Il Venerdì Santo è finito: possiamo ricominciare a mettere in croce gli innocenti

Quando dobbiamo fare fronte comune contro una persona accusata di qualcosa siamo tutti bravi a diventare come quel popolo che scelse Barabba e condannò Gesù

StrettoWeb

Per i cristiani il Venerdì Santo è un giorno emblematico. Più del Natale. Più, forse, della Pasqua. Perché se la risurrezione di Cristo è il fondamento della religione stessa, nell’uccisione del figlio di Dio sta tutto il senso dell’agire dei cristiani: il sacrificio, la penitenza, l’amore per il prossimo, il perdono. Ma senza voler entrare nello specifico di discorsi religiosi che non competono certo ad un giornalista che si occupa di tutt’altro, resto basita oggi nel vedere, soprattutto sui social, post e commenti di personaggi più o meno noti che di fronte ad una processione religiosa si battono il petto e pregano invocando Dio.

E sono quegli stessi personaggi che, fino a ieri e da domani, inveiscono anche pubblicamente contro questo o quel soggetto accusato di un qualsivoglia reato. Già, perché quando dobbiamo fare fronte comune contro una persona accusata di qualcosa siamo tutti bravi a diventare come quel popolo che scelse Barabba e condannò Gesù. Perché la propensione degli esseri umani a sfogare la propria frustrazione su quello che oggi, finalmente, definiamo “innocente fino a prova contraria” è atavica e affonda le sue radici nella notte dei tempi.

In un momento storico come questo, in cui il tema giustizia in Italia è più caldo e attuale che mai, occorre interrogarsi sulle tante, troppe vittime di ingiustizia in Italia. Occorre interrogarsi sul fatto che, benché il lavoro dei magistrati sia indispensabile, si tratta di essere umani fallibili. Come tutti. E dunque è necessario un giro di vite, per garantire ai cittadini innocenti un diritto incontrovertibile: la libertà.

E’ necessario che tutti, anche la stampa, adottino un altro approccio nei confronti di chi, personaggi pubblici o no, non è ancora stato condannato per alcun reato ma solo accusato. Perché a sbattere il mostro in prima pagina siamo tutti bravi, salvo poi dover abbassare la testa e fingere colpevole indifferenza quando, al termine di un processo durato magari anni, si scopre che quel mostro in realtà è un perfetto innocente. Ma intanto gli abbiamo rovinato la carriera, la famiglia, la vita.
E’ come se Cristo venisse crocifisso ogni volta. Ancora, e ancora.

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