Come alcuni lettori di questo giornale ricordano, scrivo ininterrottamente da molti anni sul tema dell’Autonomia differenziata. Ne scrivo perché ho sempre temuto che, una volta approvato, nessun provvedimento quanto questo connoterebbe la nostra diversità di cittadini di fronte allo Stato italiano. Una sciagura. il Senato, com’è noto, quel testo, lo ha approvato e presto lo approverà anche la Camera. Molte figure del centrodestra si affannano in questi giorni a ripetere che con i Lep l’equilibrio sociale del Paese verrà ripristinato. Specie Calderoli si batte per tranquillizzare il Sud sulla bontà di questa legge che renderà tutti i meridionali ricchi e felici. Quindi aggiunge una minaccia sinistra che dà i brividi. Se il provvedimento non dovesse alla fine vedere la luce, ipotesi ormai di terzo tipo, come autopunizione non si candiderà più né alla Camera, né al Senato.
Lep
Ricordo ai lettori che per il ministro leghista la legislatura in corso è la nona che consuma da protagonista nella Roma ladrona dei vecchi tempi. Naturalmente tutti questi dispensatori di ottimismo omettono, sul tema dei Lep, di indicare l’elemento più importante: dove trovare le relative risorse. Ne occorrono un’infinità. Alcuni economisti parlano di circa 80 miliardi che ovviamente l’Italia non saprebbe dove reperire. D’altra parte, ci sarà un motivo se organi istituzionali terzi, Corte dei Conti, Banca d’Italia, Ufficio parlamentare di bilancio, e, per quello che conta, la Chiesa si sono dichiarati contrari al provvedimento perché consapevoli che per questa via – tempo dieci anni – la vita del Sud finirà per spegnersi. Intanto, nell’immediato, alcune ricche regioni del Nord, una volta approvato il testo in questione, tratterranno una buona parte del gettito fiscale prodotto nei loro territori e quindi sottratto all’erogazione di servizi che lo Stato distribuisce alle zone più disagiate del Paese. A questo punto per gli italiani il luogo di nascita diventa decisivo per tracciarne il destino. Se nasci nel Sud il destino che ti tocca è quello di un’Italia minore destinata all’irrilevanza. Il gap tra le due Italie è infatti già esponenzialmente aumentato negli ultimi anni.
Sanità
Quello che in questa stagione sta avvenendo nella sanità pubblica del Mezzogiorno, in particolare della Calabria, dà un senso di vertigine. Mi limito a soffermarmi su due dati che hanno a che fare con la vita stessa degli individui. Nascere in Trentino piuttosto che in Calabria regala un’aspettativa di vita media di tre anni in più. E la mortalità infantile è il 40 per cento più alta in Calabria che in Trentino. Di più. Un bambino che risiede nel Mezzogiorno ha un rischio di morire nel primo anno di vita del 70 per cento più elevato di uno che nasce al Nord. Mi fermo qui per non rendere impietosa una lunga litania. Il problema è che, dato l’abbassamento del livello culturale che negli ultimi anni flagella il Paese, questi dati sfuggono alla maggioranza dei cittadini. Anche se poi si abbattono sulla loro pelle.
Infine due considerazioni, sulla nostra classe politica e sull’unità del Paese. Purtroppo quell’abbassamento del livello culturale appena accennato tocca soprattutto la classe politica di questo tempo. Le varie leggi elettorali hanno dissolto la rappresentanza, operando un’indecente selezione degli eletti al servizio dei padroni delle liste e non del territorio di provenienza. Ovviamente la critica, oltre che nei confronti dei parlamentari, è rivolta soprattutto in direzione dei presidenti delle regioni meridionali. I quali trovano utile la Costituzione solo per l’elezione diretta che concede e per il conseguente potere che ne discende, ma non per i diritti che difende.
Seconda considerazione
La seconda considerazione. La premier in questi mesi di governo si è dimostrata abile nella politica spicciola, nel botta e risposta, segno che possiede buoni sia i riflessi, sia la memoria. Purtroppo sembra non possedere una cultura di fondo per cogliere quale valore ha sempre avuto nella storia del Paese l’idea stessa dell’unità. Ricordo che l’elemento prioritario dell’intera battaglia risorgimentale è stato il perseguimento dell’unità, trasfuso poi nell’ articolo 5 della Costituzione. Più d’uno storico si spinge ad affermare che lo stesso Giuseppe Mazzini, considerato il repubblicano per antonomasia, fosse disposto, per il raggiungimento dell’unità, ad accettare la monarchia. E si capisce il perché. Per 2000 anni l’Italia è stata governata da stranieri, un’Italia frammentata in tanti piccoli Stati a volte assai ricchi, le cui banche prestavano il proprio denaro ai regnanti d’Europa, i cui artisti diffondevano nelle corti del tempo la passione per la bellezza. Solo che, malgrado anche lo stesso Dante nelle notti insonni del lungo esilio sognasse l’Italia unita fino a tracciarne nel Purgatorio i confini, malgrado questa smagliante ricchezza economica e spirituale che, attraverso i suoi geni, dispensava in Europa, sul piano istituzionale l’Italia restava “un volgo disperso che nome non ha”. Dubito che il Nord voglia tornare a quell’Italia. Non gli converrebbe