Giornata del Malato: “la malattia può togliere tutto ma non la dignità”

Il Vescovo di Lamezia Terme: "dobbiamo ringraziarvi, cari ammalati, perché voi che siete considerati i più deboli, siete i più forti"

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“Di fronte alla persona ammalata, siamo chiamati ad assumere lo stile stesso di Dio manifestato da Gesù. Quando Gesù si fa carico della persona ammalata, ricrea l’umanità, la riporta allo splendore dell’immagine originaria di Dio. Non c’è malattia che possa annullare la dignità dell’uomo. La malattia potrà togliere la forza, la parola, le gambe, ma non la dignità. Ogni vita è degna di essere vissuta e si può vivere se accanto agli ammalati ci sono coloro che, con compassione, se ne
prendono cura”. Così il vescovo di Lamezia Terme monsignor Serafino Parisi che, alla vigilia della giornata mondiale del malato, in occasione del passaggio nella diocesi lametina dell’effigie pellegrina della Madonna di Lourdes a cura della sottosezione lametina dell’Unitalsi.

“In un contesto sociale che tende a considerare la malattia come un peso, il malato stesso come un peso – ha proseguito Parisi – noi dobbiamo affermare che non c’è malattia che possa annullare l’uomo. La malattia è un appello alla comunità dei credenti a non abbandonare nessuno, perché la vicinanza della comunità cristiana ai fratelli ammalati è segno della vicinanza stessa di Dio. Nell’ammalato c’è Cristo stesso e noi, servendo la carne dell’ammalato, curiamo la carne di Cristo nei nostri fratelli. Questo è il servizio che ci viene richiesto: non bloccarsi davanti alla malattia, non lasciarsi sconfiggere dal dramma del male, ma entrare nella ferita dell’umanità per mettervi dentro il seme della vita bella che il Signore ci ha voluto donare”.

Dal vescovo di Lamezia, l’invito ad assumere lo stile della compassione di Gesù che “non è commiserazione, non è dire “poverino, mi dispiace…”, ma è l’assunzione sulla mia carne della croce dell’altro, è soffrire insieme a lui. Quelli che stanno più vicini agli ammalati, sanno bene che gli ammalati non hanno bisogno di chiacchiere, ma di vicinanza. A volte non possiamo fare nulla per le persone ammalate, ma solo stare vicini, far sentire all’altro che non è solo: questa è già una prima forma di cura. Accanto all’ammalato, a volte non c’è bisogno di parole. Basta stare accanto, anche nel silenzio, rompere l’abbandono e la solitudine facendo sentire la nostra prossimità”.

Dobbiamo ringraziarvi, cari ammalati, perché voi che siete considerati i più deboli, siete i più forti. Sulla vostra croce, voi portate tutta la speranza che c’è nel mondo. Grazie a voi che servite ogni giorno gli ammalati – ha concluso il vescovo Parisi rivolgendosi ai volontari e agli ammalati ai quali, al termine della celebrazione, è stato amministrato il sacramento dell’unzione degli infermi – Auguro a voi ammalati di sentire nella vostra condizione la consolazione di Dio, che si fa presente in tutti coloro che, con compassione, si fanno carico della vita di chi soffre e del loro avvenire”.

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