Monteleone a StrettoWeb: “Rosa e Olindo saranno cittadini onorari di Reggio Calabria appena scarcerati”

Intervista ad Antonino Monteleone, il giornalista che con l'inchiesta su "Le Iene" ha contribuito a riaprire il caso con la revisione del processo

StrettoWeb

Antonino Monteleone, giornalista de Le Iene nato, cresciuto e formato a Reggio Calabria, 39 anni tra pochi giorni, è uno dei professionisti che ha avuto un ruolo determinante nella riapertura del caso della Strage di Erba. Con le sue inchieste su Le Iene ha evidenziato le anomalie che rendono più che controversa la condanna definitiva all’ergastolo per Olindo Romano e Rosa Bazzi e adesso è estremamente soddisfatto per la revisione del processo che testimonia la bontà del suo lavoro, dopo che per anni ha dovuto subire critiche molto pesanti e attacchi mirati soltanto perchè faceva il proprio lavoro alla ricerca della verità.

Ai microfoni di StrettoWeb racconta cosa ha comportato per lui seguire questa vicenda, con riflessioni molto importanti sul mondo del giornalismo e non solo. Antonino Monteleone è un fiume in piena: “prima dicevano che quello che raccontavamo era falso, su ogni cosa se ne sono inventata una, adesso addirittura delirano che non ci sarà la revisione del processo ma che la Corte d’Appello di Brescia dovrà decidere se fare la revisione o meno. Invece c’è una citazione, quella del 1° marzo sarà la prima udienza della revisione del processo che è già stata approvata. Eppure i grandi giornali scrivono il falso: perchè? Che interessi hanno? Posso già prevedere che tutti tiferanno per il rigetto della revisione, io invece sono molto persuaso del fatto che ci sono ottime chance per l’accoglimento della revisione stessa. Rosa e Olindo sono innocenti ed è giusto che tornino in libertà: è sconcertante il clima che si è creato intorno a questo caso, è sconcertante che magistrati ed esperti di diritto si limitino a dire che bisogna leggere le sentenze e basta”.

Cosa intendi dire? Le sentenze non vanno rispettate? 

Il rispetto è una cosa, la condivisione è un’altra. Le sentenze ovviamente vanno rispettate, ma rispettarle non significa pensare che siano sempre tutte giuste. La revisione del processo è uno strumento previsto dal nostro ordinamento proprio per i casi in cui la sentenza definitiva c’è già stata e non c’è più nulla da fare con canoni ordinari. E’ un mezzo di impugnazione straordinario che non capita spesso: si può richiedere soltanto per i processi controversi, dopo che emergono novità importanti che ribaltano proprio la sentenza definitiva. Quindi è lo stesso diritto che prevede che le sentenze possono essere sbagliate, anche se definitive, al punto che ci si può opporre e chiederne la revisione”.

Però l’accoglimento della revisione certificherebbe gli errori delle precedenti condanne.

Certo, funziona già così in Appello rispetto al primo grado e in Cassazione rispetto all’Appello. Adesso la magistratura ha un’occasione unica per dimostrare che non ci sono errori irreparabili. Il punto è uno solo: Rosa e Olindo sono innocenti, e restano innocenti anche se la revisione viene rigettata. Saranno dei condannati innocenti che rimarranno in carcere da innocenti. Non sono le sentenze a fare la verità: il sistema giustizia adesso può riconoscere la verità – cioè l’innocenza di Rosa e Olindo – o continuare a far finta di niente”.

Fino ad oggi ha fatto finta di niente?

Rosa e Olindo avrebbero dovuto avere comunque un’assoluzione: della confessione non torna nulla, non ci sono tracce di sangue nel loro appartamento, ma sono decine e decine le cose che non tornano tanto che con Francesco Priano abbiamo fatto il libro ‘Erba‘ proprio per metterle tutte insieme. Invito tutti i colpevolisti a leggere il libro. Gli innocentisti, quelli che hanno approfondito il caso, la verità l’hanno già capita. L’assurdità di questa storia è che alcuni si rifiutano di riconoscere la regola del ragionevole dubbio: in diritto questa regola prevede che l’imputato deve essere  assolto anche in presenza di convincenti elementi che farebbero pensare alla sua consapevolezza, se solo esiste una possibile ricostruzione alternativa. Basta un ragionevole dubbio affinché gli imputati non siano condannati: non si possono mandare le persone in galera se ci sono dei dubbi.  E per questo motivo in tanti, tra cui molti professionisti del diritto, dell’avvocatura, della legislatura, ritengono inaccettabile tutto quello che è stato il processo sulla strage di Erba fino ad ora. E per questo motivo si fa la revisione del processo“.

erba libro monteleone

Tuttavia, non sarebbe la prima volta nella storia che viene accolta la revisione di un processo. 

Penso a Peppino Gulotta, un muratore che si è fatto 22 anni da innocente per la strage di Alcamo: non si è perso d’animo, ha chiesto la revisione tre volte. Prima è stata rigettata a Caltanissetta, poi a Catania, infine è arrivata a Reggio Calabria e la Corte d’Appello la ha accolta. Gulotta era accusato di aver ucciso due Carabinieri ma poi è stato assolto per non aver commesso il fatto proprio con la revisione del processo. Una storia molto scomoda per la reputazione dell’antimafia e per le figuracce di magistratura e carabinieri. Gulotta ha preso 10 milioni di risarcimento e ne ha chiesti altri 30: era stato picchiato e costretto a confessare, è rimasto in carcere 22 anni ingiustamente”.

Che idea ti sei fatto di questa storia? Se Rosa e Olindo sono innocenti, perchè sono stati incastrati in questo modo? Qualcuno doveva proteggere i veri colpevoli, o c’era l’esigenza di trovare subito i responsabili? O cosa altro? 

No, non credo ci siano complotti dietro, non penso che gli inquirenti dovevano proteggere i veri colpevoli: non so la verità, ovviamente, ma ritengo che siano stati fatti molti errori. Non so se in buona o in cattiva fede, ormai siamo in un mondo in cui o c’è il bianco o c’è il nero. Dici, in base ai fatti, che Rosa e Olindo sono innocenti perchè non possono essere stati loro in base alle prove evidenti, e allora ti accusano di essere complottista. Ma io non credo ai complotti, non so perchè sia stato fatto questo sbaglio, ma so che tutti possono sbagliare, anche le forze dell’ordine, anche gli inquirenti, anche i magistrati, i giudici, i procuratori. Noi non possiamo delegare l’accertamento della verità all’accertamento giudiziario: tra un po’ in Italia anche il meteo ce lo daranno le Procure, e la gente uscirà con l’ombrello anche quando ci sarà il sole solo perchè gliel’ha detto il Procuratore. E’ tutto paradossale”.

Non è una novità che sulla giustizia il nostro Paese sia fortemente polarizzato.

E’ tutta colpa della politica: prima Tangentopoli, poi l’era di Berlusconi, così la giustizia è stata trasformata in qualcosa da vivere come se fosse una religione. La giustizia è quindi stata considerata immune da ogni critica, e questo si ripercuote su tutto, anche sulla cronaca, anche sui poveri disgraziati. Quando ho raccontato le anomalie della strage di Erba ho ricevuto un’enormità di critiche tutte da persone di sinistra che non riuscivano a mettere in discussione una sentenza della magistratura italiana, perchè erano stati abituati dalla politica a considerare le sentenze come dei precetti religiosi”.

Eppure ci sono tanti casi analoghi a quello di Erba in cui gli imputati sono stati assolti. 

Tantissimi, ad esempio l’omicidio di Meredith Kercher a Perugia, pochi mesi dopo la strage di Erba. Amanda Knox è stata assolta, giustamente, dopo una condanna in primo grado, nonostante la presenza di convincenti elementi di consapevolezza. Però c’erano anche dei ragionevoli dubbi, quindi è stata assolta così come dovevano essere Rosa e Olindo”.

Quel è la differenza tra i due casi? 

Una sola: che Amanda aveva i soldi per permettersi un buon avvocato, Rosa e Olindo no. Prima di essere arrestata, Rosa Bazzi dice alla vicina di casa che non aveva 500 euro da spendere per un avvocato. La vicina la invita a fare qualcosa perchè, in base a quello che sentiva in televisione, pensava si mettessero male le cose per loro, e Rosa le dice che confidava nella bontà dell’operato dei Carabinieri, che non avrebbero potuto che riconoscere la loro innocenza”.

Come e quando hai iniziato ad occuparti di questo caso? 

E’ tutta colpa di Felice Manti, con cui nel 2010 abbiamo fatto il libro “O mia bella madu’ndrina” sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Lombardia. Allora Felice mi parla della strage di Erba, io gli dico che è pazzo, di lasciarmi stare. Inizialmente sono scettico, ma lui insiste e mi manda il libro che aveva scritto con Montolli ‘Il grande abbaglio’. Io lo leggo e ci trovo tante cose sconvolgenti ma continuo a rimanere scettico, gli chiedo di farmi avere le carte che dimostrano che quello che hanno scritto è vero, e lui me le manda. Mi convinco che nella strage di Erba ci sono grandi anomalie e tante cose che non tornano, ma questa mia convinzione personale resta lì. In quel momento lavoravo con Formigli, non facevo cronaca nera o giudiziaria, anche se questa cosa continua a covarmi dentro perchè mi sono sempre interessato di quelle storie che aiutano a comprendere le falle del sistema giudiziario”.

Poi cos’è successo, quando hai deciso di tirare fuori tutta l’inchiesta su Le Iene? 

Nel 2017 sono arrivato a Le Iene e faccio subito l’inchiesta su David Rossi. A dicembre propongo il caso di Erba per la nuova stagione, ma il mio capo inizialmente non è convinto. Riesco a convincerlo e allora partiamo con l’inchiesta, mesi e mesi di lavoro, per uscire nel 2018 con il supporto di Felice Manti e della difesa di Rosa e Olindo”.

Gli avvocati D’Ascola, Morello e Schembri, i giornalisti Manti e Monteleone: tutti di Reggio Calabria…

Guarda, Peppe, Rosa e Olindo come minimo li dobbiamo fare cittadini onorari di Reggio Calabria appena verranno scarcerati! La cosa bella è che l’avvocato Fabio Schembri non lo conoscevo prima di questa vicenda, nonostante fossimo concittadini. Lo conoscevo di fama perchè aveva difeso Maurizio Mauro nella famosa vicenda Mauro, anche lì un’accusa infame che ha cambiato le sorti di un grande gruppo industriale per cui poi è stato assolto e tutti quelli che hanno sbagliato hanno continuato bellamente le loro carriere. Ho conosciuto Schembri in questa sorta di reunion di reggini, mentre Nico D’Ascola era già stato mio professore all’Università di Giurisprudenza e Patrizia Morello era la sua assistente. Non c’è alcun dubbio che questa storia appartiene a un pezzo dell’avvocatura, un pezzo dell’università e un pezzo del giornalismo di Reggio Calabria. Dopo Como, la seconda città cui è legata questa storia è sicuramente Reggio, dove nel 2020 abbiamo già tenuto un seminario con il prof. Capone per gli studenti del corso di procedura penale proprio sul caso della strage di Erba. E’ una circostanza che avvicina molto il sud e il nord, ci fa capire quanto le distanze siano una sfumatura: l’Italia è una grande provincia”.

Cosa è significato per te condurre quest’inchiesta su Le Iene?

Il primo servizio è andato in onda il 30 settembre 2018: ricordo una vera e propria bufera di critiche e contestazioni. Tanti altri si sarebbero fermati e avrebbero rinunciato, a me invece delle critiche della gente non me ne è mai fregato nulla e sono andato avanti per la mia strada finché la gente non ha capito. Oggi tutti, almeno la stragrande maggioranza, hanno capito che Rosa e Olindo sono innocenti. Ma condannati. E non sono solo due condannati: sono due persone la cui colpevolezza è stata indotta e martellata pubblicamente prima del processo. L’opinione pubblica è stata indottrinata a considerarli colpevoli con articoli di stampa che riportavano cose false. Noi quindi abbiamo dovuto fare una fatica contraria, martellando tutti quei fatti reali che dimostrano la loro innocenza”.

Immagino che tanti nostri colleghi giornalisti delle grandi testate ti abbiano contattato per approfondire la vicenda, capirne di più e rilanciare la verità. 

Macché. Ci hanno massacrato, osteggiato. Io durante questa inchiesta non ho mai ricevuto attacchi dai magistrati, dai sindacati della magistratura, da ambienti giudiziari. Ne ho ricevuti solo dalla stampa, la stessa stampa che ha farcito i giornali di stupidaggini e sciocchezze, di cose inventate. E adesso credo di capirne il perchè…

Cioè?

Peppe, i nostri colleghi si fanno dettare i pezzi dai Carabinieri e dalle Procure. Vediamo tanti blogger, youtuber, podcast che ti raccontano una storia soltanto leggendo le carte delle sentenze e delle ordinanze: un esercizio di pigrizia. Il giornalismo non è questo, non funziona così. La revisione del processo a Rosa e Olindo porterà molti a cambiare lavoro per la vergogna. Capisco il nervosismo di certi ambienti in questi giorni: nei grandi giornali ci sono persone molto più nervose che dalle parti della magistratura”.

E’ davvero tutto pazzesco, lo rivediamo in ogni ambito del nostro lavoro. Come e perchè credi che il giornalismo italiano sia arrivato a questo punto?

Poi si chiedono perchè i giornali non li legge più nessuno… è una deriva indegna della storia del nostro glorioso giornalismo! Proprio in Italia dobbiamo l’istituzione della revisione del processo ad un giornalista, Enzo Asciolla, esperto di giudiziaria e cronaca nera de La Sicilia di Catania. Asciolla decide di approfondire una storia che era chiusa alla fine degli anni ’50: parliamo del caso dei fratelli Gallo. In estrema sintesi, un signore era stato condannato insieme al figlio per aver ucciso il fratello all’esito di una disputa per terreni ed eredità. Questo signore viene incarcerato per l’omicidio del fratello, arrestato anche il figlio per aver occultato il cadavere. Dopo anni dalla condanna definitiva, Enzo Asciolla scopre invece che il fratello del condannato è vivo e vegeto e si ubriaca in un bar nell’entroterra siciliano. E fa lo scoop. E inchioda il sistema che aveva condannato in via definitiva degli innocenti. Il caso è così clamoroso che il parlamento si deve riunire e cambiare la legge, perchè fino a quel momento erano ancora in vigore le norme del regime fascista secondo cui mettere in discussione una sentenza era un sacrilegio, un peccato mortale”.

A maggior ragione è paradossale che proprio oggi arrivino da sinistra le visioni dogmatiche del sistema giudiziario. 

I più feroci critici della nostra iniziativa giornalistica sono di sinistra perchè non vogliono che si metta in discussione la magistratura: dicono che è qualcosa di demagogico, di populista, di destra! Ma come gli viene in mente? La revisione è frutto di una conquista democratica, come contraltare alle norme dittatoriali del regime fascista!”.

Come hai vissuto la notizia della revisione del processo?

Male. Il 9 gennaio ero a New York appena ho avuto la notizia. Il giorno dopo ho letto i giornali italiani e ho trovato subito articoli in cui venivano rilanciate nuove boutade clamorose. Sul Corriere della Sera trovo un articolo in prima pagina online dove viene scritto che avevano trovato le impronte digitali di Olindo sui contatori Enel di casa Castagna. Ma come si può? Ovviamente è tutto smentito dalle carte. E’ possibile che uno che mai si è occupato di questo caso, se ne inventa una di sana pianta sul giornale principale del Paese? Mi viene l’orticaria, la dermatite, mi vengono le bolle…

Che bisogno hanno di scrivere queste cose? 

Peppe c’è una lista sterminata di gente che ha scritto cazzate così grandi su questa storia, che quando si accerterà la verità dovrà cambiare mestiere”.

Addirittura. 

Se il 9 gennaio non fosse arrivata questa notizia molto positiva per il nostro lavoro, se fosse arrivato un rigetto, qualcuno era già pronto a fare il nostro funerale…

Avrai avuto anche qualche soddisfazione. 

Tantissime, enormi. Sono contento. Una volta ho detto a Felice, quando abbiamo iniziato con l’inchiesta su Le Iene, che da lì a cinque anni ci sarebbe stata la revisione del processo. Il 9 gennaio appena c’è stata la revisione, Felice ha trovato quel messaggio e me l’ha inoltrato”.

Avete fatto un lavoro straordinario, da manuale del giornalismo. Eppure anche qui in Calabria e Sicilia qualcuno si ostina a pensare che il giornalista dovrebbe “limitarsi” – proprio così dicono – a raccontare “i fatti”, la storiella. Voi siete riusciti a fare la revisione di un processo!

Il giornalismo non può riportare solo quello che ha stabilito un potere. Giustamente il giornalismo non ne perdona una ai politici, ai governi, alle pubbliche amministrazioni, a tutti: siamo implacabili. Però quando si tratta del potere giudiziario siamo tutti un po’ morbidi, come se i magistrati avessero un’investitura divina, come se non si potessero contraddire. L’idea folle secondo cui le sentenze non si commentano è rifiutata dagli stessi giudici: le sentenze si commentano eccome, si criticano, si contestano. Non siamo eversori e quindi le eseguiamo, siamo in uno stato di diritto quindi anche una sentenza sbagliata viene eseguita e rispettata, ma proprio perchè siamo in democrazia possiamo raccontare i dubbi che abbiamo anche sulle sentenze che riteniamo sbagliate, provando a ribaltarle con gli strumenti legali”.

Con le Iene l’avete fatto per molti casi, non solo Rosa e Olindo.

Io l’ho fatto con David Rossi, su cui è nata anche una commissione parlamentare d’inchiesta; su Willy Branchi, un ragazzo ammazzato nell’89 per cui la procura di Ferrara ha riaperto il fascicolo dopo i miei servizi. Nel 2021 mi sono occupato di Federico Tedeschi, un’apparente morte naturale per cui a seguito della nostra inchiesta è stato aperto un fascicolo per omicidio a Roma. Ma Giulio Golia ha fatto la strage di Ponticelli, per Marco Pantani abbiamo riportato il caso in commissione antimafia, e poi Bossetti, Garlasco… Speriamo di poter continuare, se non ci chiudono prima…”.

Antonino Monteleone Le Iene

Cosa ti lascia dentro questa vicenda dal punto di vista umano?

Una grande preoccupazione: in Italia trattiamo con superficialità questioni giudiziarie che hanno a che fare con la libertà e la civiltà. Ho paura che ci siamo molto distratti negli ultimi trenta anni, abbiamo accettato l’idea che nel dubbio gli imputati vengono condannati. Io ho il dubbio che tu non c’entri niente, ma intanto ti mando in galera. E per noi giornalisti accettare questo sistema significa rinunciare al nostro lavoro: dovremmo riappropriarci seriamente della nostra prerogativa che è quella di dubitare di tutti, specie dei poteri forti. Dobbiamo rompere le palle a tutti, specie a chi è al governo, anche se sono amici nostri: avremo sempre un margine per rompergli le scatole, per essere ficcanaso, per mettere in discussione quello che fanno. Allo stesso modo dovremmo farlo con la magistratura, con la polizia giudiziaria, anche nelle conferenze stampa. Sempre con il dovuto rispetto, ma c’è uno spazio molto ampio per fare domande scomode, porre dubbi e interrogativi”.

Quanto credi sia grande il problema degli errori giudiziari?

E’ enorme. Negli USA c’è un’associazione senza fine di lucro, si chiama Innocence Project, che ha fatto scarcerare 250 persone condannate in via definitiva grazie alle loro inchieste. Hanno scoperto quanto sia facile che si ripeta il fenomeno della falsa confessione, quanto facilmente un testimone può sbagliare o quanto spesso una prova scientifica possa essere inaffidabile a differenza di quello che si pensa. Secondo un recente studio olandese, per tornare in Europa, il 33% di errori giudiziari è basato su false confessioni. Questi dati dovrebbero allarmarci, incoraggiare chi ha dubbi. Invece no, in Italia chi ha dubbi viene massacrato, additato come pericoloso complottista, delegittimato. Mi rendo conto di quanto Manti e Montolli abbiano potuto soffrire quando, totalmente isolati per anni e anni, sono stati i primi e gli unici a riaprire il caso della strage di Erba. Erano gli unici, erano il cane che abbaia alla luna. A loro va il merito principale di aver riaperto questo caso almeno sotto il profilo mediatico e giornalistico”.

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