La Sicilia vorrebbe accaparrarsi i Bronzi di Riace e riscrivere la Storia o è solo la solita storia?

Periodicamente capita che dalla Sicilia si alzi qualche voce secondo la quale i Bronzi di Riace sarebbero nati proprio sull'isola, ma prove concrete non ce ne sono

StrettoWeb

Tra corsi ed i ricorsi storici c’è una costante sulla quale si può sempre contare e della cui presenza periodica si può essere certi: ci sarà sempre qualcuno o qualcosa che cercherà di cambiare la Storia o di trovare presunte prove che un dato accadimento non è andato così come ce l’hanno sempre raccontato. Ora, sebbene sia vero che soprattutto per la Storia Antica spesso i particolari e le verità non siano così assodati e riscontrabili, è anche vero che gli storici e gli studiosi non passano di certo il tempo a pettinare bambole, per usare un eufemismo. La ricerca storica, supportata anche da quella archeologica, serve proprio a far luce sugli accadimenti del passato.

Detto ciò, quando si tratta di luoghi storici, di edifici, di sculture, di opera d’arte di grande fama, questa corsa ad una verità diversa da quella conclamata si fa serrata. E da questo non sono ovviamente esenti i meravigliosi e amati Bronzi di Riace. Conservate nel Museo Archeologico di Reggio Calabria, le due statue hanno dato vita a teorie e ipotesi disparate. Da quel giorno di agosto del 1972, quando sono stati ritrovati, su di loro si sono susseguite diverse storie, più o meno supportato da prove concrete o teoriche.

I Bronzi di Riace siciliani?

Tra queste teorie torna, periodicamente, quella secondo cui i Bronzi sarebbero siciliani. Di recente un giornale online ha riproposto l’idea, supportata dalle ipotesi dello studioso Anselmo Madeddu. Secondo questa ricostruzione che, giova ricordarlo, è una delle tante, i bronzi ritrovati farebbero parte di un gruppo scultoreo che si trovava nel tempio di Hera a Siracusa. Secondo Madeddu le due statue appartenevano al gruppo scultoreo di “Gelone che depone le armi”.

Questa, però, non è certo un’ipotesi nuova. Già nel 1988 l’archeologo statunitense Ross Holloway pubblicò un testo dal titolo “I Bronzi di Riace sono siciliani?”.  “Sul finire degli ottanta Ross Holloway – spiega  Madeddu – raccolse alcune testimonianze secondo cui i bronzi di Riace furono scoperti lungo la costa ionica siciliana da alcuni sommozzatori che avrebbero voluto venderli al mercato clandestino. Tuttavia a seguito di una fuga di notizie e per sfuggire ai controlli, braccati dalla Guardia di Finanza, li avrebbero trasportati via mare lontano dalla Sicilia, e depositati al largo di Riace, in un tratto di mare ritenuto poco frequentato, per poter poi completare l’operazione di recupero in un secondo momento, lontano da occhi indiscreti. Ma pochi giorni dopo, per loro sfortuna, un turista romano, casualmente in vacanza a Riace, notò le allora tre statue e le segnalò subito ai carabinieri”.

I copricapi dei bronzi

Per avallare la sua tesi Madeddu parla anche dei presunti copricapi dei due bronzi. “Qualche anno fa, incuriosito ampliai le mie ricerche e venni a conoscenza che dopo un restauro storico, si venne a scoprire sulla testa dei bronzi, l’esistenza di alcune impronte che servivano per incastonare degli elmi che – spiega –, secondo i restauratori, sarebbero stati compatibili solamente con dei copricapi che si utilizzavano nell’area dorico-corinzio-siracusana. La cosa decisamente affascinante, che non fa che avvalorare la mia tesi, è l’esistenza di alcune antiche monete siracusane su cui sono incise le immagini della perfetta riproduzione dei suddetti bronzi con tanto di elmo sulla testa“.

Le teoria sull’origine dei Bronzi

La verità è che l’identità dei due guerrieri resta pressoché sconosciuta. Una delle ultime ipotesi è quella che i Bronzi di Riace facessero parte di un gruppo di cinque. Daniele Castrizio, professore ordinario di Numismatica greca e romana all’Università di Messina e membro del comitato scientifico del MArRC, il Museo Archeologico di Reggio Calabria, ha formulato questa teoria sui Bronzi di Riace. Erano cinque, e i due ripescati nelle acque di Riace, tra il 21 e il 22 agosto del 1972, facevano parte di un gruppo di statue che rappresentava il momento subito precedente al duello fratricida fra Eteocle e Polinice, fratelli di Antigone, del mito dei Sette a Tebe collegato con quello di Edipo.

L’ipotesi trova fondamento nelle fonti letterarie e iconografiche, e ora anche negli ultimi risultati delle indagini su patine e argilla. Castrizio studia i Bronzi da oltre 20 anni e collabora con i Carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio nelle indagini sulla presunta sparizione di elmi, scudi, lance e di altre statue del carico di Riace.

I Bronzi di Riace erano biondi e dorati e furono realizzati ad Argos, nel Peloponneso greco, entrambi nella metà del V secolo, a poca distanza temporale l’uno dall’altro, nella stessa bottega ma da maestranze diverse. Si è capito che B corregge gli errori di A, che rimane comunque la statua più perfetta nella tecnica di fusione del bronzo tra quelle arrivate sino a noi dall’antichità“, aveva spiegato Castrizio illustrando le analisi su patine e argille.

Un’altra certezza è che le due statue furono realizzate ad Argos e la starebbe nell’argilla con cui furono creati i modelli poi utilizzati per gli stampi in cera nei quali fu colato il bronzo.

Nei fondali di Riace c’era una terza statua?

Di una terza statua si è parlato già all’indomani del ritrovamento dei Bronzi di Riace. Negli ultimi il sindaco di Riace, Antonio Trifoli, ha allestito un museo multimediale per ricostruire i due bronzi, ma soprattutto per dare il via ad una campagna di ricerche nella zona del ritrovamento. Stefano Mariottini, il sub che avvistò le statue in fondo al mare ha sempre smentito di aver visto altri manufatti, ma l’ipotesi che i fondali dello Ionio possano custodire altre meraviglie non è mai stata messa del tutto da parte. E di recente è stato ritrovato il presunto occhio del bronzo B, come si può approfondire leggendo l’articolo in calce.

Vorremmo avviare – spiegò il primo cittadino – degli scavi ad hoc, naturalmente fatti da studiosi e personale specializzato. Speriamo di trovarvi altre ricchezze archeologiche. Ci sono stati nel corso degli anni molti elementi che hanno fatto pensare ad altre, possibili scoperte. L’ultimo scavo serio fu fatto dal Lamboglia e risale a 30 anni fa, poi non è stato fatto altro. Anni addietro una nave americana, attraverso i sonar, rilevò delle anomalie metalliche proprio nel punto in cui furono ritrovati i bronzi. Il ministero dei Beni Culturali non ha mai preso in considerazione l’idea di effettuare una nuova campagna. Perché non far ripartire le ricerche nel punto in cui fu effettuato il ritrovamento archeologico del secolo? Vogliamo verificare se davvero ci può essere dell’altro, magari proprio la terza statua di cui si è già parlato”.

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