“Se la Calabria non supera la sua emergenza sanitaria non sarà mai una regione normale”. È quanto ha affermato intervenendo ieri in Aula, il consigliere regionale del Partito democratico, vicepresidente della commissione Sanità, Amalia Bruni. “Abbiamo chiesto un’informativa al Presidente e Commissario sulla rete ospedaliera regionale approvata con il DCA 69 il 14 marzo scorso. Troppi gli interrogativi, troppe le incongruenze, le contraddizioni e soprattutto le non risposte che si riscontrano in quel DCA – ha esordito il consigliere – che risulta già superato nei fatti e nelle parole”.
“Le stesse nostre preoccupazioni si sono manifestate in tanti territori della Calabria, a partire dalla mia città, Lamezia Terme, ma sono venute fuori anche da tanti ospedali di aree disagiate, penso ad Acri, Serra San Bruno, San Giovanni in Fiore, dove i servizi continuano ad essere ridotti”.
Emergenza sanitaria, un limite serio
“Le contraddizioni sono così evidenti che nel giro di poche ore lo stesso Commissario/Presidente ha avvertito il bisogno di annunciare una modifica dello stesso DCA: siamo in presenza di una integrazione della programmazione della rete ospedaliera esistente, che si rifa’ al DCA 64 del 2016. Si continua ad operare su una rete di 8 anni fa e con in mezzo una pandemia epocale, già questo di per sé mi sembra un limite serio – ha detto ancora la Bruni -.
“E poi prima di proporre un adeguamento alla programmazione bisognerebbe fare un resoconto della programmazione precedente, e nei fatti cosa è avvenuto? È avvenuto che quella programmazione in gran parte non è stata attuata. Circa il 20% dei posti letto programmati non sono stati attivati, con uno scostamento significativo tra strutture pubbliche e strutture accreditate”.
“Non siamo figli di un Dio minore”
“Come dire: il sistema pubblico è fermo o arretra e quello accreditato cammina. Ecco secondo noi bisognava partire da qui: come, in quali tempi e con quali risorse, soprattutto umane si garantisce l’attuazione della programmazione già esistente? Di tutto questo nel decreto non si diceva nulla”.
“Non siamo figli di un dio minore né tantomeno abbiamo una minore domanda di salute. Dopo 14 anni di commissariamento non si è riusciti ancora a garantire uno degli standard più importanti per assicurare qualità e tempi alle prestazioni ospedaliere – ha rimarcato ancora -. L’altra contraddizione che vorrei sollevare è la questione delle strutture organizzative della rete ospedaliera“.
“Si sa, in sanità tutto è regolato da standard e parametri, non esiste la programmazione a pie di liste. In questo quadro, che è incontestabile a mio parere bisogna partire dagli erogatori dei servizi sanitari. Non si tratta di dare pagelle, ma noi dobbiamo erogare servizi sanitari. Ecco perché non è giustificabile che si declassino servizi sanitari (vedi. pediatria e psichiatria di Lamezia) perché la coperta è corta”.
Azienda Zero, di nome e di fatto
“L’aver ammazzato il dipartimento regionale alla salute e aver costruito, solo sulla carta, una mega azienda “unica” regionale oggi ha prodotto un risultato assurdo: senza dipartimento e senza Azienda Zero. Sono due anni e mezzo che è stata istituita e ancora siamo al palo. Anzi peggio: si declassano unità operative ospedaliere per garantire postazioni ad una azienda che non c’è”.
“Abbiamo interrogativi importanti: gli investimenti dei 3 nuovi ospedali, il Pnrr, la certificazione del debito, i bilanci ancora non approvati, le stesse questioni nazionali come il tetto alle assunzioni. Per questo abbiamo bisogno di una seduta straordinaria e monotematica sulla sanità. Sono tante le domande e i drammi che quotidianamente si verificano e non possiamo limitarci solo a un pezzo del servizio sanitario”.