L’autonomia differenziata e l’ottusità del catastrofismo meridionalista

Le surreali considerazioni "meridionaliste" sull'autonomia differenziata: dipingono uno scenario catastrofico che però è già oggi la realtà

StrettoWeb

Sta facendo molto discutere la riforma dell’autonomia differenziata che il 23 gennaio è stata approvata dal Senato e adesso passa all’esame della Camera: si tratta di un processo avviato sette anni fa (2017) dalla Regione Emilia Romagna, a cui poi si sono accodate Veneto e Lombardia, per migliorare la riforma del Titolo V della Costituzione che nel 2001 istituì l’autonomia regionale su volere del Pd che era al Governo. Il paradosso di tutto questo dibattito è proprio l’ipocrisia degli schieramenti politici: è stato il Pd nel 2001 ad approvare la prima storica riforma che attribuiva più autonomia alle Regioni, è stato il Pd al governo della Regione Emilia Romagna a chiedere un ulteriore passaggio con l’autonomia differenziata e adesso è il Pd a fare le barricate contro il disegno di legge e addirittura promuovere un’iniziativa referendaria con l’intenzione di boicottare un’iniziativa attesa da tempo per modernizzare il nostro Paese.

Ma a prescindere dagli schieramenti politici che ci hanno abituato a questi continui capitomboli dettati dalla faziosità di partito, l’aspetto più curioso del dibattito sull’autonomia differenziata è il catastrofismo con cui questa riforma viene raccontata nelle Regioni del Sud: un catastrofismo tipico del vittimismo meridionalista e basato sulla classica volontà di incutere paura nella popolazione per scatenarne la rabbia contro il legislatore.

Gli oppositori dell’autonomia differenziata, spesso e volentieri nostalgici dei Borbone e del Regno delle Due Sicilie a cui meno di un anno fa avevamo dedicato l’articolo “Il paradosso dei nostalgici dei Borbone: vorrebbero un Sud autonomo, ma sono contro l’autonomia“, paventano scenari catastrofici che si verificherebbero al Sud a seguito dell’eventuale approvazione dell’autonomia differenziata, denotando profonda ignoranza in materia in quanto la riforma dell’autonomia differenziata prevede proprio che siano le singole Regioni, eventualmente e soltanto qualora lo volessero (senza quindi alcun obbligo in tal senso!) a chiedere al governo Centrale maggiori autonomie.

In ogni caso, i catastrofismi di cui vanno blaterando e che ripetutamente leggiamo sui giornali e ascoltiamo in televisione sono testualmente:

  • con l’autonomia differenziata i meridionali saranno costretti ad andare al nord persino per curarsi le malattie, i tumori, i problemi di salute”
  • con l’autonomia differenziata i meridionali saranno costretti ad andare al nord persino per lavoro: insegneranno nelle scuole del nord, faranno il personale ATA nelle scuole del nord, diventeranno portalettere a tempo determinato nelle città del nord, persino medici e infermieri meridionali lavoreranno negli ospedali del nord”
  • con l’autonomia differenziata, le più grandi aziende produttive dell’Italia saranno tutte al Nord, mentre al Sud non rimarranno che le briciole”
  • con l’autonomia differenziata, al Nord si guadagnerà più del doppio di quanto non si guadagna al Sud”

Appare persino offensivo per l’intelligenza di chi legge e ascolta precisare che in realtà, tutto questo non è ciò che potrebbe succedere dopo l’introduzione dell’autonomia differenziata bensì si tratta di ciò che è già accaduto senza l’autonomia differenziata. E’ quindi l’ennesima conferma che il Sud, più del Nord, ha bisogno di un cambiamento. Dovrebbe essere il Sud, più del Nord, a chiedere riforme che possano migliorare gli attuali assetti del Paese. Potrebbe essere il Sud, più del Nord, a beneficiare di un nuovo sistema di autonomie laddove i governatori Regionali e gli amministratori locali avranno la capacità di gestire il bene pubblico meglio di come non faccia il governo centrale, con un maggior legame e con più vicinanza rispetto alle problematiche e alle esigenze dei territori.

Come sempre, la narrazione della realtà è totalmente fuorviante rispetto alla realtà stessa. A maggior ragione in un momento storico in cui è in carica il governo che in poco più di un anno sta puntando sul Sud più di ogni altro, con l’epocale introduzione della Zes Unica e l’investimento senza precedenti nel Ponte sullo Stretto, nell’alta velocità ferroviaria e nelle nuove autostrade per infrastrutturare il meridione.

Ma non è una novità: il Sud s’è ormai così tanto abituato a farsi prendere in giro, che non vuole più farne a meno. Di continuare a farsi prendere in giro.

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