Gas, a febbraio consumi ai minimi da 20 anni: è per il caldo. Tutti i DATI

Domanda -9,9% (-13% senza il giorno in più). Male anche le centrali (-9,7%) spiazzate da import e rinnovabili. Gnl sorpassa l'Algeria come prima fonte

StrettoWeb

Sono principalmente le temperature miti, ma anche il termoelettrico spiazzato da un balzo di import e rinnovabili, i fattori alla base del forte calo dalla domanda gas in Italia in febbraio, ai minimi da oltre 20 anni per questo mese. In febbraio inoltre per la prima volta il Gnl via nave ha superato le forniture algerine via tubo come prima fonte di approvvigionamento. E’ quanto emerge dalla Staffetta Gas, servizio mensile su domanda e offerta realizzato dalla Staffetta Quotidiana in collaborazione con Rie. La pagina contiene elaborazioni sui dati di Snam Rete Gas e del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica ed è curata da Agata Gugliotta (Rie), Gionata Picchio e Antonio Sileo. Per i dati di gennaio v. Staffetta 7/2.

I numeri

Secondo i dati di Snam RG, in febbraio l’Italia ha consumato 6.337,3 milioni di mc di gas, il 9,9% o circa 0,7 miliardi di mc in meno dello stesso mese del 2023 e il 18% meno della media decennale 2014-23. Se si esclude il giorno in più dell’anno bisestile la flessione è rispettivamente del 13% e del 21%. Considerando anche il modesto export di 18,6 mln mc, in deciso calo sul 2023 (-76%) e sulla media decennale (-43,7%), il totale del gas immesso in rete nel mese è pari a 6.355,9 mln mc, in calo del 10,6% su anno e del 18,1% sulla media decennale.

Guardando alla domanda per singolo settore di consumo (utenze direttamente allacciate alla rete Snam), il contributo maggiore alla flessione è venuto dal settore civile, che ha risentito delle temperature decisamente più miti (secondo Snam 8,6 gradi-giorno medi contro 11,4 di febbraio 2023) lasciando sul terreno quasi 0,5 miliardi di mc o l’11,7% a 3.587,4 mln mc (quasi 0,6 mld mc o il 14,4% escludendo il giorno in più). La flessione sulla media del decennio 2014-23 è del 19,8%.

Il termoelettrico e l’industria

Va male però anche il termoelettrico, che risente della crescita delle rinnovabili ma anche, come visto, di un rialzo record delle importazioni dell’estero (v. servizio a parte): -9,7% o circa 180 mln mc in meno che nel 2023 a 1.622,5 mln mc (escludendo il giorno in più la contrazione è del 13,7%) e il 15% in meno della media decennale. Non brilla infine neppure l’industria, che nonostante il giorno lavorativo in più si ferma a un -2,2% su anno a 970,1 mln mc (-5,8% a parità di giorni) e un -17% sulla media 2014-23.

Se si ripercorre la serie storica, in un confronto tra i mesi di gennaio degli ultimi ventidue anni attraverso i numeri indice (gennaio 2003=100), i consumi del mese appena concluso (67,2) sono di gran lunga i più bassi della serie, seguiti da 2014 (73,3), 2023 (75,2), 2016 (79,1) e 2020 (79,8). A livello cumulato, i consumi del primo bimestre sono in calo di un 2,4% sul gennaio-febbraio 2023 e del 16,9% sulla media decennale 2014-23 a 14.174,6 mld mc (-3% a -16,8% le variazioni del totale immesso in rete a 14.251,9 mln mc). Il settore civile cede un 1,7% su anno e un 16,8% sulla media decennale, il termoelettrico rispettivamente un 2,4% e un 15,5%, mentre l’industria resta invariata rispetto al 2023 (+0,3%) e cede un 17,8% sulla media 2014-23.

L’offerta

Passando all’offerta, l’import è diminuito sensibilmente meno dei consumi: -5% a 4.702,6 mln mc (-6,3% sulla media 2014-23). La produzione nazionale è rimasta inoltre quasi stabile (-1,4%) a 220,3 mln mc (-41,8% sulla media decennale). A compensare, a differenza che negli ultimi mesi, è stata una secca frenata delle erogazioni nette dagli stoccaggi, che complice il meteo mite, rispetto a gennaio 2023 sono diminuite di oltre 0,5 mld mc o del 26,2% a 1.432.9 mln mc, dato in forte flessione anche rispetto a quello medio del decennio precedente (-39,4%).

Dall’inizio di novembre, quando prende l’avvio la stagione di erogazione, dalle scorte è stato svasato un volume di oltre 7,7 miliardi di mc, il 22,2% in più dell’analogo periodo del 2022-23 ma il 14,9% in meno delle medie decennali. Il livello delle scorte resta molto elevato per questa fase dell’anno, pari a un 57,2% a fine febbraio, poco sotto il 59,8% di un anno prima ma molto più del 41,6% di fine febbraio 2019.

Guardando al dettaglio dell’import per fonte di approvvigionamento, infine, da segnalare un calo generalizzato di tutti i punti con sole due accezioni: il Gnl (+11,3%), che essenzialmente grazie al nuovo terminal di Piombino diventa prima fonte assoluta con 1.456,1 mln mc, spodestando per questo mese l’Algeria, che invece cede un 15,4% a 1.348,3 mln mc, e l’Azerbaigian, saldamente al terzo posto con 829,9 mln mc (+22,7%). Difficile nel contempo che l’exploit del Gnl possa ripetersi, considerato che dall’ultima settimana di febbraio il terminal Olt di Livorno si è fermato per manutenzione straordinaria e resterà inattivo fino a tutto ottobre. Il Nord Europa (Norvegia) frena intanto di un 24% a 625,5 mln mc, la Russia di un -14,2% a 306,1 mln mc, e la Libia di un 27,8% a 136,8 mln mc, chiudendo la classifica dietro la produzione (v. sopra).

A livello cumulato nel bimestre le importazioni si riducono di un 9% su anno a 9.308,2 mln mc (-14% sulla media 2014-23) e la produzione di un 5,8% a 454,7 mln mc (-43% sulla media decennale).

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