Agli italiani serve una legge sulle pensioni

Pensioni, sulla previdenza solo pochi interventi e tutti peggiorativi

StrettoWeb

Siamo ornai entrati nella fase calda per quanto riguarda la legge di bilancio. Il termine per presentare gli emendamenti è fissato al 21 novembre e successivamente questi saranno velocemente discussi e votati. La maggioranza vorrebbe concludere il tutto entro il 20 dicembre per evitare le solite scene di parlamentari che alla Vigilia di Natale vanno a votare con il trolley e con in mano il biglietto aereo per passare le feste in famiglia. Più realisticamente la Meloni vuole far vedere all’UE che la legge più importante dell’anno, quella che delinea i costi del 2024 viene votata dal Parlamento senza particolari ostacoli. Assisteremo, quindi, alla presentazione di pochissimi emendamenti da parte della maggioranza di governo e alla prevedibile cassazione di quelli dell’opposizione. In pratica tra un mesetto avremo il testo approvato che sarà probabilmente con pochissimi cambiamenti rispetto al testo che conosciamo da qualche giorno.

Per quanto riguarda il capitolo sulla previdenza solo pochi interventi e tutti peggiorativi. La conferma di un altro anno di Quota 103 (41 anni di contributi sommati a 62 anni di età) ma con assegno calcolato integralmente col sistema contributivo molto più penalizzante del sistema misto, l’impossibilità di percepire assegni oltre quattro volte il trattamento minimo e le finestre mobili di uscita allungate di tre mesi. Opzione Donna riservata sempre solamente a categorie svantaggiate (caregiver, invalide o licenziate) ma con un aumento di un anno di età per potervi accedere. Infatti, oltre ai 35 anni di contributi sono necessari 61 anni di età con sconto di un anno per ogni figlio fino ad un massimo di due. Ape Sociale riservata anch’essa a categorie svantaggiate come disoccupati, caregiver, invalidi con 30 anni di contribuiti oppure lavoratori che svolgono lavori gravosi con almeno 36 anni di contributi che devono avere almeno 63 anni e 5 mesi allungando di 5 mesi la norma in vigore nell’anno 2023,

Rimangono invariati, invece, i requisiti per la pensione di vecchiaia che si raggiunge a 67 anni di età ed almeno 20 anni di contributi oppure la così detta pensione anticipata che indipendentemente dall’età consente il pensionamento agli uomini che abbiano almeno 42 anni e 10 mesi di contributi + 3 mesi di finestra ed alle donne che abbiano 41 anni e 10 mesi di contributi + 3 mesi di finestra.

Veramente troppo poco. Dopo le promesse fatte in campagna elettorale sulla volontà di smantellare la troppo rigida legge Fornero ci si aspettava sicuramente qualcosa in più. Oltre alla pensione di garanzia per i giovani che hanno molti buchi contributivi ci si aspettava una forte implementazione della previdenza complementare, che inevitabilmente diverrà la seconda gamba del nostro sistema previdenziale e, soprattutto una flessibilità in uscita a partire da 62 anni. Con delle lievi penalizzazioni dell’1,5% annue si sarebbe consentivo a chi volesse uscire prima dal mondo del lavoro di farlo, con un costo per l’erario non esorbitante che sarebbe stato ampiamente compensato da chi, invece, volontariamente, volesse restare oltre l’età di pensione ordinamentale incentivandone la permanenza con un 1,5% annuo. In questo modo lo Stato ne avrebbe un grosso vantaggio perché pagherebbe la pensione per meno anni e i lavoratori sarebbero gratificati da un assegno previdenziale più consistente.

L’Esecutivo ha affermato che quest’anno per mancanza di risorse e perché il grosso della manovra è stato destinato ad abbattere di alcuni punti il cuneo fiscale non si è potuto fare di più sulla previdenza rimandando al prossimo anno la riforma che tutti i cittadini italiani aspettano. L’importante è che questo capitolo importantissimo per la vita dei lavoratori si apra prestissimo all’inizio dell’anno e non sia, come purtroppo sta avvenendo da alcuni anni, relegato sempre nella legge di Bilancio con poco tempo per la discussione e con poche risorse a disposizione.

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