Di mamme pancine e di bambini nelle campane di vetro: come nasce una generazione di stronzi

Più che lo psicologo scolastico, sarebbe utile un corso per diventare genitori: il caso delle mamme inette che hanno lasciato i figli a casa per emarginare il compagno con bisogni speciali

StrettoWeb

Il lavoro di un articolista di giornale è quello di osservare, approfondire, fare le dovute considerazioni e, tra una bozza e l’altra, portare all’attenzione dei lettori il prodotto finito, ovvero l’articolo. Il caso che sto per presentarvi mi ha portato a una profonda analisi introspettiva che, da empatica e ansiogena quale sono, significa riflettere sulle cose che mi circondano il doppio, forse il triplo, ma anche il quadruplo rispetto alla media. Questa mia introspezione mi ha, in un certo senso, cucito la bocca in questi giorni di atroci violenze, dal conflitto estero che sta martoriando la Striscia di Gaza alla cronaca nazionale, come l’omicidio di Giulia Cecchettin, fino agli episodi nostrani, ad esempio il bambino abbandonato a scuola dai compagni a Cosenza.

Sono stata zitta non perché non avessi qualcosa da dire ma perché avevo bisogno di capire se il mio punto di vista valesse la pena di essere manifestato in una situazione così delicata. Soprattutto dopo la giornata del 25 Novembre, nella Giornata in cui si lotta contro la violenza sulle donne, ho deciso di dedicarmi alla cronaca locale dello jonio cosentino, ai comunicati stampa dei vari eventi e, in generale, di notizie che fossero imparziali. Ma, oggi. le mani scorrono da sole sulla tastiera del PC e ho capito che, seppure piccola, la mia voce può fare la differenza. Ma non perché io mi erga ad eroina in grado di sconfiggere i mali del mondo, piuttosto la mia è una voce abbastanza scomoda che vuole esprimersi senza indorare la pillola.

E vista la lunga premessa, è giusto che io sia diretta: siamo una manica di stronzi. E ora andate pure a scomodare Shakespeare, Proust, Freud o chi vi pare. Andate pure a cliccare su aforismi.net per cercare la frase sulla compassione, sulla donna che va protetta, sui civili che muoiono e sui bambini che vengono emarginati. Scrivete pure quello che più vi aggrada, come sto facendo io. Ma la verità è una e una sola: siamo stronzi e basta. E io sono pure una stronza stanca, se permettete, perché se sento ancora parlare di patriarcato, maschilismo e di bambini che devono essere educati all’affettività mi viene francamente il vomito.

Per i deboli di stomaco, direi che la lettura può anche concludersi qui perché ci andrò giù pesante: tanto gli insulti di chi mi addita come “subumana”, “senza cervello” e simili li ho già ricevuti. E non mi hanno scalfito. Anzi, pensate un po’, sono qui ad immolarmi come Giovanna D’Arco pronta a bruciare all’inferno per quello che scrivo. Ma non perdiamoci troppo in chiacchiere, vi devo spiegare perché siamo degli stronzi. La risposta è facile, tutto deriva dall’Io. No, non quello che intendeva Nietzsche, ma dal nostro smisurato egocentrismo narcisistico in cui stiamo crescendo queste nuove generazioni che, purtroppo, pensano di poter fare il cazzo che gli pare.

E se gli uomini uccidono le donne e viceversa, se i bambini emarginano gli altri perché “sono ritardati”, non serve l’educazione all’affettività, ma una bella manata di rovescio quella che, forse, oggi manca. E visto che sto bruciando come un’eretica impalata, esprimo senza mezzi termini ciò che penso dei genitori che hanno realizzato un vero e proprio ammutinamento nei confronti del piccolo di 8 anni di Cosenza, lasciato solo in classe perché “è diverso”: siete degli inetti. E non cominciate con questa manfrina che i vostri pargoli perfetti (me li immagino come putti con i riccioli d’oro e paffuti, anzi no, ora si mangia bio e vegano) si distraggono durante le lezioni e non riescono a socializzare con un bambino con bisogni speciali.

Ne avessero viste la metà delle cose che sono accadute nella mia classe, quando un bambino si è mangiato la colla stick e un altro si è fatto la pipì addosso e ha deciso di togliersi i pantaloni perché era bagnato. Certo, non giustifico la maleducazione, ma stiamo parlando di 7enni, ora trentenni, che vivono e campano ognuno secondo le proprie possibilità. Nessuno di noi ha nemmeno lontanamente pensato di emarginare questi compagni e quelli che non stavano fermi e muti al banco. Ognuno di noi ha accettato la diversità dell’altro e, insieme, abbiamo fatto squadra: dove non arrivava uno, cominciava l’altro.

E voi invece, che fate? Vi immagino, mammine pancine, chattare nel gruppo segreto di WhatsApp che decidete, la sera prima, il vostro piano malefico, dove Gianperluigi, Kevyn, Sophia e Genoveffa resteranno a casa con una finta febbre per non stare vicino al compagno di 8 anni. Siete voi, lo so: quelle che si lamentavano del Covid, poi della Dad, poi del rientro con la mascherina, poi i tamponi che deformavano il naso dei vostri putti, poi il riscaldamento che non è posizionato esattamente a 24.9 gradi celsius (che manco sapete chi è sto Celsius), poi i giochi Montessori che non sono di legno di frasso ma di compensato e, infine, l’ora di yoga che apre i chakra dei vostri figli per sentirsi meglio.

E la scuola, quella vera, quando la fate? E non intendo le materie, quelle sono compito dei docenti, ma la scuola ai vostri figli. Se da piccola fossi andata da mia madre a dire che non volevo stare vicino al mio compagno di banco, invece di correre a mandare un vocale su WhatsApp proclamando “lo stato di guerra”, mi avrebbe fatto volare dal balcone (e abitavo al terzo piano). Ben venga, quindi, la figura dello psicologo scolastico, ma prima di tutto serve ai genitori: serve a voi che, consapevolmente o meno, avete messo al mondo dei figli e li fate crescere “nella bambagia”, sotto la campana di vetro senza farli scontrare con la realtà, inculcandogli in testa pensieri stupidi che li faranno diventare, nel giro di poco tempo, stronzi come voi.

L’educazione, si dice, parta dalla famiglia. Nel vostro caso, invece, l’educazione non sapete neanche dove sta di casa. Continuate pure a permettere a questi bambini di emarginare chi non è un putto come loro: per quanto mi riguarda, fate solo il bene del bambino che viene lasciato solo. Non ha bisogno di voi, non ha bisogno della vostra cattiveria e dei vostri giudizi. Il concetto, alla fine, è semplice ma ve lo spiego utilizzando uno degli aforismi che tanto vi piace pubblicare sugli stati WhatsApp: “ti diranno che non è tempo per te, che è tutto sbagliato e non puoi più fiorire. Tu ignorali e splendi”.

Condividi