Nella Valle dei Templi il Telamone della discordia: “stile Frankenstein”

Ad Agrigento è stato eretto un colosso costruito con 90 frammenti provenienti da otto telamoni differenti

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Operazioni antistoriche, che costruiscono falsi e alla fine con risultati pacchiani e orribili alla vista. Da 90 frammenti di 8 telamoni differenti, costruirne uno stile “Frankenstein” di cui buona parte sono elementi nuovi di integrazione è chiaramente contro tutti i canoni filologici e conservativi del buon restauro. Il supporto metallico alto 12 metri è di una tale leggiadrìa e leggerezza che più che un’erezione sembra un’impiccagione! (Almeno lo facevano uguale come distanza da terra all’originale conservato al Museo e con un supporto meno invasivo).
Per realizzare la struttura è stato necessario uno scavo di fondazione con una piattaforma in cemento e acciaio. Infine il viso totalmente ricostruito sembra quello dei Moai dell’Isola di Pasqua. In definitiva un’operazione di marketing commerciale ma non certamente scientifica e culturale che si sarebbe dovuta evitare in uno dei patrimoni archeologici più importanti della Sicilia e unico al mondo”.

E’ questo il post riportato su Facebook da Mauro Alessi, noto appassionato d’arte. Alessi parla del Telamone, ovvero il colosso di quasi 8 metri di altezza nato dall’accorpamento di alcune grandi statue, in passato sistemate tra le colonne del famoso tempio di Zeus Olimpio, nella Valle dei Templi. Una decisione, quella di ergere il Telamone, che ha lasciato perplessi molti esperti e che è stata giudicata di cattivo gusto da più parti.

Il Telamone e il senso del restauro

E d’altronde nell’ideare il Telamone, da più parti definito una mostruosità, non si è tenuto conto del senso del restauro. Per lo storico dell’arte Cesare Brandi, infatti, “il restauro costituisce il momento metodologico del riconoscimento dell’opera d’arte, nella sua consistenza fisica e nella sua duplice polarità estetica e storica, in vista della sua trasmissione al futuro. Il restauro deve mirare al ristabilimento della unità potenziale dell’opera d’arte, purché ciò sia possibile senza commettere un falso artistico o un falso storico, e senza cancellare ogni traccia del passaggio dell’opera d’arte nel tempo“. Cosa che, a ben vedere, non è avvenuta nella Valle dei Templi con il Telamone della discordia.

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