Le Camere Penali di Catanzaro e Cosenza si fermano per dire basta ai suicidi in carcere

Un giorno di astensione da udienze e attività giudiziarie per mettere un freno all'emergenze carceriaria: è un dramma di Stato"

StrettoWeb

Oggi, 20 marzo 2024, le Camere Penali di Catanzaro e Cosenza si fermano: niente udienze e sospesa ogni attività giudiziaria nel settore penale a fronte della insostenibile emergenza carceraria. Una giornata importante, quella odierna, che prevede l’astensione nazionale proclamata dall’UCPI per chiedere “un carcere diverso” e per dire basta al fenomeno dei suicidi in carcere.

Camera Penale di Catanzaro

“Le politiche in materia di sicurezza realizzate dallo Stato italiano negli ultimi decenni sono la causa del fenomeno cronico del sovraffollamento carcerario e delle conseguenze inumane e degradanti dello stato di detenzione, certificate persino da pronunce di condanna da parte della CEDU nei confronti della Repubblica Italiana.

Sono passati oltre dieci anni da questa storica pronuncia e, nonostante l’indice di commissione dei reati sia in costante calo, la situazione all’interno degli istituti di pena non è mutata: il numero di detenuti è superiore alle 60.000 unità e, con un aumento costante di circa 400 detenuti al mese.

I cittadini detenuti negli istituti di pena, che per lo più appartengono alla fascia dei soggetti economicamente in stato di povertà e spesso sono di origine meridionale, con frequenza oramai drammatica decidono di togliersi la vita, piuttosto che soffrire una detenzione che si connota per un insopportabile, quanto illegittimo, surplus di afflittività. Dall’inizio dell’anno, in due mesi e mezzo, sono venticinque i soggetti in stato di detenzione che hanno deciso per il suicidio, uno ogni tre giorni.

È necessario che il Governo e il Parlamento abbiano il coraggio politico di fare ricorso agli istituti di clemenza collettiva, l’amnistia e l’indulto, che sono stati costituzionalmente previsti e ampiamente utilizzati nella storia dello Stato italiano proprio per fronteggiare situazioni emergenziali, dalla monarchia alla repubblica passando per il fascismo”.

Camera Penale di Cosenza

Anche la Camera Pneale cosentina sposa le stesse motivazioni di quella di Catanzaro e va per l’astensione. “Che di carcere non si può morire è stato già detto. Tante volte. La situazione è, con ogni evidenza, emergenziale. Ma se per molti, ormai decisamente troppi, è tardi per capire che il carcere non è un luogo in cui la restrizione della libertà equivale a privazione della dignità, per chi assiste ad un così imponente grido di allarme è finito il tempo di restare spettatori passivi”.

“Se la parola d’ordine è sensibilizzazione, la sensibilità viene prima di tutto. Perché amareggia pensare che nel 2024 vi sia chi ritiene che la popolazione detenuta rappresenti un mondo a parte; un sotterraneo fatto di mostri, derelitti della società o, molto più semplicemente, di colpevoli che hanno meritato di essere sbattuti in una cella dove finire il resto della loro vita. Sempre che la giustizia non bussi alla porta”.

“Da questo punto di vista, il carcere rappresenta un mondo che è parallelo al mondo della società civile, che tale è, tale deve rimanere; ma l’errore di fondo è non considerare la diretta concatenazione che, invece, esiste tra la società carceraria e i cittadini liberi. Laddove una pena non sortisca il suo effetto rieducativo, tali limiti non possono che ripercuotersi sulla stessa società libera, con aumento del tasso di criminalità e di recidiva”.

“Se ciò accade, il sistema ha fallito e urgono rimedi. Che di carcere si muore ne è ulteriore conferma il numero di suicidi che colpisce il Corpo di polizia penitenziaria (ben 85 dal 2012), a riprova del fatto che le – spesso – degradanti condizioni della vita intramuraria coinvolgono l’intero sistema giustizia ed alimentano il numero delle vittime (senza distinzione) di una precaria gestione della fase esecutiva (o cautelare) della pena”.

Non sono drammi personali ma drammi di Stato

“Sovraffollamento, carenza di organico, inadeguata assistenza sanitaria (specie per il supporto psicologico, in particolar modo al momento dell’ingresso), carenza di spazi aperti di maggiore osmosi con il mondo esterno, ove poter coltivare tanto il rapporto con gli affetti quanto attività riabilitative”.

“Tutti fattori stressogeni, che alimentano l’isolamento del detenuto dalla società e ne esasperano la detenzione, con conseguente difficoltà di gestione da parte del personale penitenziario, sortiscono l’effetto opposto rispetto alla funzione assegnata dalla Carta costituzionale al trattamento voluto dal legislatore costituente nell’articolo 27”.

“È evidente che si impone l’adozione di misure necessarie a dare attuazione ai più alti valori costituzionali di rispetto dell’uomo -in quanto tale- e dei suoi diritti fondamentali, ancorché privato della libertà personale, in accordo alla finalità di risocializzazione, che soltanto legittima la pena”.

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