Oggi tregua. Domani tregua. Tregua a colazione, pranzo e cena. Ogni giorno, o quasi, è quello giusto per una tregua. Ma anche no. La propaganda dilagante della guerra in Medio Oriente sta provocando soltanto una grande illusione. Sarà la volontà di una pace, di un cessate il fuoco anche temporaneo, di un mix di notizie altalenanti, ma la realtà è che, purtroppo, per sancire un accordo servono due controparti. Non sono solo i matrimoni a farsi in due, ma anche le trattative di pace. E se a una delle due parti la pace non conviene, la tregua non ci sarà mai.
Il riferimento è ovviamente al conflitto israelo-palestinese e alle ultime notizie di queste ore. Secondo diversi media egiziani, i mediatori di Egitto, Qatar e Stati Uniti, nonché gli inviati di Hamas, hanno fatto “progressi significativi” verso una tregua a Gaza. Sul tavolo una tregua di 6 settimane e il rilascio degli ostaggi israeliani a Gaza. A confermarlo Kamala Harris, vice presidente americana: “ci deve essere un immediato cessate il fuoco a Gaza di almeno sei settimane come previsto dall’accordo sul tavolo”, ha detto. “Ciò a cui assistiamo ogni giorno a Gaza è devastante. Abbiamo ricevuto segnalazioni di famiglie che mangiavano foglie o mangime per animali”.
Tutto bello. Ma c’è un “però”. Dov’è Israele? Sempre i media egiziani riferiscono che i colloqui al Cairo sono ripresi per il secondo giorno, ma i delegati di Israele non si sono ancora presentati. E qui casca l’asino. Fondamentalmente, le richieste sono sempre quelle: rilascio degli ostaggi, ma a che prezzo? Israele ha già fatto ampiamente intendere che lo scambio di prigionieri non può essere una condizione vantaggiosa. E infatti, secondo la radio pubblica Kan, Israele insiste ancora per conoscere i nomi degli ostaggi che dovrebbero essere liberati in questa fase e anche per verificare il numero di detenuti palestinesi che dovrebbe rilasciare in cambio.
La verità di Lion Udler
La verità, nuda e cruda (fate voi, ma sempre verità è), sta tutta nelle parole di Lion Udler a StrettoWeb. L’analista specializzato nel Medio Oriente, giornalista, esperto di strategie militari di Israele, è stato intervistato lo scorso 24 febbraio. E ha affermato: “il racconto che viene storicamente fatto al pubblico in Italia, e anche in altri Paesi europei, è da tempo sbilanciato a favore dei palestinesi perché loro fanno molta propaganda. E’ la loro arma migliore, perché non hanno alcuna possibilità di vincere militarmente una guerra e quindi da tempo hanno deciso in modo strategico di puntare sulla propaganda”.
“Che previsioni attendibili si possono fare per la guerra di Gaza? Il gabinetto di sicurezza dello Stato di Israele è l’unico organo che può dichiarare la fine della guerra. Nel gabinetto c’è il governo di Israele e l’opposizione, riuniti appositamente in uno spirito d’unità nazionale proprio per l’emergenza terroristica di Hamas. All’inizio di questa guerra il gabinetto ha definito tre obiettivi: eliminare le capacità militari e governative di Hamas; liberare gli ostaggi; fare in modo che la striscia di Gaza non torni più ad essere una minaccia come lo era il 7 ottobre. Guardando questi obiettivi, si può dire che questa guerra andrà avanti ancora a lungo e si estenderà anche a Rafah, perché lì oggi si sono spostate le capacità militari e governative di Hamas”, ha aggiunto.
La propaganda di Hamas “droga” il pensiero italiano
Insomma, abbiamo capito il perché di questo racconto illusionistico del mondo occidentale. E’ drogato molto dalla propaganda di Hamas, che sta inglobando al suo interno il pensiero di tanti italiani, sfociato nelle manifestazioni e nel clima di tensione contro la polizia e il Governo. La tregua non sarà breve, purtroppo, come tutti invece auspicherebbero. Così ha spiegato Lion Udler. Di seguito la sua intervista completa.