Il grande ritorno di Scopelliti in piazza Duomo: ovazione, affetto e lacrime per il sindaco del cuore di molti | FOTO

E' tornato a piazza Duomo dopo quasi dieci anni Peppe Scopelliti, ex sindaco di Reggio Calabria e presidente della Regione Calabria: un grande bagno di folla per la presentazione del libro "Io sono libero"

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    Foto di Attilio Morabito
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    foto di Peppe Caridi © StrettoWeb
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Che Peppe Scopelliti sarebbe stato accolto da un vero e proprio bagno di folla in questo suo ritorno in piazza Duomo, a Reggio Calabria, non c’era alcun dubbio. Ma ciò che si è vissuto oggi pomeriggio nel cuore della città è andato ben oltre ogni aspettativa. Applausi, commozione e gioia di rivedere il presidente della Regione reggino, hanno ammantato una piazza Duomo viva come non lo era da molto tempo. Insieme a Piero Gaeta, giornalista di Gazzetta del Sud, Scopelliti ha ripercorso i punti salienti del suo libro e della sua vita.

Oltre 1.500 persone hanno gremito piazza Duomo: in prima fila alcuni tra i principali rappresentanti politici del Centrodestra calabrese: il deputato di Forza Italia Francesco Cannizzaro e i senatori di Fratelli d’Italia Fausto Orsomarso e della Lega Tilde Minasi. Anche Eduardo Lamberti-Castronuovo ha partecipato in prima fila; vicino a lui Demi Arena, Lillo Foti, Maurizio Condipodero e tante altre personalità cittadine. Una piazza d’altri tempi per la rilevanza di una presenza così imponente e numerosa nell’era della politica sui social e della cultura di nicchia: Scopelliti è riuscito a riempire una piazza da personaggio politico e per la presentazione di un libro, come neanche i leader nazionali riescono a fare.

Il carcere

E’ stata un’agonia, quella del carcere. Sebbene Scopelliti sia riuscito a trovare la giusta chiave per affrontare il suo dramma nel modo più positivo e propositivo possibile, il percorso non gli è stato facilitato da nessuno. Un percorso di vita che mai avrebbe pensato di poter provare sulla propria pelle.

Sei rinvii. Ben sei rinvii prima di sapere se potevo ottenere la semilibertà. Questo è un modello sbagliato, perché quando si rinvia si soffre per la libertà negata. E’ una delusione, soprattutto quando si vive nell’attesa di poter tornare a casa. Il detenuto cade nello sconforto, c’è chi arriva anche a suicidarsi. La giustizia non può avere la possibilità di scegliere, in questi frangenti, i rinvii non sono una bella cosa” da un punto di vista umano.

Non venivo giudicato come detenuto ma come uomo Scopelliti“, per questo motivo “vedevo persone uscire prima di me, ed io ero ancora lì“. “Quando venivano a salutarmi altri detenuti che andavano via, ero contento perché se usciva qualcuno significava che c’era speranza anche per me“, ha detto Scopelliti.

L’affetto per l’uomo e per il politico

Spesso mi chiedevano: quanti amici ti sono rimasti? E io rispondevo: ho tanti più amici di quanti avessi mai pensato prima. C’era tanta gente anche fuori che ha vissuto, con me, ciò che ho vissuto io e l’ho scoperto quando sono uscito“, ha ricordato Peppe Scopelliti emozionandosi e guadagnandosi uno scrosciante e lungo applauso da una piazza estasiata da colui che, per anni, è stato orgoglio di questa città. E che oggi ha dimostrato di esserlo ancora, forse ancora più di prima.

Il modello Reggio

Torna anche sul modello Reggio, Scopelliti, e ricorda come l’espressione sia stata ideata da Gianfranco fini, che “andava in giro per l’Italia parlando del modello Reggio di Peppe Scopelliti. Ora – considera l’ex sindaco di Reggio con amarezza – quella stagione rischia di diventare irripetibile per questa città“.

Parla anche di denaro, Scopelliti, di risorse della città che “ci sono ma non sono state spese“. E parla del denaro stanziato nel 2014, ovvero 50 milioni di euro dei quali non è stato speso un euro. “La mia amministrazione costruiva opportunità e occupazione, ora la città è tornata indietro di trenta o quarant’anni“, considera amaramente Peppe Scopelliti.

Io nel 2002 ho vinto, nel 2007 ho vinto, nel 2010 ho stravinto. Ma queste mie vittorie non sono state facili, nel 2002 hanno cercato di non farmi candidare“. E ancora peggio nel 2010, “perché con Scopelliti alla Regione la borghesia mafiosa non sarebbe entrata. Io mi sono immolato per questa città, l’ho già fatto e ho pagato. Ora, quando questa città comincerà a rivendicare un futuro diverso potremo parlare di politica“. “Io sono qui non perché voglio scendere in politica, ma per riaffermare la verità“, conclude Peppe Scopelliti.

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