Mi fa un po’ sorridere l’affermazione: “gli italiani non vogliono il Ponte sullo Stretto“. O “siciliani e calabresi non vogliono il Ponte sullo Stretto”. Qualcuno lo dice, ancora, non so con che coraggio. E dall’alto di quali certezze, tra l’altro, considerando che quel pensiero è il pensiero di uno. E può essere il pensiero di 10, 100, 5 mila, 50 mila, ma non di tutti, non dei 7 milioni tra Sicilia e Calabria e non dei 60 milioni di italiani.
Ormai i No Ponte abbiamo imparato a conoscerli, si attaccano a qualsiasi cosa: il vento, i terremoti, l’ambiente, gli uccelli, gli espropri. Lamentano mancanza di trasparenza, ma è tutto pubblico. E, ogni qualvolta gli esperti fanno notare che le loro conclusioni non sono corrette, smontando punto per punto ogni presunto dubbio, esce fuori qualche altro problema. Hanno addirittura affermato – non ultimo ieri Ciucci, più volte – che i test e le valutazioni continueranno anche durante i lavori di costruzione.
Però è stato chiamato in causa il Comitato Scientifico. Ci si è concentrati su 68 rilievi critici, ma si è omesso di dire – ovviamente in maniera voluta – che il Comitato stesso è assolutamente favorevole all’opera, all’unanimità. E anche questo lo ha ribadito Ciucci. Insomma: scuse, alibi, chiamatele un po’ come volete. Inutile tornarci su e stare a cercare di spiegare, perché ormai è abbastanza chiaro che ogni analisi è superflua. Chi non lo vuole, o è male informato oppure è in malafede e direbbe no a prescindere.
Perché se due Presidenti di Regione affermano chiaramente che grazie al Ponte è stato possibile reperire miliardi per opere connesse – come ad esempio la SS 106 in Calabria – diventa difficile comprendere perché si debba continuare ad ascoltare la solita cantilena del “prima le strade”. E idem per l’Alta Velocità. O tutto, perché significa rivoluzionare i trasporti del Sud, o nulla, come accaduto negli ultimi 50 anni. Al Governo conviene avere un Sud pienamente sviluppato, su strada, ferrovia e via mare, anche col Ponte. Il Ponte non è solo il Ponte, è tutto il contorno.
Dopo essermi sgolato per l’ennesima volta – anche se scrivendo non si vede – ritorno al tema centrale, anche perché sono andato un po’ fuori tema. Fa ridere, dicevo prima, l’affermazione secondo cui gli italiani non vogliano il Ponte. E, con fare provocatorio, Bonelli – uno dei simboli no pontisti per eccellenza – ha anche proposto l’idea di un referendum. “Questa è una battaglia politica nazionale su cui sarebbe anche utile cominciare a ragionare sulla possibilità di raccogliere le firme per un referendum per sapere cosa ne pensano gli italiani sul ponte e per abolire quel decreto ai sensi della Costituzione italiana”, ha detto.
E niente: è un misto tra sarcasmo e indifferenza. Davvero. E dispiace pure. Dispiace che la politica, certa politica, sia così determinata a scendere tanto in basso, quasi a genuflettersi, per pura ideologia. Davvero un esponente politico, di un ristretta area, ha proposto un referendum per questo argomento? Sembra uno scherzo, ma è verità.
L’Italia ha già scelto
Sfugge un particolare. Enorme. L’Italia il Ponte lo ha già scelto. E in maniera anche abbastanza netta. Lo ha fatto nel settembre del 2022, quando ha deciso che il nuovo Premier sarebbe dovuto essere Giorgia Meloni. Lei, che ha trionfato ampiamente col suo partito – Fratelli d’Italia – ha inserito il Ponte sullo Stretto tra i punti più importanti del suo programma di Governo. Gli italiani lo sapevano, lo avevano visto. E anche chi non avevo letto i programmi avrà visto anche solo per sbaglio qualche telegiornale: Meloni, con l’intera area di Centro Destra, voleva il Ponte sullo Stretto. Chi avesse scelto lei, loro, lo avrebbe fatto anche perché voleva il Ponte sullo Stretto. E parliamo di un reggino come di un messinese, di un molisano, di un friulano, di un romano, di un lombardo o di un veneto.
E’ la democrazia. Funziona così da tanti e tanti anni ormai. Il popolo decide, i tempi delle marce su Roma o dei colpi di Stato sono finiti da tempo, anche se qualcuno non si rassegna. Il popolo italiano ha deciso di votare per chi vuole realizzare la grande opera. E il Governo, che ha preso un impegno coi suoi elettori, quell’obiettivo di programma lo deve portare a termine. Perché è giusto così, anche se in Italia siamo ormai abituati a chi non rispetta il programma dopo l’elezione (tipo quelli che “apriremo il Parlamento come una scatoletta di tonno”).
Quindi, la domanda è quella: perché ridicolizzarsi proponendo un referendum di un qualcosa che gli italiani hanno già scelto? E’ come se si chiedesse un referendum per chiedere agli italiani se vogliono meno tasse, dopo che magari il Governo ha vinto le elezioni proprio perché ha detto che le avrebbe abbassate, e quindi è stato votato per quello. E’ tutto così assurdo, sembra di vivere in un altro mondo, ma poi ricordiamo di tante altre cose e pensiamo: “forse è meglio sorvolare”.