L’economia italiana è in piena salute, anzi, galoppa più di ogni altro in Europa da quando al governo s’è insediata Giorgia Meloni. Merito delle ricette politiche del centrodestra ma anche della stabilità politica che la vittoria netta della coalizione ha garantito nell’autunno del 2022, ampliando il confusionario precedente orizzonte politico su una legislatura di cinque anni. Le difficoltà della Germania, penalizzata dallo scenario geopolitico internazionale, stanno inoltre ponendo l’Italia in una situazione molto favorevole per il futuro.
Non è un caso che i dati forniti ieri dall’Istat e dagli altri istituti di statistiche europee fotografino per l’ennesima volta un quadro molto virtuoso per il nostro Paese. Nel 2023 il Pil è cresciuto dello +0,9%, un dato molto positivo che è superiore alle attese di crescita dell’economia italiana che erano fissate al +0,8%. Ma soprattutto è crollato il debito pubblico, sceso al 137,3% del Pil dal 140,5% del 2022: un dato di gran lunga superiore alle attese che ha anticipato di ben due anni il target di discesa sotto il 140%. Stiamo parlando di oltre 3 punti percentuali in un solo anno, un dato davvero straordinario!
Anche sull’inflazione arrivano dati molto positivi: a Febbraio, per il secondo mese consecutivo, il rialzo dei prezzi è rimasto quasi azzerato (+0,8%) mentre nel resto d’Europa la situazione è ancora difficile (+2,5% in Germania, +2,9% in Francia). La BCE non vuole ancora tagliare i tassi di interesse proprio per l’alta inflazione in Germania e Francia, penalizzando l’Italia dove però l’inflazione è ormai rientrata grazie alle virtuose misure adottate dal governo Meloni.
Da segnalare anche come l’Italia sia l’unico tra i Paesi del G7 che è riuscito a ridurre il debito pubblico, smontando la narrazione catastrofista secondo cui il governo di Giorgia Meloni avrebbe distrutto i conti pubblici, l’economia del Paese e in modo particolare avrebbe fatto crescere il debito pubblico. Al contrario, l’Italia si scopre virtuosa e si ritaglia un ruolo leader tra le economie occidentali.
Un altro dato molto positivo è quello dell’occupazione: nel trimestre novembre 2023 – gennaio 2024, c’è stato un ulteriore aumento dello 0,4% dell’occupazione, significa che 90 mila persone hanno trovato un posto di lavoro regolare. Il livello di disoccupazione è ai minimi da quasi 20 anni.
A trainare l’economia italiana è anche la borsa: Piazza Affari continua a far registrare le performance migliori di tutt’Europa e ieri il nuovo record di raccolta del Btp Valore (18,32 miliardi di euro) dimostra quanto sia alta la fiducia nel Governo da parte di investitori e cittadini.
Una sorpresa, almeno per chi (in buona o cattiva fede) dipingeva la destra come un pericolo per l’economia del Paese.
L’unico neo: il Superbonus, drammatica eredità dei governi di sinistra
L’eredità del Superbonus pesa ben più del previsto sui conti pubblici italiani ed è l’unico neo dell’attuale situazione economica. Il governo non ha mai fatto mistero degli squilibri creati dal 110%, motivando la sua avversione per la maxiagevolazione proprio con il suo peso spropositato sulle casse dello Stato. Ma i calcoli sull’impatto dei bonus edilizi sembrano aver superato, in peggio, le stime già non ottimiste. Ad ammetterlo è anche il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. “L’emorragia dell’irresponsabile stagione del Superbonus ha avuto un effetto pesante sul 2023, andando purtroppo oltre le già pessimistiche prospettive“, spiega, assicurando però di aver ormai voltato pagina optando per “un sentiero di ragionevole sostenibilità“. Al Mef però avrebbero preferito avere, dall’interno, contezza di questo scenario con margini temporali più ampi. Il fatto è che nel 2023 il deficit italiano si è fermato al 7,2%: è diminuito di quasi un punto e mezzo rispetto al 2022 ma la discesa è ben lontana dal 5,3% stimato dal governo nella Nadef.
L’Istat ha rivisto la crescita dell’anno in deciso rialzo (dal 3,7% al 4%), ma il deficit è andato in controtendenza peggiorando dall’8% all’8,6%. La spiegazione è proprio nei crediti di imposta e nella loro contabilizzazione. Come da istruzioni arrivate da Eurostat lo scorso anno, i bonus edilizi ma anche Transizione 4.0 (le agevolazioni concesse alle imprese sugli investimenti) sono stati considerati ‘payble’ e registrati quindi come spesa per l’intero ammontare nell’anno di attivazione. Con la corsa a chiudere i cantieri prima dello stop al 110%, l’importo nel 2023 è stato superiore alle attese e il risultato è stato un’impennata dell’indebitamento. Non a caso non più di 48 ore fa il premier, Giorgia Meloni, è tornata a lanciare l’allarme parlando di un costo di ben 160 miliardi di euro. Significa più di 5 manovre finanziarie! La partita potrebbe però riaprirsi ancora, visto che l’interlocuzione tra Istat e Eurostat sta andando ancora avanti con una possibile conclusione attesa ad aprile. L’eventuale distribuzione del carico negli anni alleggerirebbe i conti di 2022 e 2023 ma aprirebbe nuove incertezze per il futuro. Già nel 2024 i conti andranno comunque in qualche modo aggiornati nel Def: anche se quest’anno il Superbonus non dovrebbe incidere quanto in passato, passare dal 7,2% dello scorso anno al 4,3% attualmente stimato nella Nadef non sarebbe poca cosa. Nessuno ne parla ufficialmente, ma nel tam tam parlamentare il convitato di pietra è in questo caso una manovrina estiva, finora respinta come ipotesi di fantasia. Non è esclusa però nemmeno una revisione al rialzo degli obiettivi, scommettendo da una parte sul benestare della Commissione europea alle prese con il cambio della guardia e con il passaggio al nuovo patto di stabilità e dall’altra su una crescita economica un po’ più robusta delle attese.