E allora sì, propaganda! Dagli scioperi al Ponte, tutti piangono per l’incidente ferroviario ma nessuno muove un dito

Lacrime di coccodrillo: le istituzioni gridano al cambiamento ma l'incidente resta una pretesto per farsi pubblicità. E tirano in mezzo pure il Ponte sullo Stretto

StrettoWeb

L’ultimo incidente ferroviario che ha colpito la Calabria ha provocato 2 morti e 10 feriti. Il 24enne camionista, Said Hannaoui, è stato falciato in due dalla motrice mentre tentava di sbloccare quel tir che si era piantato nel manto stradale. La 61enne Maria Pansini, che sul treno ci lavorava, ha perso la vita nell’impatto all’interno di quell’unico vagone che viaggiava sui binari. Una tragedia appunto, come quella di Brandizzo, tanto per citarne una delle più recenti. Il 1 dicembre i ferrovieri di tutta Italia si sono messi a braccia conserte e hanno scioperato no stop per otto ore. Disagi, ritardi e cancellazioni. Un intero paese si è fermato per chiedere più sicurezza sul posto di lavoro.

I sindacati, promotori dello sciopero, hanno gridato forte e chiaro che queste condizioni di arretratezza non sono ammissibili. “Servono ammodernamenti”, ha tuonato invece il Sindaco di Corigliano-Rossano. “Massimo impegno” si è affrettato ad aggiungere il Ministro Salvini. Anche Roberto Occhiuto, che della Calabria è governatore, ha affermato che serve un intervento urgente. Tutte parole con le quali mi trovo in accordo. Ma, per me, restano solo parole. L’incidente accaduto nella tratta ferroviaria su cui viaggio spesso, quell’unico collegamento che mi permette di spostarmi SOLO tra Taranto e Reggio Calabria, fa schifo.

E non lo dico con il tono di chi vorrebbe che mi scagliassi con le uova in mano contro le istituzioni, ma da semplice passeggera. Fa schifo, lo riconosco, e va cambiato. Ma io, da persona che scrive per un giornale, posso permettermi di fare parole. Gli altri invece, che siedono sugli scranni, devono fare i fatti. Perché altrimenti io non voglio leggere di lacrime di coccodrillo sui social dove, guarda caso, “tutti si stringono addolorati alle famiglie delle vittime”. Il problema è che le vittime noi non le vogliamo, questo lo avete capito?

E poi, quelli che mi danno il voltastomaco più della linea ferroviaria sul versante jonico, sono quelli che fanno propaganda. Io stessa, ad agosto, scrissi un pezzo per ricordare le vittime del Ponte Morandi e, dopo aver riportato i dettagli del caso, ho parlato del Ponte di Longobucco, anch’esso crollato come un castello di carta, e del Ponte sullo Stretto, che ancora non esiste. E spiegavo un concetto semplice e conciso: piuttosto che fermare il progresso, è necessario provvedere per rendere più sicure le infrastrutture. Ma lì si parlava di ponti, di collegamenti sospesi in aria, di opere che uniscono due fazzoletti di terra agli estremi.

Qui si parla invece di ferrovia. Ed è giusto chiedere migliorie, elettrificazione, treni più moderni e sistemi di segnalazioni più sviluppati. Ma, io dico, perché avete messo in mezzo il Ponte sullo Stretto? Non lo abbiamo tirato in ballo noi di StrettoWeb che ne parliamo quotidianamente, e lo fanno quelli di Legambiente, approfittando di una tragedia per dire che il “ponte è una cattedrale nel deserto”. Quindi, visto che le ferrovie non funzionano non facciamo il ponte, mi pare di aver capito. Come se dovessimo scegliere, come se noi, i poverini del Sud, non potessimo permetterci l’una e l’altra cosa, come gli altri.

Perché mi devo accontentare? Perché devo perorare una causa e non l’altra? Io voglio una linea ferroviaria moderna, un ponte, un aeroporto a Sibari e un porto a Corigliano e a Vibo Valentia. Io, da calabrese, voglio il meglio per la mia terra e lo voglio ora. E mi aspetterei, da chi si occupa di “innovazione, inclusione e riconversione” (come scrivono sul loro sito), la stessa cosa. Non piangiamo allora l’ennesima vittima e non urliamo al cambiamento se siamo disposti solo a fare sterili polemiche, ad aprire la bocca solo per fare propaganda, a far finta di sposare una causa solo per la visibilità. Questo, mi fa venire il vomito, più del sobbalzare di quel treno preistorico che viaggia sulla linea jonica.

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