Strage di Erba, il caso riaperto su un volo per Reggio Calabria. Intervista a Felice Manti: “Rosa e Olindo sono innocenti senza ombra di dubbio”

Il caso della strage di Erba è riaperto grazie al coraggio di due giornalisti e un pool di avvocati di Reggio Calabria: Felice Manti, caporedattore del Giornale, si batte da oltre 15 anni per la verità e non ha dubbi sull'innocenza di Rosa e Olindo

StrettoWeb

Felice Manti è un affermato giornalista d’inchiesta, caporedattore del Giornale, che negli ultimi anni ha condotto una vera e propria battaglia di libertà insieme a (pochi) altri colleghi e agli avvocati per ristabilire la verità sul caso della Strage di Erba: “il più grande abbaglio giudiziario della storia d’Italia dal dopoguerra“, come ha detto il giornalista oggi ai microfoni di StrettoWeb. Felice Manti è un raffinato scrittore e attento osservatore di politica, cronaca, giudiziaria: al giornalismo investigativo e d’inchiesta ha dedicato tutta la sua vita e adesso spera che Olindo Romano e Rosa Bazzi possano avere giustizia, ritrovando la libertà. “Perchè non c’è alcun dubbio che siano innocenti, ormai lo hanno capito tutti“.

La riapertura del caso nasce proprio dall’incrocio – inizialmente casuale – tra giornalisti e avvocati di Reggio Calabria. E in particolare su un volo aereo diretto a Reggio Calabria dell’ottobre 2007. A svelarlo è proprio Felice Manti nell’intervista.

Com’è iniziato tutto?

Io mi sono accostato alla vicenda giudiziaria della strage di Erba insieme al collega Edoardo Montolli ad ottobre 2007: non durante le indagini, non durante gli arresti, non durante le presunte confessioni ma soltanto quando scopro casualmente che Rosa e Olindo hanno cambiato legali e tra i nuovi c’è Fabio Schembri, che io conosco perchè è di Reggio Calabria come me, è un grande avvocato e l’ho incrociato qualche volta in circostanze informali al punto da avere una certa confidenza. Sempre ad ottobre 2007 scopro che i nuovi avvocati anziché scegliere il rito abbreviato, consigliabile per chi era spacciato e aveva prove granitiche che dimostravano la propria colpevolezza, scelgono il rito ordinario in cui tutte le prove dovranno essere discusse in dibattimento e dovranno essere dimostrate scientificamente durante il processo. Il terzo elemento che mi incuriosisce a ottobre 2007 è che i RIS portano il loro report chiesto dalla Procura all’udienza preliminare del processo. In questo report i RIS dicono che non sono riusciti a trovare macchie di sangue di Rosa e Olindo nella scena del crimine ma soprattutto dicono che non sono riusciti a trovare tracce del sangue delle vittime nell’appartamento di Rosa e Olindo. In quel momento, incuriosito da un caso che aveva grandissima rilevanza nazionale e a cui lavorava un avvocato della mia stessa città, inizio ad approfondire la vicenda e mi interrogo come qualsiasi giornalista dovrebbe fare. Un giornalista investigativo, ma anche un giornalista semplice, si interroga e si chiede com’è possibile che gli avvocati chiedono il rito ordinario se la colpevolezza è acquisita? Mi chiedo com’è possibile che Rosa e Olindo ritrattino le confessioni, mi chiedo soprattutto com’è possibile che i RIS non trovano tracce di sangue nell’appartamento di Rosa e Olindo? In quel momento mi scatta la curiosità: che cosa diamine è successo quella sera a Erba? Che cosa è successo dopo nelle indagini? Ci sono troppe cose che non tornano e inizio ad indagare…

E quindi arriva quel volo Milano-Reggio Calabria…

Un colpo di fortuna che ha velocizzato le cose, ma in ogni caso con l’avvocato Schembri mi sarei incontrato facilmente. Ricordo benissimo quel momento: erano passati pochi giorni dall’udienza preliminare e con l’avvocato ci troviamo casualmente sul volo aereo in partenza da Milano che ci avrebbe riportato a casa, nella nostra Reggio. A quel punto parliamo subito della strage di Erba e io inizialmente nascondo i miei dubbi per capire la sua reazione. Ricordo il nostro confronto: io gli chiesi testualmente, “Fabio ma che stai facendo?”. E lui mi risponde: “Felice, vedi che Rosa e Olindo non c’entrano niente davvero”. E io replico: “Ma non scherzare, Fabio tu fai il tuo lavoro e io ti rispetto ma non prendermi in giro…”. Lui mi risponde ancora: “vieni da me in studio e te lo dimostro”. Io ho riflettuto per tutto il tempo: Fabio Schembri non è l’ultimo arrivato, e con me abbiamo una certa confidenza. Se lui mi sta dicendo in quel modo, qualcosa che non torna c’è davvero“.

E quindi poi sei andato allo studio.

Certo, sono andato subito e ho capito tutto. L’avvocato aveva ragione, Rosa e Olindo sono innocenti. O quantomeno non ci sono prove della loro colpevolezza, ma poi mi sono convinto della loro innocenza approfondendo il caso negli anni. Ero ancora nel suo studio quando, sbalordito dalle prove, chiamo Edoardo Montolli e gli dico che questa cosa è più grande di me. Lui era direttore di una collana che faceva libri di inchiesta, e gli chiedo se gli va di raccontare questa cosa. Anche lui era sbigottito. Mi ricordo le sue parole: “Ma che dici Felice, ma tu sei pazzo”. Poi andiamo da Schembri a vedere tutto insieme, ed effettivamente anche lui si rende conto che non torna niente. In questo modo è nato il libro “Il Grande Abbaglio”, con i primi articoli a quattro mani sul Giornale. Siamo ancora nell’autunno del 2007, quindi 11 mesi dopo la mattanza. Rendiamo pubbliche carte che oggi tutti danno per scontate ma che nessuno aveva mai pubblicato fino a quel momento“.

Ad esempio?

Ad esempio il fatto che Olindo Romano non sia stato riconosciuto subito da Frigerio, l’unico superstite della strage che parlava di un olivastro mai visto prima. Olindo, invece, è bianco ed era il suo vicino di casa. E poi il fatto che la macchia di sangue sul battitacco della macchina di Olindo sarebbe frutto di contaminazione involontaria. Ma su questo non c’è bisogno neanche di prove….

Che intendi?

Intendo che basta usare un po’ di logica: se davvero fossero stati Rosa e Olindo, in quella macchina macchie di sangue dovevano essercene mille non una. La macchina di Filippo Turetta è stata ritrovata piena di tracce di sangue della povera Giulia: nel caso della strage di Erba parliamo di quattro persone uccise, almeno 15-20 litri di sangue, e due presunti assassini sporchi di quel sangue. Come fai a non avere alcuna traccia nell’appartamento e una sola controversa nella macchina? Queste cose le capiscono anche i bambini…

Sulle tracce di sangue cosa dicono i RIS?

Ecco, bravo. Noi nei nostri articoli del 2007 riportiamo proprio quello che dicono i RIS. I RIS non trovano alcuna traccia di sangue: questa circostanza è incredibile. Non è mai successo in un omicidio che non ci siano tracce di sangue delle vittime nei colpevoli. O Rosa Bazzi è più brava dei RIS e deve essere assunta nei RIS se è in grado di cancellare tutte le prove della mattanza, o i RIS devono ammettere che Rosa e Olindo sono innocenti, come poi succederà a processo. I RIS, infatti, vengono chiamati al banco dei testimoni non dall’accusa che li ha ingaggiati, ma dalla difesa! Il più autorevole gruppo di scienziati italiani dell’arma dei Carabinieri, quindi un corpo dall’indiscutibile legame istituzionale, rappresenta un quadro probatorio inesistente e l’accusa anziché chiamarlo al banco li concede alla difesa… Ti rendi conto, Peppe? Anche questo è un fatto nuovo, inedito, mai successo prima nella storia giudiziaria. Noi nei nostri articoli ci focalizziamo subito sui RIS, noi diciamo che i RIS hanno trovato del DNA che non è di nessuno, com’è possibile? C’è una traccia di scarpe di uno di cui non si trova l’identità: non è dei soccorritori, non è delle vittime, non è di Olindo e Rosa. E su questi particolari cala il silenzio sin da subito. Sempre i RIS trovano l’unica macchia di sangue da schizzo di Frigerio sulla rampa di scale che collega i due appartamenti e questa circostanza colloca l’aggressione di Frigerio non davanti alla porta – dove lui dirà di essere stato colpito e dove poi Olindo dirà pedissequamente di averlo colpito – ma in un altro luogo. Questo mina ogni attendibilità del ricordo di Frigerio. I RIS trovano un guanto di lattice su cui ci sono tracce biologiche riconducibili al piccolo Youssef e quando pubblichiamo questo pezzo, gli altri giornaloni anziché chiedersi com’è possibile, fanno finta di niente. Eppure qualcuno, cioè Carlo Castagna, va in procura a dire che quel guanto proviene dai suoi cantieri e che lo aveva regalato lui al piccolo Youssef, che quindi non c’entra niente con la mattanza e finisce fuori dal processo. Apriamo una piccola parentesi: nelle confessioni Rosa e Olindo diranno di aver usato dei guanti di tela bianchi: è plausibile pensare che invece proprio quel guanto di lattice era stato utilizzato dai veri assassini, perchè consente una presa forte, l’assenza di impronte digitali e il fatto che ci sia il DNA del bambino potrebbe dimostrare che era servito a uccidere il bambino. Questo lo dicono i RIS. Invece quel guanto viene lasciato perdere nelle indagini“.

Dopo gli articoli, pubblicate il libro ma rimanete da soli. Quasi considerati eretici.

Nel libro analizziamo i verbali e da quelli capiamo che c’è stata la contaminazione involontaria per la macchia di sangue nella macchina. Uno dei Carabinieri che ha fatto la perquisizione nell’appartamento della strage, è poi salito anche in macchina: così lanciamo l’ipotesi di una contaminazione involontaria perchè un Carabiniere non troppo esperto entra a casa, si sporca, calpesta il sangue e poi va in macchina e ci sta che sporca la macchina. Quando scriviamo questa cosa nel libro, è un fatto oggettivo, un verbale. E invece no, succede qualcosa di clamoroso: durante il processo il comandante dei Carabinieri dice che il verbale di perquisizione dell’auto l’ha firmato quel Carabiniere, ma effettivamente la perquisizione l’ha fatta un altro Carabiniere che non ha firmato il verbale. Ergo, un luogotenente dei Carabinieri dice a processo che il verbale è falso! In un Paese normale quella prova viene quantomeno cancellata e il Carabiniere viene quantomeno indagato per falso. E invece nel processo per la strage di Erba non viene tolta la prova e non viene indagato il Carabiniere“.

Come ti sei sentito per le reazioni scatenate dal libro?

Non è stata una cosa piacevole soprattutto quando il PM Massimo Astori ha detto durante la requisitoria, nel momento più alto di tutti, che nell’inchiesta non c’era alcun “Grande abbaglio”. Ha citato il titolo del nostro libro quasi come se fosse una sfida, come se io avessi intralciato il suo disegno. Non è stata una sensazione piacevole. Ha anche detto che – addirittura – le confessioni sarebbero state contrattate in cambio di una campagna stampa innocentista! Se un magistrato dice queste cose è come se io e Montolli fossimo i registi della ritrattazione, ma in realtà io e Montolli arriviamo dopo che loro avevano già ritrattato le confessioni da tempo e questo smentisce in pieno le dichiarazioni di Astori. Il PM ha sbagliato proprio la consecutio temporis: Rosa e Olindo non hanno ritrattato le confessioni perchè gliel’abbiamo detto noi; ma noi siamo arrivati e ci siamo incuriositi al caso proprio perchè loro hanno ritrattato le confessioni. Ci hanno accusato di seminare dubbi e incertezze, una frase tratta dalla Bibbia di Olindo. Olindo ha una Bibbia in carcere in cui scrive tante cose, fa delle considerazioni, alcune surreali, altre ingenue, altre macchinose. Questa Bibbia la abbiamo tirata fuori noi, siamo stati noi i primi a scrivere del fatto che Olindo aveva questa Bibbia e che lì dentro c’era un codice in cui lui scriveva con una cifratura. Se noi avessimo voluto nascondere l’idea che fossimo gli ispiratori di una campagna stampa innocentista, non avremmo certo tirato fuori la storia della Bibbia. Poi per fortuna dopo le nostre inchieste altri si sono accostati a questa vicenda: il settimanale Oggi, Antonino Monteleone alle Iene, e adesso Tarfusser che riconosce come a chiarire tutto sia stato un libro, il nostro libro“.

Immagino che questo debba essere un motivo di grande orgoglio per te, da giornalista.

Sì, nella richiesta del dott. Tarfusser sulla riapertura del caso viene formalmente riportato un mio articolo come prova. Un articolo di un giornalista del Giornale è tra le nuove prove che un Procuratore Generale della Cassazione chiede di prendere in considerazione per la revisione di un processo. Di solito i giornalisti prendono ordini dai giudici e scrivono quello che i giudici gli dicono; non sono i giornalisti comunemente a dire ai giudici quali potrebbero essere le cose, ‘guarda che forse è andata così‘”.

Eppure contro Rosa e Olindo ci sono ancora molti sentimenti avversi, nella magistratura e in una parte dell’opinione pubblica.

Ormai tutti hanno capito che sono innocenti. Qualcuno li ha accusati negli anni perchè li vedeva sorridere durante il processo: proprio questo particolare spiega molte cose. Loro durante il processo sorridevano perchè avevano la possibilità di stare insieme. Se sono colpevoli o innocenti, per loro non è così importante rispetto alla necessità di stare insieme. Il rapporto tra loro due è così intenso, forte e struggente, che anche il processo in cui sono accusati delle peggiori nefandezze diventa un’opportunità per stare insieme. Questo la dice lunga sul loro stato mentale e sulla capacità di comprendere la gravità delle accuse che gli vengono rivolte. Questa circostanza dimostra che certamente il rapporto affettivo e amoroso tra due soggetti definiti in modo sprezzante dal PM “un quadrupede”, cioè un unico soggetto che si muove all’unisono, fosse stata la leva che i magistrati hanno utilizzato per convincerli a confessare. Ci sono intercettazioni in cui gli dicono “o lei confessa o sua moglie non la vede più”. Ci rendiamo conto in che contesto questi due hanno confessato?“.

Qualcuno ancora oggi dice che avrebbero raccontato particolari che solo loro potevano conoscere.

E’ falso, non è dimostrato. Sono solo fake news. La confessione di Olindo è tutta spalmata sull’istanza di fermo: Olindo non racconta nulla di nuovo, racconta quello che ha letto sui giornali, non dice niente che non sanno i magistrati, non spiega com’è morta Valeria Cherubini, non dice che l’incendio è stato appiccato con un accelerante, un particolare che emergerà dopo in quanto lo diranno i RIS e un vigile del fuoco volontario durante il processo. E invece Olindo quando confessa dice di aver usato solo l’accendino. Le confessioni vengono rese da due soggetti che sono difesi dallo stesso avvocato, e quando uno accusa anche l’altra, l’avvocato avrebbe dovuto dire di poter difendere o uno o l’altro. Questa è una gravissima compressione dei diritti di difesa: serviva un altro legale, uno per Rosa e uno per Olindo. Non sono stati garantiti nei loro diritti basilari. Inoltre loro due confessano con sul tavolo le foto della strage: in un’intercettazione della confessione si sente un pm che dice “passiamo alla prossima prova”, e poi il pm sarà costretto ad ammettere alla requisitoria che loro due hanno confessato con sul tavolo le foto della strage. Se tu sul tavolo hai le foto della strage e non dici niente di nuovo, come fai a sostenere che quella confessione sia nuova e genuina? E’ impossibile! In più a Rosa Bazzi viene fatta ascoltare integralmente sia la confessione del marito in cui lui dice di aver fatto tutto da solo, sia la confessione in cui dice di aver fatto tutto con la moglie. Rosa inizialmente sente la prima e dice che Olindo ha detto la verità, poi l’avvocato gli dice che non è quella la confessione in cui deve dire di essere d’accordo, le fanno sentire l’altra in cui Olindo dice che hanno fatto tutto insieme, e lei aderisce alla seconda“.

Forse proprio inseguendo l’amo della possibilità di ritrovarsi, insieme, soltanto se avessero confessato il delitto.

Guarda, Peppe, per farti capire come sono Rosa e Olindo ti racconto una cosa che tutti dovrebbero sapere. Scrivila chiara che è un quadro preciso: nel corso del processo, i legali sono finiti sul banco degli imputati: siccome cambiano strategia e fanno il rito ordinario, l’esibizione di queste prove deboli deve essere messa in piazza e questo mette in imbarazzo chi sa che le prove non sono granitiche, allora se la prendono con loro. In più di una circostanza, gli avvocati difensori vengono messi sul banco degli imputati come se, facendo il rito ordinario, avessero commesso il reato di infedele patrocinio. Come se avessero costretto Rosa e Olindo a ritirare le confessioni, facendo il male dei loro imputati. I legali sono stati messi in grande difficoltà su questo, non perchè le accuse fossero vere ma perchè era un’accusa gravissima. In quel momento, di fronte a questa difficoltà, Rosa Bazzi chiama Luisa Bordeaux che è la sua legale e le dice: avvocato mi dispiace che lei stia subendo tutto questo per colpa nostra. Ti rendi conto? In quel momento Luisa Bordeaux si mette a piangere, scappa dall’aula e non torna più in quell’udienza. Questo episodio dimostra che Rosa Bassi sotto processo per strage si preoccupa più dell’onorabilità del suo avvocato rispetto alla sua stessa condizione di detenuta ed è mossa da pietà nei confronti del legale, perchè si rende conto che il legale è sulla graticola per ‘colpa’ sua! Capite che questi soggetti non sono in grado di comprendere la complessità delle accuse per cui sono alla sbarre? Gli avvocati fanno un’istanza ipotizzando che il clima in cui si svolge il processo non sia sufficientemente sereno da garantire un equilibrio del giudizio: lo conferma il fatto che quando i giurati uscivano dal tribunale, la gente gli chiedeva a gran voce di condannare Rosa e Olindo perchè c’era tantissima rabbia contro di loro. Ma che non ci fossero le condizioni di equilibrio in quella sede lo dirà anche qualche anno dopo uno dei giudici della corte al podcast Anime Nere, confermando che in quel processo di primo grado c’era un clima pregiudiziale“.

Quale ritieni sia l’elemento chiave per la revisione del processo?

Senza ombra di dubbio la morte di Valeria Cherubini, il più grande vuoto del processo. Valeria Cherubini viene trovata a casa sua in posizione supina, in ginocchio, con le mani a protezione del capo a circa 47 colpi tra bastonate e coltellate in testa e nel corpo. Quando i vigili del fuoco arrivano sulla scena del delitto, lei è ancora viva: i soccorritori diranno che si sentiva distintamente gridare aiuto aiuto aiuto. E’ una circostanza importantissima perchè testimonia che alle 8.20 Valeria Cherubini è viva: lo dice il soccorritore che ha soccorso Frigerio, il marito di Valeria Cherubini. Il soccorritore dirà che non se l’è sentita di salire a salvarla perchè c’era troppo fumo per l’incendio. Io penso che invece aveva capito che gli aggressori erano ancora lì, e quindi giustamente si è preoccupato di non perdere la sua vita. Quando finisce l’incendio, Valeria Cherubini viene ritrovata con la lingua tagliata e la gola squarciata: ovviamente se questi tagli fossero precedenti, non avrebbe mai potuto gridarie aiuto. Logica vorrebbe che fosse morta dopo aver gridato aiuto, che quelle coltellate siano state inferte dopo. Ma se così è, vuol dire che gli aggressori erano ancora dentro la palazzina. E allora da dove possono essere scappati? C’è una sola possibilità: il balconcino di casa Castagna, un appartamento che dava dall’altra parte di via Diaz. Lì ci sono tracce di sangue calpestato, e da lì un vicino di casa che non c’entra niente con nessuno, un testimone del processo, dice di aver visto persone fuggire. Di fronte a questa ipotesi, come si fa a pensare che invece Valeria Cherubini – come dice la Cassazione – sia morta nel suo appartamento dopo che Olindo l’aveva presa a coltellate e bastonate? Nelle confessioni deliranti di Rosa e Olindo, loro diranno di averla colpita 2-3 volte con un coltellino, invece lei ha subito 47 colpi… Le perizie scientifiche nuove stabiliscono inoltre che Valeria Cherubini ha una lesione importante a un muscolo della coscia, una lesione che avrebbe impedito a chiunque, anche a un supereroe, di salire le scale dopo quel colpo. Quindi quella ferita al muscolo è successiva alla salita nella rampa di scale: come si fa a pensare che Rosa e Olindo l’abbiano aggredita, si siano spogliati, rivestiti, siano andati via, quando c’erano già i soccorritori, il tutto senza farsi vedere? E’ impossibile. Io sono ragionevolmente convinto che la morte di Valeria Cherubini sia l’elemento dirimente, perchè non si può minimamente attribuire a Rosa e Olindo. Nessuno può conciliare quella morte con le confessioni. E anche l’avvocato della vittima ammette che lui non sa spiegare al marito (Frigerio) com’è morta la moglie: c’è la mia intervista a Manuel Gabrielli, poi morto suicida, in cui dice che il riconoscimento di Olindo è pieno di incongruenze. L’avvocato del super testimone si lascia scappare con un giornalista che il riconoscimento di Olindo è pieno di incongruenze! Capisci Peppe? E aggiunge appunto che il suo assistito non sa ancora com’è morta la moglie: una frase cruciale. Vuol dire che sulla morte di Valeria Cherubini c’è buio pesto“.

Ma allora chi è stato a compiere la strage?

C’è un altro elemento che ci avvicina alla verità: nel contatore dell’appartamento della strage ci sono picchi di consumo compatibili con la presenza in casa di alcune persone a metà pomeriggio. Circostanza che fa scopa con altri tre fatti che abbiamo sempre scritto: quando Frigerio si sveglia parla di una persona di etnia araba che frequentava quell’appartamento. Gente che frequentava, cioè che aveva le chiavi. E i RIS trovano sul luogo del delitto un mazzo di chiavi che nessuno reclama. I vicini di casa siriani dicono di aver sentito rumori esattamente quando il perito della difesa dice che ci sarebbero state persone in casa intorno alle 17-18: questa testimonianza non è stata presa in considerazione. Perché? Un complice di Azouz Marzouk nella vicenda dello spaccio dice inoltre che in quell’appartamento si spacciava e potrebbero esserci dei soldi: è più che ragionevole pensare che in quell’appartamento ci fossero persone che stessero cercando o soldi o droga e che fossero lì con quell’intento, e che magari pensassero che sarebbe arrivato Azouz Marzouk forse perchè volevano ammazzarlo per un regolamento di conti tra bande. Azouz Marzouk in realtà era in Tunisia, ma ci sono testimonianze che riferivano di averlo visto ad Erba. Non era lui, ma c’era il fratello che gli somiglia moltissimo: sembrano quasi la stessa persona. Forse qualcuno pensava che Azouz Marzouk fosse ancora in Italia e voleva ucciderlo, non lo sappiamo. Ma l’ipotesi del commando legato allo spaccio di droga e a regolamenti di conti interni con Azouz Marzouk è perfettamente compatibile con l’inchiesta della Guardia di Finanza che vedrà la luce dopo pochi giorni e che incredibilmente non convergerà mai in questo processo come invece reclamano ancora oggi i legali di Rosa e Olindo. Probabilmente in quell’inchiesta ci sono intercettazioni ambientali che oggi sarebbero fondamentali per capire cosa succedeva in quell’appartamento“.

Perché queste intercettazioni non si trovano e non sono mai finite a processo?

Bella domanda. Ci sono anche altre intercettazioni che o sono sparite o sono state nascoste all’opinione pubblica, e sono intercettazioni che raccontano un’altra storia anche rispetto all’atteggiamento di Rosa e Olindo con Frigerio. Rosa e Olindo, infatti, dicono di volerlo andare a trovare in ospedale e invece i grandi giornali raccontano che loro dicevano di dormire meglio dopo la morte dei vicini. Perché non è mai uscita questa frase? Perché la stampa ha avuto una fonte e basta, si è accontentata anche di fronte alla presenza di nuovi elementi così palesi e ancora oggi osteggia quei pochi che si battono per la verità, continuando ad alimentare fake news? Io ne parlo anche oggi sul Giornale: si stanno inventando la qualunque, stanno inquinando il dibattito. Ma mi chiedo perchè? I nostri articoli e i nostri libri hanno acceso una luce, una fiaccola su questa vicenda. Una luce che oggi è molto forte, abbagliante, e inchioda questa vicenda come il più grande abbaglio giudiziario dal dopoguerra. La Corte d’Appello di Brescia avrà il coraggio di dirlo? Vedremo. A oggi l’opinione pubblica sa che i misteri, le incongruenze, gli errori di questo processo non hanno precedenti nella storia giudiziaria di questo Paese. I fatti, oggi, sono lampanti. Chi ha paura della verità?

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