti, che l’appalto assegnato nel 2006 prevedeva il Project Financing, solo per una quota minoritaria a carico dello Stato. Quota subito dirottata altrove dal governo Monti, nel 2013, non appena “caducato” il contratto poi riportato in vita qualche mese fa dal governo Meloni. Ergo, neanche un euro era rimasto disponibile per l’opera, al di là delle somme stanziate per far ripartire la Stretto di Messina s.p.a., che si dovrà occupare della committenza.

In secondo luogo perché Webuild, attuale detentore del contratto di progettazione ed esecuzione dell’opera e dei suoi collegamenti a viabilità stradale e ferroviaria come capogruppo del consorzio Eurolink, ha legittimamente richiesto garanzie. Dopo quello che è successo nel 2013, nessuno a mondo si fiderebbe di uno Stato dove persino i contratti firmati ed in fase di esecuzione possono essere annullati se cambia la maggioranza politica al governo. La presenza di somme specificatamente destinate all’Opera, pone Webuild nelle condizioni di “fidarsi” del committente, procedendo nell’esecuzione delle opere, dopo aver concluso l’iter progettuale che, come sappiamo, si era fermato al progetto definitivo, recentemente aggiornato.

Il passo successivo è la firma dell’atto aggiuntivo al contratto. Di che si tratta? Semplicemente, di un necessario passaggio contrattuale che rimetta in sesto i rapporti tra committente (Stretto di Messina spa) ed esecutore, in questo caso un “Contraente Generale” nei panni di Eurolink. Si consideri che la “caducazione” ha ovviamente causato un contenzioso quasi miliardario (almeno 800 milioni di “penale” richiesti da Eurolink) essendo decisa unilateralmente, a danno di un soggetto che si era aggiudicato una regolare gara di appalto ed aveva firmato un contratto che prevedeva un compenso e, quindi, un utile.

Con l’atto aggiuntivo, vengono poste le condizioni perché Eurolink rinunci al contenzioso. Le quali, oltre a quelle contrattuali che prevedevano la progettazione e realizzazione delle opere appaltate, dovranno anche contemplare le opportune garanzie da eventuali futuri “ripensamenti” di natura politica. La presenza di un finanziamento già disponibile per il 2024 e previsto dal 2025 in poi, fino al completamento dei lavori, rappresenta un elemento fondamentale affinchè si concretizzino queste garanzie.

Stessa cosa vale per Parsons Transportation Group, detentore del contratto di Project manager dell’opera, anch’esso “caducato” dall’accantonamento dell’opera.

Com’è facile comprendere, non aveva torto chi riteneva che la ripresa dell’iter esecutivo del Ponte era più un problema legale che tecnico. E così sarà almeno finchè non verrà finalmente firmato quest’atto.

Per quanto concerne il cronoprogramma, esso finora è stato sostanzialmente rispettato. All’approvazione del progetto definitivo seguirà, presumibilmente dall’inizio del 2024, la redazione dell’esecutivo. Un compito non da poco, ma che Webuild ha gli strumenti per portare a termine entro il 2024. Si consideri che una volta ottenuto il visto del definitivo, l’iter approvativo dell’esecutivo è molto più semplice, pur considerando la complessità dell’opera, e riguarda sostanzialmente aspetti di controllo: si limita alla verifica delle prescrizioni rilasciate in sede di approvazione del progetto definitivo (la cosiddetta “ottemperanza”). L’aspetto positivo è che, una volta approvato l’esecutivo, si può subito procedere alla cantierizzazione dell’opera.

Diversamente da quanto sarebbe accaduto se si fosse ricominciato tutto daccapo, con un nuovo progetto ed un nuovo appalto: adempimenti che avrebbero richiesto molti anni, rinviando la realizzazione dell’opera alle calende greche. Era, infatti, la tesi di chi voleva “buttare la palla in tribuna”, rendendo più che improbabile l’effettiva realizzazione dell’opera senza allarmarne troppo i sostenitori. Come se stessimo parlando di una mera questione politica e non di un elemento  indispensabile alla realizzazione di un corridoio della rete “Core” europea, fondamentale per lo sviluppo del Paese.

A tal proposito, merita qualche riflessione l’atteggiamento della chiassosa schiera dei nopontisti militanti. Li abbiamo visti sfilare già diverse volte contro il Ponte sullo Stretto e qualcuno di loro ha dichiarato che non si fermerà “neanche a cantieri aperti”. E c’è persino chi ha dato fuoco ad un modellino del Ponte, pochi giorni fa davanti al Ministero delle Infrastrutture: una manifestazione di dissenso (ad un’opera pubblica) degna dei peggiori fondamentalisti, la cui scarsa pacatezza dovrebbe far riflettere i loro fiancheggiatori politici.

Speriamo, infatti, di non dover assistere, sulle sponde dello Stretto, a quanto siamo stati costretti a vedere in Val di Susa, dove gruppi di facinorosi No Tav hanno pensato bene di lanciare, insieme a sassi ed oggetti di ogni tipo, qualche bottiglia molotov verso i cantieri della TAV, pieni di padri di famiglia al lavoro. Al punto che tali cantieri sono tuttora presidiati dalle Forze dell’Ordine.

E poiché la madre dei cretini è sempre incinta, sarebbe opportuno che l’opinione pubblica, sin da oggi, comprenda il proprio ruolo e le proprie responsabilità. E che, al di là delle proteste civili, sempre legittime, in nessun modo si può solidarizzare con i violenti, da qualsiasi parte politica provengano.

Peraltro occorre ricordare che “Il Ponte sullo Stretto se si fa è un’opportunità, parliamo, alla fine, di una strada e una strada non è né di destra né di sinistra, non ci può essere ideologia». Parole che non sono state pronunciate dal ministro Salvini, che del Ponte ha fatto una scelta politica irrinunciabile, nè da un esponente del governo o della maggioranza che lo sostiene.

La dichiarazione sopra riportata è di Antonello Cracolici, esponente di primo piano del Partito Democratico siciliano. Una voce di buon senso e coraggiosamente fuori dal coro, in quel partito la cui segretaria ritiene il Ponte “costosissimo, dannoso e anacronistico”. Anteponendo il tifo politico agli interessi del Paese, ed in particolare del Sud.

Condividi