Il tifoso della Fenice che ha aggredito Sergio Miceli: un pugno al volto, gli occhiali in frantumi, le ricerche della Digos e l’assenza di controlli al Sant’Agata

Ieri pomeriggio un tifoso della Fenice Amaranto ha aggredito il Segretario Generale Sergio Miceli che con garbo ed educazione gli aveva spiegato che non poteva seguire l'allenamento: il balordo è fuggito dopo aver sferrato un pugno al volto, che per fortuna ha colpito il professionista soltanto di striscio

StrettoWeb

Ieri pomeriggio al Centro Sportivo Sant’Agata è successo un episodio gravissimo: un tifoso della Fenice Amaranto è entrato per seguire l’allenamento della squadra ignorando le disposizioni del club che da inizio stagione lavora sempre a porte chiuse. Non appena si è accorto della sua presenza, il Segretario Generale della società, Sergio Miceli, si è avvicinato e con estremo garbo ed educazione – com’è nei suoi modi – ha spiegato al tifoso che non poteva seguire l’allenamento perchè era a porte chiuse. La reazione dell’uomo è stata incredibile.

Se non avesse reagito in tipico dialetto locale, qualcuno avrebbe anche potuto pensare che fosse una ‘spia’ dell’Akragas contro cui la Fenice giocherà Domenica, ma alle parole “a mia i porti chiusi???” ogni dubbio è svanito. Il balordo si è irritato al punto da sferrare un pugno al povero Miceli, che è stato colpito di striscio al volto: fortunatamente non ha rimediato conseguenze, se non un paio di occhiali rotti che certamente saranno rimborsati dal club. Ma rimane la gravità di un episodio terribile: l’utilizzo della violenza gratuita.

Immediatamente è stato chiesto l’intervento delle forze dell’ordine ma intanto il tifoso violento era già scappato. L’arrivo degli uomini della Digos è stato richiesto proprio per tentare di identificarlo, anche grazie alle telecamere di videosorveglianza dell’impianto che dovrebbero essere regolarmente in funzione in base agli accordi di gestione del Centro tra la Fenice e la Città Metropolitana. Saranno determinanti per l’identificazione dell’uomo e di tutte le successive conseguenze nei suoi confronti. Sul posto sono giunti anche i soccorritori del 118, che però fortunatamente non hanno dovuto effettuare alcun tipo di intervento.

A Sergio Miceli è andata nelle ultime ore tutta la solidarietà e vicinanza della città: è un uomo mite, da molti anni nella Reggina prima come segretario del settore giovanile, poi lo scorso anno come Team Manager della squadra di Pippo Inzaghi insieme a Giusva Branca, adesso come Segretario Generale dopo l’addio di Salvatore Conti. E’ una persona seria e preziosa per il club e anche solo per i suoi modi sempre dolci e pacati non meritava di subire un’aggressione così infame.

La verità è che non dovrebbe mai e poi mai essere il Segretario Generale ad interloquire con i tifosi che violano le porte chiuse. Queste cose nel calcio e non solo a Reggio sono sempre accadute: che ci siano tifosi vogliosi di vedere l’allenamento anche quando il club decide di chiudere le porte non è una novità, è successo molto spesso anche lo scorso anno, anche due anni fa, anche tre anni fa. Sempre. Ci sono, purtroppo, fanatici e balordi che non hanno alcuna considerazione delle regole e delle autorità e pensano di poter fare in qualsiasi momento tutto ciò che gli gira per la testa. Per questo motivo la guida della principale squadra di calcio di Reggio Calabria ha la responsabilità di prevenire anche questi episodi: il Sant’Agata deve essere presidiato meglio, con più sicurezza, proprio a tutela della squadra e della società.

L’aggressore di Miceli non era un avversario della Fenice, un contestatore “alimentato dall’odio di alcuni giornalisti e alcuni politici” come vergognosamente qualche giornalista fallito e invidioso ha scritto nelle scorse ore. L’aggressore era un tifoso della Fenice, probabilmente quindi anche un abbonato allo stadio, che non aveva alcun odio ma al contrario era alimentato da così tanto amore al punto di voler vedere l’allenamento della squadra in un momento storico in cui a Reggio sono in pochi persino quelli che hanno voglia di vedere le partite. Altro che odio, quindi! Se fosse stato un “odiatore”, non sarebbe andato al Sant’Agata per vedere l’allenamento!

Il problema vero è che è arrivato tranquillamente al campo della squadra, percorrendo circa 550 metri a piedi dentro la struttura senza alcun filtro e alcun controllo e poi è dovuto andare a parlargli il Segretario Generale. Lo scorso anno è successo più volte che soggetti simili, forse – chissà – proprio anche quello di ieri in persona, hanno provato ad entrare al Sant’Agata quando c’erano le porte chiuse: sono sempre stati respinti. E mai dal Segretario Generale ma dai guardiani all’ingresso. Prima di arrivare al campo con la squadra e i calciatori c’erano almeno 10 persone e tre sistemi di filtraggio degli ingressi. Per entrare al Centro Sportivo bisognava essere autorizzati e lasciare i documenti d’identità al gabbiotto posto all’ingresso, e non era un’anomalia della Reggina ma in tutti i Centri Sportivi del mondo funziona così. Adesso invece al Sant’Agata non c’è niente e non c’è nessuno a controllare, determinando un pericoloso vuoto di sicurezza e organizzazione che lascia la dirigenza, lo staff e gli stessi calciatori in balia di qualsiasi pazzo, fanatico o delinquente. L’augurio è che questo episodio possa servire a ripristinare un minimo di sicurezza e filtraggio per gli ingressi al Centro Sportivo, rivolgendo a Sergio Miceli un pensiero di reale vicinanza per aver subito un gesto così balordo, spregevole e indegno.

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