Sono ormai entrati nel vivo i lavori del raddoppio della ferrovia Messina-Catania e del suo adeguamento all’Alta capacità. L’intervento, come ho anticipato nel video tutorial che spiega i lavori da realizzare, prevede lo spostamento dell’asse ferroviario a monte, quasi interamente in galleria, liberando l’attuale linea ferroviaria. La sede di quest’ultima sarà resa disponibile per altri usi: piste ciclabili o nuova viabilità; fa eccezione la tratta Letojanni-Taormina-Alcantara il cui esercizio sarà mantenuto ad uso locale.
Una decisione presa in sede di approvazione del progetto, insieme al ripristino della linea Alcantara-Randazzo, grazie ad anni di insistenti lotte condotte da chi scrive tramite il blog Sicilia in Progress e dall’Associazione Ferrovie Siciliane di Giovanni Russo, con il formidabile appoggio dell’allora sindaco di Giardini Naxos, Nello Lo Turco.
Venne in tal modo scongiurata la dismissione della tratta ferroviaria, lungo la quale ricade la bellissima stazione di Taormina Giardini, a cui sarebbe stata assegnata una nuova, non meglio precisata, destinazione d’uso: si ponevano le basi, quindi, per la più che probabile anticamera all’oblio ed al degrado di uno dei più bei gioielli dell’architettura ferroviaria mondiale.
Quello che portò al “salvataggio” della linea non era soltanto un proposito esclusivamente conservativo. La proposta era corredata dallo studio di fattibilità redatto dal sottoscritto che prevedeva il riutilizzo della linea per il servizio locale di tipo metro-ferroviario leggero, da prolungare alla intera valle dell’Alcantara, attraverso la ferrovia dismessa Alcantara-Randazzo. Qualche giorno fa il destino di questa tratta ferroviari è tornato alla ribalta, grazie ad un articolo de Ilsicilia.it a firma di Emanuele Cammaroto.
In esso veniva finalmente trattato un tema cardine per il futuro della linea: la sua gestione. A tal proposito all’interno del pezzo si riferiva l’ipotesi di affidare ai comuni la gestione della tratta storica: “Il coinvolgimento diretto dei comuni potrebbe portarli a dare vita ad una società ad hoc, una Spa o magari una multiservizi nella quale inquadrare anche questo ambito” si affermava sbrigativamente nell’articolo. Facile da dire, o da scrivere, ma la realtà è un’altra cosa.
Sicuramente, chi ha ispirato questa bislacca idea non ha (o finge di non avere) la più pallida idea di cosa significhi “esercizio ferroviario” ancorchè limitato ad una tratta relativamente breve. Ma, quel che è peggio, nonostante le cronache di quotidiana inefficienza, sconosce la condizione asfittica delle casse ma, soprattutto, degli uffici tecnici comunali. Se non si ha neanche il personale in grado di portare avanti la manutenzione ordinaria delle strade, come si può pensare di trovare le risorse tecniche, oltre che finanziarie, per gestire infrastrutture complesse quali sono le ferrovie, oltre alla circolazione dei relativi treni?
Una boutade che avrà vita breve, e che finirà in una bolla di sapone non appena l’ipotizzato “tavolo tecnico” che dovrà decidere il destino della linea avrà fatto due conti in croce ed avrà capito che non si tratta di una ferrovia giocattolo. In realtà, l’unica cosa da fare in questi casi è evitare, a tutti i costi, proprio l’ipotesi paventata nell’articolo, ovvero che “RFI si farebbe da parte, per dedicarsi in termini totali solo alla nuova linea ferroviaria”. Capiamo benissimo che l’ente ferroviario non ci tenga affatto a mantenere in esercizio una linea che risale agli anni ’70 del XIX secolo, ma chi altro potrebbe farlo, e con quali competenze tecniche se non il soggetto che lo ha sempre fatto e che possiede le necessarie strutture, conoscenze e risorse tecniche? E per quale motivo occorrerebbe espropriare RFI di un’infrastruttura che già le appartiene, per darla in gestione a comuni che non riescono a gestire sistemi molto meno impegnativi?
Altra cosa è la gestione del servizio, ovvero della circolazione e programmazione dei treni lungo la linea; ma anche in questo caso si può operare tranquillamente come si fa per qualsiasi servizio pubblico: affidarlo con gara di appalto, aperta a tutti i soggetti titolati a farlo. Non mi riferisco soltanto a Trenitalia o FCE, per citare soltanto quelli già operanti sul territorio, ma anche a chiunque altro lo ritenga remunerativo su scala europea. Il finanziamento del servizio? Non potrebbe che essere affidato alla Regione siciliana, come avviene per il TPL ovunque in tutto il territorio dell’isola. Soluzioni semplici, che funzionano ovunque, soprattutto all’estero, dove gli esempi di ferrovie gestite localmente non mancano. Non vorremmo che invece l’ipotesi del defilarsi di RFI e la contemporanea comparsa in campo di improbabili “multiservizi” o “Spa” con o senza idromassaggio, sia il preludio ad un disimpegno da parte di chi non ha mai creduto in questa soluzione, lasciando la patata bollente nelle mani dei Comuni.
Prima che finiscano i lavori in corso e si attivi la nuova linea ferroviaria, passeranno almeno altri 6 anni. C’è tutto il tempo per predisporre con oculatezza e serietà il futuro utilizzo della linea storica, con indiscutibile beneficio per un territorio dalle impareggiabili potenzialità. L’approccio di cui sopra, purtroppo, è buono soltanto a preparare l’ennesima occasione perduta.