Reggio Calabria, boss della ‘Ndrangheta detenuto al 41-bis “in condizioni disumane e degradanti”: storica sentenza della Cassazione

Rosarno: la Corte di Cassazione accoglie il ricorso di Pesce Francesco per il trattamento inumano e degradante subito nella sezione 41-bis del carcere di Sassari-Bancali

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La Prima Sezione della Suprema Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dagli Avv. ti Domenico Infantino e Giuseppe Pirozzo nell’interesse del loro assistito, Francesco Pescecl. 78, per il periodo di detenzione espiato da quest’ultimo, dal 23 giugno 2015 al 23 marzo 2022, presso la sezione 41-bis del carcere di Sassari Bancali.

Francesco Pesce (condannato quale capo della famigerata cosca “Pesce”), invero, durante il periodo detentivo citato aveva più volte rappresentato ai Giudici competenti le condizioni disumane e degradanti cui era stato sottoposto presso l’istituto di Bancali, specificando, dettagliatamente, come le condizioni strutturali di quella casa circondariale fossero, già ex sé considerate, inadeguate ai fini di condizioni di detenzione in linea con i canoni espressi, più volte, dalle Giurisdizioni Superiori (nazionali e sovranazionali).

Il detenuto, invero, per il tramite dei suoi legali, aveva lamentato la permanenza in una cella piena di umidità causata dalle infiltrazioni, con conseguente insorgere di muffa, deterioramento degli intonaci (produttivo di polvere) e degli arredi in metallo; tali condizioni, ancora, riguardavano un ambiente del tutto privo di un riciclo d’aria (o di flussi d’aria), quindi decisamente insalubre.

Ancora, erano state denunciate la condizione di soggetto asmatico ed allergico agli acari della polvere ed al polline (affetto da rinite allergica) del detenuto, l’assenza nelle celle di aria e luce naturale, la permanenza, nelle celle, di 22 ore al giorno consecutive, senza poter trovare sfogo neanche nel locale della saletta comune, mancanza sovente di acqua potabile e inesistenza di locali WC conformi alle più basilari norme igieniche, temperature estremamente calde d’estate e fredde d’inverno.

Proposta la relativa istanza ed il conseguente reclamo, i Giudici competenti avevano negato a Pesce Francesco il risarcimento dovuto per il trattamento inumano e degradante subito ritenendo, sia in prima istanza che in sede di gravame, che tutte le carenza strutturali dell’Istituto di Sassari-Bancali e le conseguenti condizioni  degradanti in cui rimaneva il detenuto fossero da qualificarsi alla stregua di “meri disagi”, per ciò inidonei a far scattare la tutela prevista dalla Legge in caso di trattamento inumano e degradante, dubitando a monte pure della loro sussitenza.

Avverso tali decisioni hanno proposto ricorso in Cassazione gli Avv.ti Domenico Infantino e Giuseppe Pirozzo, i quali hanno sostenuto in primo luogo il netto travisamento degli atti dimostrativi delle circostanze di fatto denunciate e in secondo luogo hanno affermato in diritto che laddove l’Istituto di detenzione presenti “carenze strutturali penalizzanti per la salute e la riservatezza del condannato”, tale situazione, specie in regime di cui all’art. 41-bis O.P., non può relegarsi all’ipotesi di “meri disagi”, rappresentando invece una fattispecie di trattamento inumano e degradante.

I legali hanno sostenuto che se nell’ambito di un procedimento attivato per il trattamento inumano e degradante vengono accertati (come nel caso di Pesce Francesco) problemi strutturali, il Giudice del merito non può limitarsi a declinare tali situazioni come meri disagi, né può fare riferimento a giustificazioni relative a molteplici interventi di ripristino degli Organi Amministrativi penitenziari. Quel Giudice deve, al contrario, indicare puntualmente i tempi di detenzione patiti in condizioni inumane e degradanti e statuire su tali tempi in termini di situazione di detenzione “in sofferenza”, soprattutto quando i richiamati plurimi problemi strutturali vengono rilevati in condizione di detenzione al regime 41-bis.

Un principio, dunque, ormai condiviso dalla Suprema Corte di Cassazione, avendo, il Supremo Consesso, definitivamente riconosciuto che laddove l’Istituto di detenzione presenti “carenze strutturali penalizzanti il condannato”, tale situazione, specie in regime di cui all’art. 41-bis O.P., integra una fattispecie di trattamento inumano e degradante. A seguito dell’annullamento i Giudici del Tribunale di Sorveglianza di sassari dovranno effettuare una nuova valutazione.

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